Il contributo presenta una rassegna degli studi internazionali che si propongono di assumere la “qualità dell’apprendimento” tra le misure utili per valutare la qualità della didattica universitaria. Il focus del saggio riguarda in particolare i processi di apprendimento attivati dagli studenti, che influenzano poi i risultati, secondo il modello di R. Cannon e D. Newble (2000) e quello di M. Prosser, P. Ramsden, K. Trigwell, E. Martin (2003). L’ipotesi di partenza è che profili di competenza di alto livello in uscita, la preferenza per strategie di apprendimento in profondità e alta motivazione, dipendano non solo dalle capacità individuali degli studenti, ma anche da prassi didattiche e valutative di qualità consolidate nell’offerta formativa in oggetto. Tale ipotesi presuppone però che si possa parlare di uno “stile didattico caratterizzante” all’interno di un corso di studi, al di là della frammentarietà che spesso caratterizza la didattica universitaria. Nel contributo vengono dunque presentati innanzitutto gli studi internazionali che attestano la possibilità di riconoscere “uno stile comune” che distingue, per esempio, la didattica dei corsi scientifici da quella offerta nei corsi umanistici (J.D. Donald, 1993). Minor omogeneità è presente nei corsi “interdisciplinari” che, secondo alcune ricerche, renderebbero però gli studenti più capaci di usare strategie di apprendimento flessibili. È stata in seguito presa in esame l’interazione tra la didattica offerta e le caratteristiche di partenza degli studenti. Si tratta dell’orientamento motivazionale degli stessi (secondo A. Morgan, 1993: vocazionale, accademico, personale, sociale; ciascuno divisibile ancora in intrinseco ed estriseco), delle loro conoscenze e metaconoscenze relative agli oggetti di studio (K. Crawford, S. Gordon, J. Nicholas, M. Prosser, 1994), dei loro livelli di autostima, autoefficacia, stili attributivi (A.M. Santiago, M.K. Einarson, 1998) e stili comportamentali, quali la tendenza al successo o ad evitare l’insuccesso (M.V. Covington, B.W. Roberts, 1994), l’adattabilità e la capacità di orientamento. Sono stati infine esaminati i possibili “effetti” di tale interazione sui processi di apprendimento. Secondo le ricerche si possono individuare cambiamenti nelle seguenti aree: le percezioni elaborate dagli studenti relative al loro apprendimento (N. Entwistle, P. Ramsden, 1983), gli approcci allo studio (P. Ramsden, 1988) e le motivazioni maturate (P.R. Pintrich, D.R. Brown, C.E. Weinstein, 1994), le strategie cognitive privilegiate (J. Biggs, 2000; C.E. Weinstein, L.M. Hume, 2001) e i livelli di autonomia raggiunti (M.J. Barbot, 1999). A questi si aggiungono la qualità delle conoscenze e competenze conseguite e il successo accademico. Il contributo è connesso con due successivi, all’interno dello stesso volume (“Sviluppo di strategie di apprendimento in contesti didattici differenziati: un’indagine” e “Un bilancio di competenze al termine del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria”, in coll con E.M. Torre) in cui vengono commentati gli esiti degli studi empirici avviati dall’autrice sul tema. Il primo documenta gli esiti delle ricerche volte a valutare in un campione torinese le differenze nel profilo modale degli studenti uscenti da corsi di studi umanistici, scientifici e interdisciplinari in relazione alle concezioni di apprendimento elaborate e all’approccio allo studio. Il secondo propone la valutazione della qualità della didattica anche sulla base del livello di competenza in uscita dallo stesso e rendiconta le fasi di progettazione di un bilancio di competenze realizzato allo scopo e gli esiti dello stesso.
La qualità della didattica e gli “effetti” rilevabili negli studenti: quadro teorico
RICCHIARDI, Paola
2005-01-01
Abstract
Il contributo presenta una rassegna degli studi internazionali che si propongono di assumere la “qualità dell’apprendimento” tra le misure utili per valutare la qualità della didattica universitaria. Il focus del saggio riguarda in particolare i processi di apprendimento attivati dagli studenti, che influenzano poi i risultati, secondo il modello di R. Cannon e D. Newble (2000) e quello di M. Prosser, P. Ramsden, K. Trigwell, E. Martin (2003). L’ipotesi di partenza è che profili di competenza di alto livello in uscita, la preferenza per strategie di apprendimento in profondità e alta motivazione, dipendano non solo dalle capacità individuali degli studenti, ma anche da prassi didattiche e valutative di qualità consolidate nell’offerta formativa in oggetto. Tale ipotesi presuppone però che si possa parlare di uno “stile didattico caratterizzante” all’interno di un corso di studi, al di là della frammentarietà che spesso caratterizza la didattica universitaria. Nel contributo vengono dunque presentati innanzitutto gli studi internazionali che attestano la possibilità di riconoscere “uno stile comune” che distingue, per esempio, la didattica dei corsi scientifici da quella offerta nei corsi umanistici (J.D. Donald, 1993). Minor omogeneità è presente nei corsi “interdisciplinari” che, secondo alcune ricerche, renderebbero però gli studenti più capaci di usare strategie di apprendimento flessibili. È stata in seguito presa in esame l’interazione tra la didattica offerta e le caratteristiche di partenza degli studenti. Si tratta dell’orientamento motivazionale degli stessi (secondo A. Morgan, 1993: vocazionale, accademico, personale, sociale; ciascuno divisibile ancora in intrinseco ed estriseco), delle loro conoscenze e metaconoscenze relative agli oggetti di studio (K. Crawford, S. Gordon, J. Nicholas, M. Prosser, 1994), dei loro livelli di autostima, autoefficacia, stili attributivi (A.M. Santiago, M.K. Einarson, 1998) e stili comportamentali, quali la tendenza al successo o ad evitare l’insuccesso (M.V. Covington, B.W. Roberts, 1994), l’adattabilità e la capacità di orientamento. Sono stati infine esaminati i possibili “effetti” di tale interazione sui processi di apprendimento. Secondo le ricerche si possono individuare cambiamenti nelle seguenti aree: le percezioni elaborate dagli studenti relative al loro apprendimento (N. Entwistle, P. Ramsden, 1983), gli approcci allo studio (P. Ramsden, 1988) e le motivazioni maturate (P.R. Pintrich, D.R. Brown, C.E. Weinstein, 1994), le strategie cognitive privilegiate (J. Biggs, 2000; C.E. Weinstein, L.M. Hume, 2001) e i livelli di autonomia raggiunti (M.J. Barbot, 1999). A questi si aggiungono la qualità delle conoscenze e competenze conseguite e il successo accademico. Il contributo è connesso con due successivi, all’interno dello stesso volume (“Sviluppo di strategie di apprendimento in contesti didattici differenziati: un’indagine” e “Un bilancio di competenze al termine del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria”, in coll con E.M. Torre) in cui vengono commentati gli esiti degli studi empirici avviati dall’autrice sul tema. Il primo documenta gli esiti delle ricerche volte a valutare in un campione torinese le differenze nel profilo modale degli studenti uscenti da corsi di studi umanistici, scientifici e interdisciplinari in relazione alle concezioni di apprendimento elaborate e all’approccio allo studio. Il secondo propone la valutazione della qualità della didattica anche sulla base del livello di competenza in uscita dallo stesso e rendiconta le fasi di progettazione di un bilancio di competenze realizzato allo scopo e gli esiti dello stesso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.