Lo studio dedicato all’art. 56 del codice penale è il secondo di due complementari saggi, rispettivamente intitolati: “Reato putativo e reato impossibile” e “Tentativo”, inseriti nei due tomi del volume secondo (Il Reato) dell’opera collettanea : “Commentario sistematico al Codice Penale” (diretto da M. Ronco con la collaborazione di Licci ed altri, edita dalla Zanichelli di Bologna e giunta alla 2ª edizione nel 2011), i quali tendono, tra l’altro, a dimostrare la duplice esigenza teoretica di non disperdere la distinzione tripartita fra illeciti di pericolo presunto, astratto e concreto, (misconoscendo così la natura del tentativo come illecito a condotta pericolosa, cioè di pericolo effettivo, ma astratto) e di non interpolare gli elementi determinanti la fisionomia di un sistema (come il reato impossibile dell’ordinamento italiano) con gli elementi fungibili (come il tentativo inattuabile dell’ordinamento tedesco). Contro le tendenze sapienziali e giurisprudenziali intese a configurare il delitto tentato come illecito di pericolo concreto, negando rilevanza ai casi di inattuabilità dell’offesa (predisposizione di forze di polizia, protezione di vetro anti-proiettile etc.), la ricerca sostiene che il tentativo costituisca un reato dove la pericolosità è un predicato della condotta, id est un illecito di pericolo astratto. Esaminate le origini storiche dei criteri adottati dal Codice Rocco per individuare l’inizio dell’attività punibile, lo studio confuta le interpretazioni regressive, volte a confondere la non equivocità della direzione con l’univocità degli atti. Lo studio confuta infine la tesi che, muovendo dalla corretta configurazione della non equivocità come oggettiva rilevabilità della direzione, ne desume, sul piano della imputazione soggettiva, l’incompatibilità con la figura del dolo eventuale.

Il tentativo

LICCI, Giorgio
2007-01-01

Abstract

Lo studio dedicato all’art. 56 del codice penale è il secondo di due complementari saggi, rispettivamente intitolati: “Reato putativo e reato impossibile” e “Tentativo”, inseriti nei due tomi del volume secondo (Il Reato) dell’opera collettanea : “Commentario sistematico al Codice Penale” (diretto da M. Ronco con la collaborazione di Licci ed altri, edita dalla Zanichelli di Bologna e giunta alla 2ª edizione nel 2011), i quali tendono, tra l’altro, a dimostrare la duplice esigenza teoretica di non disperdere la distinzione tripartita fra illeciti di pericolo presunto, astratto e concreto, (misconoscendo così la natura del tentativo come illecito a condotta pericolosa, cioè di pericolo effettivo, ma astratto) e di non interpolare gli elementi determinanti la fisionomia di un sistema (come il reato impossibile dell’ordinamento italiano) con gli elementi fungibili (come il tentativo inattuabile dell’ordinamento tedesco). Contro le tendenze sapienziali e giurisprudenziali intese a configurare il delitto tentato come illecito di pericolo concreto, negando rilevanza ai casi di inattuabilità dell’offesa (predisposizione di forze di polizia, protezione di vetro anti-proiettile etc.), la ricerca sostiene che il tentativo costituisca un reato dove la pericolosità è un predicato della condotta, id est un illecito di pericolo astratto. Esaminate le origini storiche dei criteri adottati dal Codice Rocco per individuare l’inizio dell’attività punibile, lo studio confuta le interpretazioni regressive, volte a confondere la non equivocità della direzione con l’univocità degli atti. Lo studio confuta infine la tesi che, muovendo dalla corretta configurazione della non equivocità come oggettiva rilevabilità della direzione, ne desume, sul piano della imputazione soggettiva, l’incompatibilità con la figura del dolo eventuale.
2007
Commentario sistematico al codice penale
Zanichelli
Vol 2, Tomo II, cap II°
55
100
9788808043832
Tentativo; illecito di pericolo astratto; dolo eventuale
G. LICCI
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