Le teorie della traduzione contemporanee si basano in prevalenza su esempi occidentali e sono più o meno influenzate dall’altalena tra fedeltà e tradimento, fra lingua target e fonte. Non si prende in considerazione la traduzione dal punto di vista del potere o della storia. Possiamo ignorare l’atteggiamento paternalistico di FitzGerald, che scriveva al Rev. E.B. Cowell nel 1851: “It is an amusement to me to take what liberties I like with these Persians who (as I think) are not Poets enough to frighten one from such excursions, and who really do need a little Art to shape them” ? Forse ci si può illudere che lavorando in lingue occidentali e in contesti occidentali possiamo evitare di porci questi interrogativi, ma non ne sarei proprio sicura. Di certo se lavoriamo in lingue ‘altre’ – le lingue dell’India, tanto per fare un esempio da un ambito a me noto -, ignorare che cosa ha significato la traduzione in questi contesti, con la colonizzazione e la decolonizzazione che hanno accompagnato il processo di mappatura di queste regioni, è inaccettabile. Non è casuale che per molto tempo i traduttori – missionari e amministratori coloniali – siano stati esclusivamente europei: gli indigeni non erano considerati all’altezza, qualunque fosse la loro competenza nelle lingue ‘vernacolari’ e in quelle coloniali. Per non parlare del disprezzo che i traduttori ‘scientifici’ occidentali, forti delle loro conoscenze di filologia e linguistica, manifestavano verso le tecniche di traduzione indigene...

E non c’indurre in traduzione

CONSOLARO, ALESSANDRA
2008-01-01

Abstract

Le teorie della traduzione contemporanee si basano in prevalenza su esempi occidentali e sono più o meno influenzate dall’altalena tra fedeltà e tradimento, fra lingua target e fonte. Non si prende in considerazione la traduzione dal punto di vista del potere o della storia. Possiamo ignorare l’atteggiamento paternalistico di FitzGerald, che scriveva al Rev. E.B. Cowell nel 1851: “It is an amusement to me to take what liberties I like with these Persians who (as I think) are not Poets enough to frighten one from such excursions, and who really do need a little Art to shape them” ? Forse ci si può illudere che lavorando in lingue occidentali e in contesti occidentali possiamo evitare di porci questi interrogativi, ma non ne sarei proprio sicura. Di certo se lavoriamo in lingue ‘altre’ – le lingue dell’India, tanto per fare un esempio da un ambito a me noto -, ignorare che cosa ha significato la traduzione in questi contesti, con la colonizzazione e la decolonizzazione che hanno accompagnato il processo di mappatura di queste regioni, è inaccettabile. Non è casuale che per molto tempo i traduttori – missionari e amministratori coloniali – siano stati esclusivamente europei: gli indigeni non erano considerati all’altezza, qualunque fosse la loro competenza nelle lingue ‘vernacolari’ e in quelle coloniali. Per non parlare del disprezzo che i traduttori ‘scientifici’ occidentali, forti delle loro conoscenze di filologia e linguistica, manifestavano verso le tecniche di traduzione indigene...
2008
http://mrscarter.wordpress.com/
traduzione; postcoloniale
A. CONSOLARO
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