La raccolta in due volumi presenta quattro importanti testi che vanno dal dramma pastorale alla tragicommedia, generi “misti” e non previsti dalla Poetica aristotelica. Lo stesso Guarini, nel Compendio della poesia tragicomica, definì il genere «fusione di tutte quelle parti tragiche e comiche che verisimilmente e con decoro possono stare insieme corrette sotto una sola forma drammatica». L’editore ha qui raccolto due capolavori assoluti, la «favola boschereccia» Aminta (rappresentata probabilmente per la prima volta il 31 luglio 1573) che molto risente ancora della pastorale classica e della contiguità all’egloga , e Il Pastor Fido (composto dal 1580-81 al 1590). Nel secondo volume si trovano due testi che intrattengono con i primi due rapporti di contiguità, imitazione e desiderio di superamento. Nell’Avviso anonimo l’editore ripete, senza citarne la fonte, la folgorante definizione che Gian Vittorio Rossi (1577-1647) nella sua Pinacotheca fornì dell’Alceo («Amynta madidus»), spiegando che il suo «autore assai chiaro tra’ poeti, camminò sulle tracce del Tasso e con ingegnosa imitazione trasportò l’Aminta dal bosco al mare cosicché venne chiamata la sua favola pescatoria l’Aminta bagnato». Non si sofferma invece sulla differenza fra i due testi e in particolare sull’assenza di quella che Getto avrebbe definito «virtù espressiva» dell’Aminta ovvero l’«animata ricchezza di suggestioni, composte in una ridente sintesi di immagini». L’anonimo curatore tace anche, introducendo l’opera felicissima dell’irrequieto conte Bonarelli, la Filli di Sciro (rappresentata nel 1605), del rapporto col Pastor Fido, a cui Bonarelli contrappone un mondo «immerso» in un’«aura di gentilezza e delicatezza» (Fassò, 1956, p. XVII) dal quale è bandito ogni elemento anche solo velatamente eroico e vitale. Non si fa cenno neppure alle polemiche, che scoppiarono attorno al doppio amore della protagonista per i due pastori Niso e Aminta, e che spinsero l’autore a replicare con una Difesa del doppio amore di Celia, (ed. post., Salvioni, Ancona, 1612). Per bibliografia generale: Luigi Fassò, Introduzione a Teatro del Seicento, a cura di Idem, Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1956

T. Tasso, B. Guarini, A. Ongaro, G. Bonarelli, Le quattro più eccellenti tragicommedie italiane divise in due tomi, Nizza, presso la Società tipografica, 1784 [scheda n. 233]

ALLASIA, Clara
2011-01-01

Abstract

La raccolta in due volumi presenta quattro importanti testi che vanno dal dramma pastorale alla tragicommedia, generi “misti” e non previsti dalla Poetica aristotelica. Lo stesso Guarini, nel Compendio della poesia tragicomica, definì il genere «fusione di tutte quelle parti tragiche e comiche che verisimilmente e con decoro possono stare insieme corrette sotto una sola forma drammatica». L’editore ha qui raccolto due capolavori assoluti, la «favola boschereccia» Aminta (rappresentata probabilmente per la prima volta il 31 luglio 1573) che molto risente ancora della pastorale classica e della contiguità all’egloga , e Il Pastor Fido (composto dal 1580-81 al 1590). Nel secondo volume si trovano due testi che intrattengono con i primi due rapporti di contiguità, imitazione e desiderio di superamento. Nell’Avviso anonimo l’editore ripete, senza citarne la fonte, la folgorante definizione che Gian Vittorio Rossi (1577-1647) nella sua Pinacotheca fornì dell’Alceo («Amynta madidus»), spiegando che il suo «autore assai chiaro tra’ poeti, camminò sulle tracce del Tasso e con ingegnosa imitazione trasportò l’Aminta dal bosco al mare cosicché venne chiamata la sua favola pescatoria l’Aminta bagnato». Non si sofferma invece sulla differenza fra i due testi e in particolare sull’assenza di quella che Getto avrebbe definito «virtù espressiva» dell’Aminta ovvero l’«animata ricchezza di suggestioni, composte in una ridente sintesi di immagini». L’anonimo curatore tace anche, introducendo l’opera felicissima dell’irrequieto conte Bonarelli, la Filli di Sciro (rappresentata nel 1605), del rapporto col Pastor Fido, a cui Bonarelli contrappone un mondo «immerso» in un’«aura di gentilezza e delicatezza» (Fassò, 1956, p. XVII) dal quale è bandito ogni elemento anche solo velatamente eroico e vitale. Non si fa cenno neppure alle polemiche, che scoppiarono attorno al doppio amore della protagonista per i due pastori Niso e Aminta, e che spinsero l’autore a replicare con una Difesa del doppio amore di Celia, (ed. post., Salvioni, Ancona, 1612). Per bibliografia generale: Luigi Fassò, Introduzione a Teatro del Seicento, a cura di Idem, Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1956
2011
Il teatro di tutte le scienze e le arti. Raccogliere libri per coltivare idee in una capitale di età moderna. Torino 1559-1861.
Centro studi piemontesi
1
250
250
9788882621834
Tasso; Guarini
C. ALLASIA
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/93910
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