Nel primo decennio successivo alla guerra, la cultura amministrativa del Pci torinese – al governo della città fino al 1951 – mostra una profonda debolezza progettuale restando chiusa nella riduttiva logica di amministrare burocraticamente la società piuttosto che di governarla. L’eccezionalità del momento e l’emergenza dei problemi da risolvere, insieme con la priorità assegnata alla questione nazionale e alla coerenza ideologica, spiegano solo in parte il vulnus rappresentato dall’assenza di una strategia politica in grado di coniugare un pur embrionale sistema di Welfare locale con interventi strutturali capaci di sostenere e agevolare l’iniziativa imprenditoriale. Il ritardo, accumulato in quella fase, nella riflessione sulle potenzialità dell’ente locale quale soggetto dello sviluppo e della crescita economica e sociale del territorio farà sì che il gruppo dirigente comunista torinese si presenti all’appuntamento con il nuovo decennio ancora legato a una visione che mette al centro la città come polo principale e che non attribuisce un’adeguata importanza all’area provinciale. Malgrado i primi segnali di autocritica e la maturazione di una più diffusa consapevolezza del ruolo decisionale autonomistico dell’ente locale - emersi in particolare nel dibattito sulla questione del Piano regolatore intercomunale - il Partito si trova in una sorta di impasse non riuscendo a collocare all’interno della sua strategia oppositiva un’idea definita e innovativa del rapporto cittadini-territorio urbano e provinciale in grado di rispondere ai disagi peculiari di una grande metropoli industriale.
Due passi avanti e uno indietro: la formazione di una cultura amministrativa nel Pci torinese (1945-1965)
ADORNI, Daniela
2004-01-01
Abstract
Nel primo decennio successivo alla guerra, la cultura amministrativa del Pci torinese – al governo della città fino al 1951 – mostra una profonda debolezza progettuale restando chiusa nella riduttiva logica di amministrare burocraticamente la società piuttosto che di governarla. L’eccezionalità del momento e l’emergenza dei problemi da risolvere, insieme con la priorità assegnata alla questione nazionale e alla coerenza ideologica, spiegano solo in parte il vulnus rappresentato dall’assenza di una strategia politica in grado di coniugare un pur embrionale sistema di Welfare locale con interventi strutturali capaci di sostenere e agevolare l’iniziativa imprenditoriale. Il ritardo, accumulato in quella fase, nella riflessione sulle potenzialità dell’ente locale quale soggetto dello sviluppo e della crescita economica e sociale del territorio farà sì che il gruppo dirigente comunista torinese si presenti all’appuntamento con il nuovo decennio ancora legato a una visione che mette al centro la città come polo principale e che non attribuisce un’adeguata importanza all’area provinciale. Malgrado i primi segnali di autocritica e la maturazione di una più diffusa consapevolezza del ruolo decisionale autonomistico dell’ente locale - emersi in particolare nel dibattito sulla questione del Piano regolatore intercomunale - il Partito si trova in una sorta di impasse non riuscendo a collocare all’interno della sua strategia oppositiva un’idea definita e innovativa del rapporto cittadini-territorio urbano e provinciale in grado di rispondere ai disagi peculiari di una grande metropoli industriale.File | Dimensione | Formato | |
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