Si è spento domenica notte a Parigi, all'età di 100 anni, Claude Lévi-Strauss, probabilmente l’antropologo più celebre e influente del Novecento, la cui opera è guardata con venerazione e rispetto - ma per lo più scorsa frettolosamente dalle generazioni più recenti di studiosi. L’antropologo francese ha avuto la singolare fortuna di poter assistere, nel corso della sua lunga vita, non solo al culmine della propria notorietà e del prestigio accademico e scientifico, ma anche al declino dell’interesse per le proprie opere, fin quasi alla tacita emarginazione, e infine alla lenta riscoperta e rivalutazione che si è fatta strada solo negli ultimi anni. È grazie all’opera di Lévi-Strauss, in particolare al suo volume sul "Pensiero selvaggio" (1962), che si è affermato ampiamente il principio secondo cui i popoli extra-europei non sono semplicemente dominati da un pensiero «magico», da superstizioni e credenze assurde e irrazionali, da concezioni empiricamente infondate, ma dispongono di complessi e articolati sistemi di classificazione e di descrizione del mondo. A molti antropologi della seconda metà del Novecento l'enfasi posta da Lévi-Strauss sulla dimensione intellettiva della cultura è sembrata eccessiva e squilibrata: lo si è accusato di mentalismo e di intellettualismo, di trascurare in modo indebito gli aspetti più materiali dell’esistenza, come i condizionamenti ecologici e le esigenze della produzione economica, la dimensione corporea e le pratiche ad essa collegate. Tuttavia, rimane a Lévi-Strauss l’indiscutibile merito di aver portato una ventata di aria fresca in un settore che era rimasto a lungo intriso da radicati pregiudizi e da prospettive obsolete. La sua insistenza sul fatto che il pensiero umano funziona dappertutto secondo meccanismi identici e che gli uomini «hanno sempre pensato altrettanto bene» ha contribuito in modo decisivo ad abbandonare l’idea che vi fossero differenze sostanziali nelle facoltà intellettive e nelle capacità riflessive tra le società umane.

“Claude Lévi-Strauss”, Il Manifesto, 4 novembre 2009: 11.

COMBA, Enrico
2009-01-01

Abstract

Si è spento domenica notte a Parigi, all'età di 100 anni, Claude Lévi-Strauss, probabilmente l’antropologo più celebre e influente del Novecento, la cui opera è guardata con venerazione e rispetto - ma per lo più scorsa frettolosamente dalle generazioni più recenti di studiosi. L’antropologo francese ha avuto la singolare fortuna di poter assistere, nel corso della sua lunga vita, non solo al culmine della propria notorietà e del prestigio accademico e scientifico, ma anche al declino dell’interesse per le proprie opere, fin quasi alla tacita emarginazione, e infine alla lenta riscoperta e rivalutazione che si è fatta strada solo negli ultimi anni. È grazie all’opera di Lévi-Strauss, in particolare al suo volume sul "Pensiero selvaggio" (1962), che si è affermato ampiamente il principio secondo cui i popoli extra-europei non sono semplicemente dominati da un pensiero «magico», da superstizioni e credenze assurde e irrazionali, da concezioni empiricamente infondate, ma dispongono di complessi e articolati sistemi di classificazione e di descrizione del mondo. A molti antropologi della seconda metà del Novecento l'enfasi posta da Lévi-Strauss sulla dimensione intellettiva della cultura è sembrata eccessiva e squilibrata: lo si è accusato di mentalismo e di intellettualismo, di trascurare in modo indebito gli aspetti più materiali dell’esistenza, come i condizionamenti ecologici e le esigenze della produzione economica, la dimensione corporea e le pratiche ad essa collegate. Tuttavia, rimane a Lévi-Strauss l’indiscutibile merito di aver portato una ventata di aria fresca in un settore che era rimasto a lungo intriso da radicati pregiudizi e da prospettive obsolete. La sua insistenza sul fatto che il pensiero umano funziona dappertutto secondo meccanismi identici e che gli uomini «hanno sempre pensato altrettanto bene» ha contribuito in modo decisivo ad abbandonare l’idea che vi fossero differenze sostanziali nelle facoltà intellettive e nelle capacità riflessive tra le società umane.
2009
http://pensatoio.ilcannocchiale.it/2010/03/04/enrico_comba_claude_levistraus.html
CLAUDE LEVI-STRAUSS; ANTROPOLOGIA; MITI
E.COMBA
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/100295
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