Dedicato ai rapporti tra informazione, giustizia penale e diritti della persona, nel suo complesso il testo mira a ricostruire l’assetto attuale delle contrapposte esigenze attraverso l’analisi della disciplina dei flussi comunicativi tra il procedimento penale e l’opinione pubblica realizzati attraverso il canale mediatico. La prospettiva assunta è quella dei limiti che essi incontrano in omaggio alle esigenze di salvaguardia di beni di rilevanza pari a quella dell’interesse ad informare e ad essere informati. L’analisi si articola in tre parti. La prima si concentra sulle restrizioni al passaggio di dati dal procedimento all’esterno stabilite dal codice di rito a tutela di beni di natura diversa, intraprocessuale, da un lato, ed extraprocessuale, dall’altro. La seconda parte si sofferma su istituti, interni oppure esterni al procedimento penale, ma comunque fonte di limitazioni al dibattito che pur può legittimamente accompagnare la giustizia penale, le quali sono poste a salvaguardia di una garanzia d’imparzialità, non soltanto reale, ma anche percepita. L’ultima parte è dedicata alle restrizioni che derivano all’informazione in materia giudiziaria dalla tutela specificamente accordata dall’ordinamento alla persona contro la lesione del suo onore e della privacy. Nella prima parte, vengono in particolare rilievo i divieti di pubblicazione di atti stabiliti dall’art. 114 c.p.p. Nella seconda, sono prese in considerazione forme diverse di possibile inibizione della dialettica fra procedimento ed opinione pubblica: la rimessione del processo o l’estromissione del singolo magistrato e la sanzione disciplinare a suo carico, dipendenti l’una da campagne mediatiche sviluppate attorno alla vicenda giudiziaria, le altre dai rapporti eventualmente intrattenuti dal magistrato con la stampa. Nella terza ed ultima parte, l’analisi si concentra sui parametri di bilanciamento fra diritti della persona e diritto all’informazione in materia giudiziaria, con particolare riguardo alla definizione dei requisiti dai quali dipende la legittimità di manifestazioni del diritto di cronaca e di critica produttive di una lesione dell’altrui immagine oppure fonte di diffusione di dati personali. L’analisi di ciascuna delle categorie di limiti posti ai flussi comunicativi tra il procedimento penale e l’opinione pubblica è finalizzata a saggiare l’equità del bilanciamento raggiunto fra le esigenze in gioco. A tal fine, essa si avvale di parametri diversi, che consentono di ricostruire il grado di efficacia di ciascun limite rispetto al bene tutelato e la misura del sacrificio che ne deriva per la libera circolazione di informazioni e idee: bene che si colloca al cuore delle società democratiche, com’è riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Così, vengono in rilievo: l’oggetto del limite, costituito da atti, immagini, fatti o commenti; la sua portata, totalmente o parzialmente opacizzante nei confronti del procedimento penale; la sua struttura, “rigida” o “elastica”; la sua estensione temporale, limitata o protratta … Il quadro che emerge è assai complesso e proprio il dar conto di tale complessità è uno degli obiettivi del lavoro svolto. Ciò non esclude la possibilità di individuare alcune direttrici fondamentali lungo le quali sviluppare il tema, anche in prospettiva di riforma. A tal fine, indicazioni che non si possono trascurare provengono dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e utili spunti di riflessione sono ricavabili dall’esperienza di altri Paesi europei, come si è tentato di mettere in luce nel testo. Quale punto di particolare criticità l’analisi individua il deficit garantitistico attualmente riscontrabile sotto il profilo della salvaguardia della presunzione d’innocenza e della privacy delle persone coinvolte in procedimenti penali oggetto di attenzione mediatica. Quanto all’esigenza di effettività della presunzione d’innocenza, se ne sottolinea l’incidenza sui modi, più che sull’oggetto, dell’informazione in materia giudiziaria, donde la sua tendenziale estraneità a prospettive di ampliamento dell’area del segreto in rapporto ai dati relativi a procedimenti penali in corso. Per quanto concerne la salvaguardia della sfera privata dell’individuo coinvolto in una vicenda giudiziaria da indebite ingerenze mediatiche, si sottolinea la necessità di un percorso di avanzamento nel senso dell’effettività di tale protezione. Nelle riflessioni conclusive, si mette in guardia, però, dal pericolo di una eterogenesi dei fini, che trasformi la privacy in un vessillo oscurantista a tutela del potere.
