La ricerca prende le mosse dal recente Regolamento (UE) n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, spesso designato come regolamento “Roma III” nel dibattito politico e fra gli studiosi, il quale reca una disciplina uniforme dei conflitti di leggi in materia di divorzio e separazione personale, rappresentando altresì il risultato della prima cooperazione rafforzata nella storia dell’Unione Europea, che a partire dal 21 giugno 2012 trova applicazione in quattordici dei ventisette Stati membri (fra cui l’Italia), cui si aggiungerà presto la Lituania, che sarà vincolata dal regolamento a partire dal 22 maggio 2014. L’obiettivo del regolamento, come risulta dai “considerando”, è l’istituzione di “un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale degli Stati membri partecipanti”, che garantisca “ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità” ed impedisca “le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi”. Infatti, sino all’emanazione del nuovo strumento europeo, le coppie internazionali difficilmente arrivavano a concludere separazioni e/o divorzi consensuali, posto che, dei ventisette membri dell’Unione Europea, venti Paesi determinavano la legge nazionale applicabile usando una serie di criteri di collegamento – quali la cittadinanza e la residenza abituale – al fine di garantire l'applicazione al divorzio della legge di un Paese con cui i coniugi hanno un collegamento, mentre sette Paesi (Danimarca, Lettonia, Irlanda, Cipro, Finlandia, Svezia e Regno Unito) applicavano la loro legge nazionale. Dopo aver ripercorso la vicenda che ha condotto all’adozione dello strumento, il lavoro ne mette in luce le caratteristiche generali, analizzando le scelte di fondo compiute a tale riguardo dagli autori del nuovo testo e le relative disposizioni, cominciando da quelle che ne definiscono la sfera applicativa. Vengono quindi esaminate le norme che consentono ai coniugi di accordarsi in ordine alla legge applicabile al divorzio ed alla separazione – certamente una delle innovazioni della nuova disciplina – nonché quelle che presiedono all’identificazione di detta legge in mancanza di scelta. Sono poi analizzati i limiti al funzionamento delle predette norme di conflitto, tentando una valutazione critica della nuova normativa europea. Il tutto, sempre tenendo in considerazione come il sistema introdotto dalla cooperazione rafforzata debba essere studiato in relazione al Regolamento “Bruxelles II bis” relativamente all’obbligo di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, nonché alla luce di categorie giuridiche e qualificazioni (famiglia, coniuge, matrimonio) che destano particolare interesse nel diritto internazionale privato contemporaneo, per intersecarsi – infine – con la nuova disciplina attualmente allo studio del legislatore europeo, in materia di regimi patrimoniali della famiglia. La disciplina internazionalprivatistica della separazione personale e del divorzio è dunque, oggi, in larga parte, uniforme: l’individuazione del giudice competente e la determinazione delle condizioni per il riconoscimento delle decisioni, sono affidate al Regolamento (CE) n. 2201/2003 (“Bruxelles II bis”); l’individuazione della legge applicabile dipende invece, in buona parte degli Stati membri, dalle norme di conflitto dettate dal Regolamento (UE) n. 1259/2010 (“Roma III”). Il diritto sostanziale della crisi matrimoniale resta però, quanto a lui, ancorato ai diritti interni, che sul punto si presentano in qualche caso fortemente disomogenei e non stupisce, in queste condizioni, che nella prassi emerga una tendenza a sfruttare le opportunità concesse dal diritto internazionale privato dell’Unione, al fine di “sfuggire” alla percepita rigidità delle norme di certi Paesi. Occorrerà dunque vagliare e discutere le opportunità prefigurate dai regolamenti in questione, anche in una prospettiva “patologica”, del loro possibile abuso. Così da un lato, pur ammettendosi che la logica della “integrazione differenziata” rappresenti una minaccia all’unità e alla coerenza interna della normativa dell’Unione, si osserva che tale minaccia può essere almeno in parte contrastata ricorrendo ai meccanismi istituzionali concepiti per accrescere la qualità applicativa del diritto dell’Unione europea, come la competenza in via pregiudiziale della Corte di giustizia o il contributo fornito dalla Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. Ma dall’altro, viene rilevato come alcune delle soluzioni accolte dal regolamento non appaiano del tutto persuasive sul piano tecnico e che, pertanto, a tempo debito, andrebbero riconsiderate alcune disposizioni, anche alla luce dell’esperienza applicativa che si sarà andata nel frattempo maturando in seno agli Stati membri.
