Per tutto il medioevo greco, come già era avvenuto nell’antichità, lo storico non ebbe il conforto di un’autonoma teoria né di un’apposita formazione professionale: continuò a maturare il suo apprendistato nella lettura dei grandi modelli passati (Tucidide e Polibio sugli altri), dai quali deduceva i fondamenti del proprio “scrivere di storia”. Il suo sforzo principale, dunque, consisteva nell’estrarre dai testi antichi gli elementi tradizionali del genere storiografico, nell’assimilarli e farne opera propria nella propria opera. Ora, nella percezione degli storici bizantini – non poi così lontana, qui, dalla prospettiva moderna – uno dei connotati storiografici più vistosi era quello consacrato dall’autorevole paradigma tucidideo: l’uso di riportare i logoi, la parola dei protagonisti, attraverso l’ampio inserto di discorsi e lettere. Sicché questo connotato entrò precocemente nella maniera bizantina di scrivere storia. Ma la pratica dell’assimilazione e dell’imitazione non è meccanica e indifferenziata, e questo libro conferma una volta di più, a smentire inveterati luoghi comuni, come nulla a Bisanzio sia veramente sovrapersonale, fisso, ripetitivo. L’indagine sui modi in cui, attraverso tre opere fondamentali della prima storiografia alta (le Guerre di Procopio, le Storie di Agazia e la Storia universale di Teofilatto Simocatta), i logoi sono entrati a far parte del sistema letterario, dissolve appunto l’idea di un’astratta mimesi, di un mero canone retorico, e mette in luce la diversa risposta dei singoli scrittori, che muovono da istanze individuali, da concezioni storiografiche e artistiche peculiari, non intercambiabili. Insieme, è un’occasione per ripercorrere testi ed eventi di due secoli cruciali per l’incipiente medioevo bizantino.
Logoi historias. Discorsi e lettere nella prima storiografia retorica bizantina
TARAGNA, Anna Maria
2000-01-01
Abstract
Per tutto il medioevo greco, come già era avvenuto nell’antichità, lo storico non ebbe il conforto di un’autonoma teoria né di un’apposita formazione professionale: continuò a maturare il suo apprendistato nella lettura dei grandi modelli passati (Tucidide e Polibio sugli altri), dai quali deduceva i fondamenti del proprio “scrivere di storia”. Il suo sforzo principale, dunque, consisteva nell’estrarre dai testi antichi gli elementi tradizionali del genere storiografico, nell’assimilarli e farne opera propria nella propria opera. Ora, nella percezione degli storici bizantini – non poi così lontana, qui, dalla prospettiva moderna – uno dei connotati storiografici più vistosi era quello consacrato dall’autorevole paradigma tucidideo: l’uso di riportare i logoi, la parola dei protagonisti, attraverso l’ampio inserto di discorsi e lettere. Sicché questo connotato entrò precocemente nella maniera bizantina di scrivere storia. Ma la pratica dell’assimilazione e dell’imitazione non è meccanica e indifferenziata, e questo libro conferma una volta di più, a smentire inveterati luoghi comuni, come nulla a Bisanzio sia veramente sovrapersonale, fisso, ripetitivo. L’indagine sui modi in cui, attraverso tre opere fondamentali della prima storiografia alta (le Guerre di Procopio, le Storie di Agazia e la Storia universale di Teofilatto Simocatta), i logoi sono entrati a far parte del sistema letterario, dissolve appunto l’idea di un’astratta mimesi, di un mero canone retorico, e mette in luce la diversa risposta dei singoli scrittori, che muovono da istanze individuali, da concezioni storiografiche e artistiche peculiari, non intercambiabili. Insieme, è un’occasione per ripercorrere testi ed eventi di due secoli cruciali per l’incipiente medioevo bizantino.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.