Informazione, giustizia penale e diritti della persona
MANTOVANI, Giulia
2011-01-01
Abstract
Dedicato ai rapporti tra informazione, giustizia penale e diritti della persona, nel suo complesso il testo mira a ricostruire l’assetto attuale delle contrapposte esigenze attraverso l’analisi della disciplina dei flussi comunicativi tra il procedimento penale e l’opinione pubblica realizzati attraverso il canale mediatico. La prospettiva assunta è quella dei limiti che essi incontrano in omaggio alle esigenze di salvaguardia di beni di rilevanza pari a quella dell’interesse ad informare e ad essere informati. L’analisi si articola in tre parti. La prima si concentra sulle restrizioni al passaggio di dati dal procedimento all’esterno stabilite dal codice di rito a tutela di beni di natura diversa, intraprocessuale, da un lato, ed extraprocessuale, dall’altro. La seconda parte si sofferma su istituti, interni oppure esterni al procedimento penale, ma comunque fonte di limitazioni al dibattito che pur può legittimamente accompagnare la giustizia penale, le quali sono poste a salvaguardia di una garanzia d’imparzialità, non soltanto reale, ma anche percepita. L’ultima parte è dedicata alle restrizioni che derivano all’informazione in materia giudiziaria dalla tutela specificamente accordata dall’ordinamento alla persona contro la lesione del suo onore e della privacy. Nella prima parte, vengono in particolare rilievo i divieti di pubblicazione di atti stabiliti dall’art. 114 c.p.p. Nella seconda, sono prese in considerazione forme diverse di possibile inibizione della dialettica fra procedimento ed opinione pubblica: la rimessione del processo o l’estromissione del singolo magistrato e la sanzione disciplinare a suo carico, dipendenti l’una da campagne mediatiche sviluppate attorno alla vicenda giudiziaria, le altre dai rapporti eventualmente intrattenuti dal magistrato con la stampa. Nella terza ed ultima parte, l’analisi si concentra sui parametri di bilanciamento fra diritti della persona e diritto all’informazione in materia giudiziaria, con particolare riguardo alla definizione dei requisiti dai quali dipende la legittimità di manifestazioni del diritto di cronaca e di critica produttive di una lesione dell’altrui immagine oppure fonte di diffusione di dati personali. L’analisi di ciascuna delle categorie di limiti posti ai flussi comunicativi tra il procedimento penale e l’opinione pubblica è finalizzata a saggiare l’equità del bilanciamento raggiunto fra le esigenze in gioco. A tal fine, essa si avvale di parametri diversi, che consentono di ricostruire il grado di efficacia di ciascun limite rispetto al bene tutelato e la misura del sacrificio che ne deriva per la libera circolazione di informazioni e idee: bene che si colloca al cuore delle società democratiche, com’è riconosciuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Così, vengono in rilievo: l’oggetto del limite, costituito da atti, immagini, fatti o commenti; la sua portata, totalmente o parzialmente opacizzante nei confronti del procedimento penale; la sua struttura, “rigida” o “elastica”; la sua estensione temporale, limitata o protratta … Il quadro che emerge è assai complesso e proprio il dar conto di tale complessità è uno degli obiettivi del lavoro svolto. Ciò non esclude la possibilità di individuare alcune direttrici fondamentali lungo le quali sviluppare il tema, anche in prospettiva di riforma. A tal fine, indicazioni che non si possono trascurare provengono dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e utili spunti di riflessione sono ricavabili dall’esperienza di altri Paesi europei, come si è tentato di mettere in luce nel testo. Quale punto di particolare criticità l’analisi individua il deficit garantitistico attualmente riscontrabile sotto il profilo della salvaguardia della presunzione d’innocenza e della privacy delle persone coinvolte in procedimenti penali oggetto di attenzione mediatica. Quanto all’esigenza di effettività della presunzione d’innocenza, se ne sottolinea l’incidenza sui modi, più che sull’oggetto, dell’informazione in materia giudiziaria, donde la sua tendenziale estraneità a prospettive di ampliamento dell’area del segreto in rapporto ai dati relativi a procedimenti penali in corso. Per quanto concerne la salvaguardia della sfera privata dell’individuo coinvolto in una vicenda giudiziaria da indebite ingerenze mediatiche, si sottolinea la necessità di un percorso di avanzamento nel senso dell’effettività di tale protezione. Nelle riflessioni conclusive, si mette in guardia, però, dal pericolo di una eterogenesi dei fini, che trasformi la privacy in un vessillo oscurantista a tutela del potere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



