L'essenza del nuovo teatro d'arte prende a manifestarsi in singole avventure creative ben prima della nascita d’un Futurismo o d’un Espressionismo. Ciò avviene innanzitutto – con Jarry, Appia, Craig e altri – sullo sfondo della nebulosa simbolista, laddove hanno modo di manifestarsi in forme evidenti (e sin dagli ultimi anni dell’Ottocento) solitarie modalità di pensiero e di prassi comunque esplicatesi a livello di “operazione selvaggia”, e comunque devote a un ideale di rivolta, di insoddisfazione, di protesta, di ricerca non conformista, di un universalismo difficile (ma non impossibile), di valutazione critica della società, di conoscenza di se stesso, di tensione quasi spasmodica, sempre piena d’angoscia, verso l’unum necessarium. Gli uomini di teatro che possono essere definiti autentici promotori di lotte avanguardistiche precedono il configurarsi delle avanguardie storiche. E, quando queste prendono corpo, essi e i loro eredi ne attraversano le sfere d’azione: talvolta vi aderiscono, più sovente stabiliscono complesse reti di inter-relazione tra i vettori che ne determinano la dynamis. Dal versante dei gruppi artistici più o meno organizzati, del resto, sorgono spontanee istanze di teatralità destinate a instaurare vari commerci con le autonome esperienze del singolo drammaturgo e del singolo regista. Ma soprattutto si delinea una tendenza (quantomai forte, in accezioni diverse, nel Futurismo e nel Dadaismo) sulla quale è necessario porre il giusto accento per la sua flagrante novità: la scelta in favore d’una sorta di trionfo assoluto dell’effimero spettacolare, la decisione di trasformare integralmente l’artista in clownesco artifex di eventi e di gesti entro cui sia possibile disciogliere senza residui finitezza e consistenza di qualsivoglia prodotto estetico inteso secondo convenzione.

Teatro e avanguardie storiche

TESSARI, Roberto
2005-01-01

Abstract

L'essenza del nuovo teatro d'arte prende a manifestarsi in singole avventure creative ben prima della nascita d’un Futurismo o d’un Espressionismo. Ciò avviene innanzitutto – con Jarry, Appia, Craig e altri – sullo sfondo della nebulosa simbolista, laddove hanno modo di manifestarsi in forme evidenti (e sin dagli ultimi anni dell’Ottocento) solitarie modalità di pensiero e di prassi comunque esplicatesi a livello di “operazione selvaggia”, e comunque devote a un ideale di rivolta, di insoddisfazione, di protesta, di ricerca non conformista, di un universalismo difficile (ma non impossibile), di valutazione critica della società, di conoscenza di se stesso, di tensione quasi spasmodica, sempre piena d’angoscia, verso l’unum necessarium. Gli uomini di teatro che possono essere definiti autentici promotori di lotte avanguardistiche precedono il configurarsi delle avanguardie storiche. E, quando queste prendono corpo, essi e i loro eredi ne attraversano le sfere d’azione: talvolta vi aderiscono, più sovente stabiliscono complesse reti di inter-relazione tra i vettori che ne determinano la dynamis. Dal versante dei gruppi artistici più o meno organizzati, del resto, sorgono spontanee istanze di teatralità destinate a instaurare vari commerci con le autonome esperienze del singolo drammaturgo e del singolo regista. Ma soprattutto si delinea una tendenza (quantomai forte, in accezioni diverse, nel Futurismo e nel Dadaismo) sulla quale è necessario porre il giusto accento per la sua flagrante novità: la scelta in favore d’una sorta di trionfo assoluto dell’effimero spettacolare, la decisione di trasformare integralmente l’artista in clownesco artifex di eventi e di gesti entro cui sia possibile disciogliere senza residui finitezza e consistenza di qualsivoglia prodotto estetico inteso secondo convenzione.
2005
Laterza
1
1
219
8842070718
teatro; avanguardie
R. TESSARI
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