Nell’imminenza di un provvedimento comunitario in tema di ricorsi collettivi – la Commissione UE ha allestito ben due tornate di consultazioni pubbliche – s’impone una ricognizione delle caratteristiche principali della nostra azione ex art. 140-bis c.cons. Già ad una prima scorsa appare manifesta l’incongruenza della disciplina vigente: stretta entro limiti materiali e temporali molto angusti, che lasciano emergere persino profili d’illegittimità costituzionale, l’azione appare per lo più inaccessibile al consumatore medio, cui pure è riservata la legittimazione attiva. Dovrà essere un attore adeguatamente rappresentativo, fornito di mezzi ingenti e fortemente motivato ad allargare il fronte di tutela alla massa dei suoi simili, senza peraltro ricavarne alcun beneficio aggiuntivo. Nondimeno le spese dell’azione di classe e la mancanza d’incentivi alla sua intrapresa – difetti cui l’esperienza statunitense ha posto rimedio – sono alleviati dal meccanismo del mandato all’associazione di categoria, un meccanismo resosi pressoché ineludibile nella pratica. Resta però il problema dello “status” di aderente, un soggetto che non è parte della procedura ma ne subisce interamente gli effetti. Ecco nuovi profili di dubbia conformità a Costituzione: la facoltatività della difesa tecnica, il mancato potere di controreplica alle eccezioni personali del convenuto, la denegata facoltà d’impugnare la sentenza di classe e infine la difficile transigibilità della lite di gruppo pongono in luce l’abnormità della posizione di aderente, e più in generale la scarsa produttività di ricorsi collettivi votati al c.d. “opting-in”.
La nuova “azione di classe” in Italia
FERRANTE, Edoardo
2011-01-01
Abstract
Nell’imminenza di un provvedimento comunitario in tema di ricorsi collettivi – la Commissione UE ha allestito ben due tornate di consultazioni pubbliche – s’impone una ricognizione delle caratteristiche principali della nostra azione ex art. 140-bis c.cons. Già ad una prima scorsa appare manifesta l’incongruenza della disciplina vigente: stretta entro limiti materiali e temporali molto angusti, che lasciano emergere persino profili d’illegittimità costituzionale, l’azione appare per lo più inaccessibile al consumatore medio, cui pure è riservata la legittimazione attiva. Dovrà essere un attore adeguatamente rappresentativo, fornito di mezzi ingenti e fortemente motivato ad allargare il fronte di tutela alla massa dei suoi simili, senza peraltro ricavarne alcun beneficio aggiuntivo. Nondimeno le spese dell’azione di classe e la mancanza d’incentivi alla sua intrapresa – difetti cui l’esperienza statunitense ha posto rimedio – sono alleviati dal meccanismo del mandato all’associazione di categoria, un meccanismo resosi pressoché ineludibile nella pratica. Resta però il problema dello “status” di aderente, un soggetto che non è parte della procedura ma ne subisce interamente gli effetti. Ecco nuovi profili di dubbia conformità a Costituzione: la facoltatività della difesa tecnica, il mancato potere di controreplica alle eccezioni personali del convenuto, la denegata facoltà d’impugnare la sentenza di classe e infine la difficile transigibilità della lite di gruppo pongono in luce l’abnormità della posizione di aderente, e più in generale la scarsa produttività di ricorsi collettivi votati al c.d. “opting-in”.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
CeI-Eur. 2011 def (30).pdf
Accesso riservato
Tipo di file:
MATERIALE NON BIBLIOGRAFICO
Dimensione
199.64 kB
Formato
Adobe PDF
|
199.64 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.