La rappresentazione empirica dei caratteri nazionali dei popoli europei viene esposta da Kant soprattutto del contesto dell'antropologia pragmatica. E' qui che egli prende in considerazione le "peculiarità" del genere umano, dei popoli e dei singoli individui. Ma, per spiegare il carattere dell'Europa sarebbe necessario disporre di una conoscenza che abbia come oggetto la vera causa delle manifestazioni fenomeniche delle società e degli uomini, manifestazioni che sono soltanto un «segno sensibile». Da ciò nasce la definizione di un metodo semiotico, un procedimento che interpreta i segni dell'agire umano per pervenire appunto alla cognizione delle cause sensibili interne dell'arbitrio. Ma da dove ricava Kant la definizione di semeiotica universalis? Anzitutto dalla Philosophia Practica di Wolff, secondo cui si tratta di analizzare i segni delle azioni esterne al fine di scoprire se il carattere interno del movente è giusto o ingiusto, buono o cattivo. In questo senso la filosofia pratica deve essere integrata dai princìpi euristici che consentano di riconoscere la «verità morale» a partire da segni esteriori. Il riferimento a Wolff introduce nel pensiero di Kant l'eredità della fonte di Wolff, un'opera dell'erudito italiano Scipione Chiaramonti, De conjectandis cuisque moribus et latitantibus animi affectibus. Semeiotiké moralis, seu de Signis, del 1625. Chiaramonti intendeva infatti estendere anche all'ambito morale la dottrina dei segni sintomatici elaborata da Galeno nell'arte medica. In Kant, queste fonti vengono rielaborate nell'intento di scoprire l'autentica moralità delle azioni (merito e colpa), persino quella del nostro stesso operare, la quale, altrimenti, ci resterebbe del tutto nascosta.
La conoscenza del carattere europeo. Origine e confini della semiotica universale kantiana
PRANTEDA, Maria Antonietta
2005-01-01
Abstract
La rappresentazione empirica dei caratteri nazionali dei popoli europei viene esposta da Kant soprattutto del contesto dell'antropologia pragmatica. E' qui che egli prende in considerazione le "peculiarità" del genere umano, dei popoli e dei singoli individui. Ma, per spiegare il carattere dell'Europa sarebbe necessario disporre di una conoscenza che abbia come oggetto la vera causa delle manifestazioni fenomeniche delle società e degli uomini, manifestazioni che sono soltanto un «segno sensibile». Da ciò nasce la definizione di un metodo semiotico, un procedimento che interpreta i segni dell'agire umano per pervenire appunto alla cognizione delle cause sensibili interne dell'arbitrio. Ma da dove ricava Kant la definizione di semeiotica universalis? Anzitutto dalla Philosophia Practica di Wolff, secondo cui si tratta di analizzare i segni delle azioni esterne al fine di scoprire se il carattere interno del movente è giusto o ingiusto, buono o cattivo. In questo senso la filosofia pratica deve essere integrata dai princìpi euristici che consentano di riconoscere la «verità morale» a partire da segni esteriori. Il riferimento a Wolff introduce nel pensiero di Kant l'eredità della fonte di Wolff, un'opera dell'erudito italiano Scipione Chiaramonti, De conjectandis cuisque moribus et latitantibus animi affectibus. Semeiotiké moralis, seu de Signis, del 1625. Chiaramonti intendeva infatti estendere anche all'ambito morale la dottrina dei segni sintomatici elaborata da Galeno nell'arte medica. In Kant, queste fonti vengono rielaborate nell'intento di scoprire l'autentica moralità delle azioni (merito e colpa), persino quella del nostro stesso operare, la quale, altrimenti, ci resterebbe del tutto nascosta.File | Dimensione | Formato | |
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