Il cinema unisce la componente ludica ad un’istanza didattico-conoscitiva, configurandosi come una vera e propria composizione narrativa-didascalica. Il cinema è in grado di emozionare e coinvolgere lo spettatore, ma anche di fornire elementi per formare, insegnargli qualcosa, o provocarlo criticamente. La polivalenza del cinema si riflette in differenti modi di intendere la formazione, denotando una varietà di stili di approccio formativo e di epistemologie implicite che sorreggono l’intenzione pedagogica. Lo spazio strumentale-analogico privilegia una visione del cinema come strumento che ha efficacia formativa quando agisce come esemplificazione per analogia. Lo spazio esistenziale-autoformativo è orientato ad una riflessione capace di amplificare l’esperienza e di decostruire le formazioni soggettive rispetto a vari temi e oggetti culturali. In relazione al tema del dolore nel lavoro di cura, viene presentata un’esperienza di utilizzo del film “La vita segreta della parole” di I. Coixet (2005) in un seminario di formazione continua. Dalle riflessioni dei partecipanti emerge come spesso sotto la decisione/desiderio di "aiutare-gli-altri" si celi la necessità di elaborare la propria esperienza dolorosa vissuta, come l’atto del prendersi cura possa portare ad uno scambio di esperienze tra curante e curato. Emerge come la deprivazione sensoriale possa aprire ad una comunicazione diversa, ad una relazione più profonda e come le parole abbiano “una loro vita segreta”, un significato al di là di quello etimologico in senso stretto, che parte dai vissuti e dall’esperienza del soggetto. Dall’esperienza condotta si evidenzia come l’utilizzo dei filmati nella formazione favorisca lo sviluppo di processi di pensiero critico, riflessivo, gettando i presupposti per un apprendimento trasformativo.
L'immagine filmica della formazione alle cure: indicazioni metodologiche e pratiche di utilizzo
GARRINO, LORENZA;
2011-01-01
Abstract
Il cinema unisce la componente ludica ad un’istanza didattico-conoscitiva, configurandosi come una vera e propria composizione narrativa-didascalica. Il cinema è in grado di emozionare e coinvolgere lo spettatore, ma anche di fornire elementi per formare, insegnargli qualcosa, o provocarlo criticamente. La polivalenza del cinema si riflette in differenti modi di intendere la formazione, denotando una varietà di stili di approccio formativo e di epistemologie implicite che sorreggono l’intenzione pedagogica. Lo spazio strumentale-analogico privilegia una visione del cinema come strumento che ha efficacia formativa quando agisce come esemplificazione per analogia. Lo spazio esistenziale-autoformativo è orientato ad una riflessione capace di amplificare l’esperienza e di decostruire le formazioni soggettive rispetto a vari temi e oggetti culturali. In relazione al tema del dolore nel lavoro di cura, viene presentata un’esperienza di utilizzo del film “La vita segreta della parole” di I. Coixet (2005) in un seminario di formazione continua. Dalle riflessioni dei partecipanti emerge come spesso sotto la decisione/desiderio di "aiutare-gli-altri" si celi la necessità di elaborare la propria esperienza dolorosa vissuta, come l’atto del prendersi cura possa portare ad uno scambio di esperienze tra curante e curato. Emerge come la deprivazione sensoriale possa aprire ad una comunicazione diversa, ad una relazione più profonda e come le parole abbiano “una loro vita segreta”, un significato al di là di quello etimologico in senso stretto, che parte dai vissuti e dall’esperienza del soggetto. Dall’esperienza condotta si evidenzia come l’utilizzo dei filmati nella formazione favorisca lo sviluppo di processi di pensiero critico, riflessivo, gettando i presupposti per un apprendimento trasformativo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.