Il soft law è un termine di elaborazione dottrinale di cui non si trova traccia nè nei Trattati dell’Unione, né nella giurisprudenza comunitaria. Tale termine viene utilizzato per comprendere un complesso di atti, documenti o altri strumenti utilizzati dalle istituzioni comunitarie che, pur non essendo esplicitamente o implicitamente previsti dai Trattati come normativi, ovvero pur essendo previsti come strumenti di natura non vincolante, producono comunque effetti giuridici nell’ordinamento comunitario, tra Stati e Stati, tra Stati e Unione e nei confronti dei cittadini comunitari. Il fenomeno è stato evidenziato dalla dottrina a partire dagli anni Settanta, parallelamente all’affermarsi della giurisprudenza comunitaria che sanciva la prevalenza del contenuto normativo degli atti rispetto alla “forma”. Da allora l’area del soft law si è significativamente ampliata: in essa vengono oggi ricompresi una serie davvero eterogenea di strumenti. Inoltre, dal punto di vista degli effetti, il tratto generale del soft law è la sua informale obbligatorietà. Lo sviluppo considerevole di tali strumenti inizia perciò a porre una serie di questioni, tra cui, principalmente, quelle connesse alla loro legalità e alla loro legittimazione, nonché alla loro conseguente collocazione e valore sia nell’ordinamento comunitario che in quelli nazionali. Il lavoro ha l’obiettivo di contribuire alla comprensione del fenomeno attraverso un’analisi del suo sviluppo nell’ordinamento comunitario, transitato principalmente nella sua qualificazione in termini dottrinali e nel suo riconoscimento effettuale nella giurisprudenza, nonché nella sua collocazione nel dibattito che ha preceduto ed accompagnato l’elaborazione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.
Soft law nell'ordinamento comunitario
POGGI, Anna Maria
2007-01-01
Abstract
Il soft law è un termine di elaborazione dottrinale di cui non si trova traccia nè nei Trattati dell’Unione, né nella giurisprudenza comunitaria. Tale termine viene utilizzato per comprendere un complesso di atti, documenti o altri strumenti utilizzati dalle istituzioni comunitarie che, pur non essendo esplicitamente o implicitamente previsti dai Trattati come normativi, ovvero pur essendo previsti come strumenti di natura non vincolante, producono comunque effetti giuridici nell’ordinamento comunitario, tra Stati e Stati, tra Stati e Unione e nei confronti dei cittadini comunitari. Il fenomeno è stato evidenziato dalla dottrina a partire dagli anni Settanta, parallelamente all’affermarsi della giurisprudenza comunitaria che sanciva la prevalenza del contenuto normativo degli atti rispetto alla “forma”. Da allora l’area del soft law si è significativamente ampliata: in essa vengono oggi ricompresi una serie davvero eterogenea di strumenti. Inoltre, dal punto di vista degli effetti, il tratto generale del soft law è la sua informale obbligatorietà. Lo sviluppo considerevole di tali strumenti inizia perciò a porre una serie di questioni, tra cui, principalmente, quelle connesse alla loro legalità e alla loro legittimazione, nonché alla loro conseguente collocazione e valore sia nell’ordinamento comunitario che in quelli nazionali. Il lavoro ha l’obiettivo di contribuire alla comprensione del fenomeno attraverso un’analisi del suo sviluppo nell’ordinamento comunitario, transitato principalmente nella sua qualificazione in termini dottrinali e nel suo riconoscimento effettuale nella giurisprudenza, nonché nella sua collocazione nel dibattito che ha preceduto ed accompagnato l’elaborazione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.File | Dimensione | Formato | |
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