Tra le varie pietre ornamentali della ricca zona estrattiva ossolana, le beole hanno avuto nel tempo gli utilizzi più vari: tipicamente lavorate a spacco ed utilizzate per la copertura dei tetti, sono state usate dai Romani per la costruzione di strade, per le tipiche case contadine ossolane, per usi rurali, ma anche per scopi ornamentali, come è documentato in numerose chiese, palazzi e monumenti, anche nella stessa Milano. Con il termine “beola” si intendono numerose e differenti varietà, provenienti da unità strutturali e litologiche diverse, nell’area compresa tra Vogogna e Montecrestese. Si tratta di ortogneiss con composizione mineralogica relativamente omogenea (quarzo, plagioclasio, K-feldspato, biotite e muscovite) e marcata foliazione, materiali ideali per la lavorazione a spacco in virtù della loro fissilità. L’esempio più tipico dell’utilizzo delle beole è rappresentato dalla “casa contadina ossolana”, delineatasi a partire dal ‘700, che presenta caratteri costruttivi del tutto particolari. Si presenta a struttura chiusa, scatolata, dai muri perimetrali e dal tetto generalmente a due falde molto inclinate e poco debordanti, con finestre piccole e di solito con scarso sviluppo di balconi. Il ruolo prevalente è affidato alla pietra, con la quale vengono realizzati sia i muri, sia il tetto a beole sovrapposte. La struttura della casa ossolana è dunque piuttosto diversa da quella della tipica casa alpina: la ragione sta tutta nel tetto e specialmente nella sua copertura in beole. La loro ridotta profondità esige una sovrapposizione che arriva al 70% della superficie, mentre l’elevato spessore delle lastre comporta un notevole gradiente di quota tra un corso e l’altro. Oltre che per la realizzazione di tetti, murature, stalle e case rurali, in tutta l’Ossola le beole sono state utilizzate per confinare appezzamenti agricoli, per il sostegno delle viti, per la pavimentazione di ingressi e di stradine di campagna. Al fine di valorizzare il patrimonio culturale lapideo in ambito transalpino, è stato sviluppato negli ultimi tre anni un progetto Interreg denominato OSMATER: sono state condotte ricerche in merito al contesto estrattivo locale ed alle applicazioni in opera della pietra, impostando percorsi geoturistici finalizzati alla valorizzazione ed alla riscoperta della “risorsa pietra”. In particolare sono stati indagati alcuni borghi rurali, spesso abbandonati ma negli ultimi anni riscoperti e restaurati (Canova, Veglio, Roldo, ecc..), nei quali si può riscontrare la marcata presenza di beole, unitamente all’impiego di serizzi e del legno.
LE BEOLE OSSOLANE, UN ESEMPIO DI INTEGRAZIONE TRA PATRIMONIO LAPIDEO, STORIA E PAESAGGIO
DINO, Giovanna Antonella
2009-01-01
Abstract
Tra le varie pietre ornamentali della ricca zona estrattiva ossolana, le beole hanno avuto nel tempo gli utilizzi più vari: tipicamente lavorate a spacco ed utilizzate per la copertura dei tetti, sono state usate dai Romani per la costruzione di strade, per le tipiche case contadine ossolane, per usi rurali, ma anche per scopi ornamentali, come è documentato in numerose chiese, palazzi e monumenti, anche nella stessa Milano. Con il termine “beola” si intendono numerose e differenti varietà, provenienti da unità strutturali e litologiche diverse, nell’area compresa tra Vogogna e Montecrestese. Si tratta di ortogneiss con composizione mineralogica relativamente omogenea (quarzo, plagioclasio, K-feldspato, biotite e muscovite) e marcata foliazione, materiali ideali per la lavorazione a spacco in virtù della loro fissilità. L’esempio più tipico dell’utilizzo delle beole è rappresentato dalla “casa contadina ossolana”, delineatasi a partire dal ‘700, che presenta caratteri costruttivi del tutto particolari. Si presenta a struttura chiusa, scatolata, dai muri perimetrali e dal tetto generalmente a due falde molto inclinate e poco debordanti, con finestre piccole e di solito con scarso sviluppo di balconi. Il ruolo prevalente è affidato alla pietra, con la quale vengono realizzati sia i muri, sia il tetto a beole sovrapposte. La struttura della casa ossolana è dunque piuttosto diversa da quella della tipica casa alpina: la ragione sta tutta nel tetto e specialmente nella sua copertura in beole. La loro ridotta profondità esige una sovrapposizione che arriva al 70% della superficie, mentre l’elevato spessore delle lastre comporta un notevole gradiente di quota tra un corso e l’altro. Oltre che per la realizzazione di tetti, murature, stalle e case rurali, in tutta l’Ossola le beole sono state utilizzate per confinare appezzamenti agricoli, per il sostegno delle viti, per la pavimentazione di ingressi e di stradine di campagna. Al fine di valorizzare il patrimonio culturale lapideo in ambito transalpino, è stato sviluppato negli ultimi tre anni un progetto Interreg denominato OSMATER: sono state condotte ricerche in merito al contesto estrattivo locale ed alle applicazioni in opera della pietra, impostando percorsi geoturistici finalizzati alla valorizzazione ed alla riscoperta della “risorsa pietra”. In particolare sono stati indagati alcuni borghi rurali, spesso abbandonati ma negli ultimi anni riscoperti e restaurati (Canova, Veglio, Roldo, ecc..), nei quali si può riscontrare la marcata presenza di beole, unitamente all’impiego di serizzi e del legno.File | Dimensione | Formato | |
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