Studio e poteri contiene una doppia chiave di lettura: l’espressione del forte rapporto tra università (Studium generale) e i centri di potere da un lato, e, dall’altro, l’applicazione allo studio (studere) per la realizzazione di un percorso di formazione scolastica che diventa un efficace strumento di promozione sociale e di accesso, con ruoli di primo piano, ai quadri del potere politico. La storia delle università nel medioevo legittima entrambe le interpretazioni, e non fa eccezione l’esperienza universitaria vercellese, avviatasi con la convenzione stipulata a Padova, nella primavera del 1228, tra i delegati del comune di Vercelli e i rappresentanti della corporazione degli studenti, la quale prevedeva la migratio, realizzatasi probabilmente solo parzialmente, dell’universitas scholarium. La fondazione di una università è sempre il risultato di una convergenza di aspetti culturali e di progetti politici. Gli attori del trasferimento di uno Studio dal quadrante nord-orientale della Penisola, dove alcuni Studia erano già attivi da decenni, all’Italia nord-occidentale, ancora priva di fondazioni universitarie, sono molteplici: non solo il comune di Vercelli, tra i più importanti dell’Italia settentrionale, ma anche le autorità politiche centrali (l’impero, negli anni seguenti la fondazione dell’università, e i Visconti, nell’ultima fase) e le istituzioni ecclesiastiche cittadine. Questo saggio ricostruisce l’impianto istituzionale assunto dallo Studium generale in una fase ancora sperimentale dell’organismo universitario, e il suo ruolo come centro di formazione per gli esponenti delle maggiori famiglie cittadine e della piccola nobiltà rurale e urbana – cui si aggiunsero, dalla metà del Trecento, anche le dinastie dell’antica nobiltà – che aspiravano a esercitare le professioni intellettuali, in particolare quelle giuridiche, andando in buona parte a costituire i quadri delle amministrazioni laiche ed ecclesiastiche.
Studio e poteri. Università, istituzioni e cultura a Vercelli fra XIII e XIV secolo
ROSSO, Paolo
2010-01-01
Abstract
Studio e poteri contiene una doppia chiave di lettura: l’espressione del forte rapporto tra università (Studium generale) e i centri di potere da un lato, e, dall’altro, l’applicazione allo studio (studere) per la realizzazione di un percorso di formazione scolastica che diventa un efficace strumento di promozione sociale e di accesso, con ruoli di primo piano, ai quadri del potere politico. La storia delle università nel medioevo legittima entrambe le interpretazioni, e non fa eccezione l’esperienza universitaria vercellese, avviatasi con la convenzione stipulata a Padova, nella primavera del 1228, tra i delegati del comune di Vercelli e i rappresentanti della corporazione degli studenti, la quale prevedeva la migratio, realizzatasi probabilmente solo parzialmente, dell’universitas scholarium. La fondazione di una università è sempre il risultato di una convergenza di aspetti culturali e di progetti politici. Gli attori del trasferimento di uno Studio dal quadrante nord-orientale della Penisola, dove alcuni Studia erano già attivi da decenni, all’Italia nord-occidentale, ancora priva di fondazioni universitarie, sono molteplici: non solo il comune di Vercelli, tra i più importanti dell’Italia settentrionale, ma anche le autorità politiche centrali (l’impero, negli anni seguenti la fondazione dell’università, e i Visconti, nell’ultima fase) e le istituzioni ecclesiastiche cittadine. Questo saggio ricostruisce l’impianto istituzionale assunto dallo Studium generale in una fase ancora sperimentale dell’organismo universitario, e il suo ruolo come centro di formazione per gli esponenti delle maggiori famiglie cittadine e della piccola nobiltà rurale e urbana – cui si aggiunsero, dalla metà del Trecento, anche le dinastie dell’antica nobiltà – che aspiravano a esercitare le professioni intellettuali, in particolare quelle giuridiche, andando in buona parte a costituire i quadri delle amministrazioni laiche ed ecclesiastiche.File | Dimensione | Formato | |
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