Il Regolamento (U.E.) n. 1259/2010 (c.d. «Roma III») in materia di legge applicabile al divorzio ed alla separazione personale
RAITERI, MARCO
2013-01-01
Abstract
La ricerca prende le mosse dal recente Regolamento (UE) n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, spesso designato come regolamento “Roma III” nel dibattito politico e fra gli studiosi, il quale reca una disciplina uniforme dei conflitti di leggi in materia di divorzio e separazione personale, rappresentando altresì il risultato della prima cooperazione rafforzata nella storia dell’Unione Europea, che a partire dal 21 giugno 2012 trova applicazione in quattordici dei ventisette Stati membri (fra cui l’Italia), cui si aggiungerà presto la Lituania, che sarà vincolata dal regolamento a partire dal 22 maggio 2014. L’obiettivo del regolamento, come risulta dai “considerando”, è l’istituzione di “un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale degli Stati membri partecipanti”, che garantisca “ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità” ed impedisca “le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi”. Infatti, sino all’emanazione del nuovo strumento europeo, le coppie internazionali difficilmente arrivavano a concludere separazioni e/o divorzi consensuali, posto che, dei ventisette membri dell’Unione Europea, venti Paesi determinavano la legge nazionale applicabile usando una serie di criteri di collegamento – quali la cittadinanza e la residenza abituale – al fine di garantire l'applicazione al divorzio della legge di un Paese con cui i coniugi hanno un collegamento, mentre sette Paesi (Danimarca, Lettonia, Irlanda, Cipro, Finlandia, Svezia e Regno Unito) applicavano la loro legge nazionale. Dopo aver ripercorso la vicenda che ha condotto all’adozione dello strumento, il lavoro ne mette in luce le caratteristiche generali, analizzando le scelte di fondo compiute a tale riguardo dagli autori del nuovo testo e le relative disposizioni, cominciando da quelle che ne definiscono la sfera applicativa. Vengono quindi esaminate le norme che consentono ai coniugi di accordarsi in ordine alla legge applicabile al divorzio ed alla separazione – certamente una delle innovazioni della nuova disciplina – nonché quelle che presiedono all’identificazione di detta legge in mancanza di scelta. Sono poi analizzati i limiti al funzionamento delle predette norme di conflitto, tentando una valutazione critica della nuova normativa europea. Il tutto, sempre tenendo in considerazione come il sistema introdotto dalla cooperazione rafforzata debba essere studiato in relazione al Regolamento “Bruxelles II bis” relativamente all’obbligo di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, nonché alla luce di categorie giuridiche e qualificazioni (famiglia, coniuge, matrimonio) che destano particolare interesse nel diritto internazionale privato contemporaneo, per intersecarsi – infine – con la nuova disciplina attualmente allo studio del legislatore europeo, in materia di regimi patrimoniali della famiglia. La disciplina internazionalprivatistica della separazione personale e del divorzio è dunque, oggi, in larga parte, uniforme: l’individuazione del giudice competente e la determinazione delle condizioni per il riconoscimento delle decisioni, sono affidate al Regolamento (CE) n. 2201/2003 (“Bruxelles II bis”); l’individuazione della legge applicabile dipende invece, in buona parte degli Stati membri, dalle norme di conflitto dettate dal Regolamento (UE) n. 1259/2010 (“Roma III”). Il diritto sostanziale della crisi matrimoniale resta però, quanto a lui, ancorato ai diritti interni, che sul punto si presentano in qualche caso fortemente disomogenei e non stupisce, in queste condizioni, che nella prassi emerga una tendenza a sfruttare le opportunità concesse dal diritto internazionale privato dell’Unione, al fine di “sfuggire” alla percepita rigidità delle norme di certi Paesi. Occorrerà dunque vagliare e discutere le opportunità prefigurate dai regolamenti in questione, anche in una prospettiva “patologica”, del loro possibile abuso. Così da un lato, pur ammettendosi che la logica della “integrazione differenziata” rappresenti una minaccia all’unità e alla coerenza interna della normativa dell’Unione, si osserva che tale minaccia può essere almeno in parte contrastata ricorrendo ai meccanismi istituzionali concepiti per accrescere la qualità applicativa del diritto dell’Unione europea, come la competenza in via pregiudiziale della Corte di giustizia o il contributo fornito dalla Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. Ma dall’altro, viene rilevato come alcune delle soluzioni accolte dal regolamento non appaiano del tutto persuasive sul piano tecnico e che, pertanto, a tempo debito, andrebbero riconsiderate alcune disposizioni, anche alla luce dell’esperienza applicativa che si sarà andata nel frattempo maturando in seno agli Stati membri.File | Dimensione | Formato | |
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