Con l’unificazione, la scuola elementare, divenuta obbligatoria, è chiamata a farsi carico della formazione degli italiani, garantendo alle nuove generazioni l’accesso alla lingua nazionale. Il progetto formativo, che lega strettamente istruzione ed educazione, trova il suo coronamento nella composizione scritta, considerata insieme strumento e fine dell’apprendimento linguistico. Contro ogni evidenza i programmi postunitari prefigurano la possibilità di insegnare agli allievi a scrivere “con naturale spontaneità” ossia “come parlerebbero”, neutralizzando idealmente la distanza tra un italiano non posseduto e il dialetto, lingua materna per la maggior parte della popolazione. Nei fatti la conquista della lingua nazionale si rivela lenta e faticosa, e il problema del rapporto con il dialetto sarà una costante con cui ancora agli albori della Repubblica gli insegnanti dovranno confrontarsi. Esaminando l’evoluzione delle pratiche di scrittura nella scuola elementare tra Otto e Novecento, il libro analizza il percorso di educazione linguistica prefigurato dai programmi ministeriali, nei quali si riflette l’ambivalenza delle politiche linguistiche adottate nei diversi momenti storici, tra negazione, accoglimento e rifiuto della realtà dialettale. Le attività didattiche proposte dalle riviste magistrali premettono di valutare la ricaduta effettiva delle indicazioni ufficiali nella concretezza dell’insegnamento. Accanto ai testi pensati per la scuola, sono soprattutto i quaderni degli allievi a dar conto dell’impegnativo processo di appropriazione della lingua, documentando la progressiva formazione di un italiano che si appresta a diventare lingua d’uso.
Con naturale spontaneità. Pratiche di scrittura ed educazione linguistica nella scuola elementare dall’Unità d’Italia alla Repubblica
PAPA, ELENA
2012-01-01
Abstract
Con l’unificazione, la scuola elementare, divenuta obbligatoria, è chiamata a farsi carico della formazione degli italiani, garantendo alle nuove generazioni l’accesso alla lingua nazionale. Il progetto formativo, che lega strettamente istruzione ed educazione, trova il suo coronamento nella composizione scritta, considerata insieme strumento e fine dell’apprendimento linguistico. Contro ogni evidenza i programmi postunitari prefigurano la possibilità di insegnare agli allievi a scrivere “con naturale spontaneità” ossia “come parlerebbero”, neutralizzando idealmente la distanza tra un italiano non posseduto e il dialetto, lingua materna per la maggior parte della popolazione. Nei fatti la conquista della lingua nazionale si rivela lenta e faticosa, e il problema del rapporto con il dialetto sarà una costante con cui ancora agli albori della Repubblica gli insegnanti dovranno confrontarsi. Esaminando l’evoluzione delle pratiche di scrittura nella scuola elementare tra Otto e Novecento, il libro analizza il percorso di educazione linguistica prefigurato dai programmi ministeriali, nei quali si riflette l’ambivalenza delle politiche linguistiche adottate nei diversi momenti storici, tra negazione, accoglimento e rifiuto della realtà dialettale. Le attività didattiche proposte dalle riviste magistrali premettono di valutare la ricaduta effettiva delle indicazioni ufficiali nella concretezza dell’insegnamento. Accanto ai testi pensati per la scuola, sono soprattutto i quaderni degli allievi a dar conto dell’impegnativo processo di appropriazione della lingua, documentando la progressiva formazione di un italiano che si appresta a diventare lingua d’uso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.