Nella relazione del Consiglio che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio ed alla separazione personale (COM/2010/0104 final del 24 marzo 2010), la Commissione rileva che, nel 2010, 16 milioni di matrimoni su circa 122 milioni, vale a dire il 13%, erano internazionali; nel 2007 avevano carattere internazionale circa 300.000 matrimoni su un totale di 2.400.000. Inoltre, su 1.040.000 divorzi pronunciati nel 2007 all’interno dell’Unione, il 13% circa (140.000) presentava elementi di estraneità rispetto al singolo ordinamento nazionale . I Paesi in cui il fenomeno è particolarmente sentito sono quelli di dimensioni maggiori: la Germania, con 34.000 casi, la Francia, con 20.500 e la Gran Bretagna, con 19.500 . In Italia il fenomeno assume dimensioni più limitate, anche rispetto alla media europea, in quanto nello stesso anno si sono registrati 3.000 divorzi “transnazionali” , vale a dire circa il 6% del totale . A fronte della tendenza all’internazionalizzazione della famiglia e delle sue dinamiche, nello spazio giudiziario europeo – caratterizzato da un alto livello di integrazione tra Stati – si evidenzia l’utilità di un’armonizzazione di diritto che attraverso l’adozione di una disciplina unitaria semplifichi la regolamentazione di situazioni giuridiche con elementi di estraneità, in vista della piena realizzazione della libera circolazione delle persone. Così, avendo riguardo al presente lavoro, la ricerca prende le mosse dal recente Regolamento (UE) n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, designato come Regolamento “Roma III” nel dibattito politico e fra gli studiosi, il quale reca una disciplina uniforme dei conflitti di leggi in materia di divorzio e separazione personale, rappresentando altresì il risultato della prima cooperazione rafforzata nella storia dell’Unione Europea, che a partire dal 21 giugno 2012 trova applicazione in quattordici Stati membri (fra cui l’Italia), cui si aggiungerà presto la Lituania, che sarà vincolata dal regolamento a partire dal 22 maggio 2014. L’obiettivo del regolamento, come risulta dai considerando, è l’istituzione di “un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale degli Stati membri partecipanti”, che garantisca “ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità” ed impedisca “le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi”. Rappresenta un dato di fatto come, sino all’emanazione del nuovo strumento europeo, le coppie internazionali difficilmente arrivassero a concludere separazioni o divorzi consensuali, posto che, nella membership dell’Unione, venti Paesi determinavano la legge nazionale applicabile usando una serie di criteri di collegamento – quali la cittadinanza e la residenza abituale – al fine di garantire l'applicazione al divorzio della legge di un Paese con cui i coniugi hanno un collegamento, mentre sette Paesi (Danimarca, Lettonia, Irlanda, Cipro, Finlandia, Svezia e Regno Unito) applicavano la loro legge nazionale. Dopo aver ripercorso le vicende che hanno condotto all’adozione dello strumento, il lavoro ne mette in luce le caratteristiche generali, analizzando le scelte di fondo compiute a tale riguardo dagli autori del nuovo testo e le relative disposizioni, prime fra tutte quelle che ne definiscono la sfera applicativa. Vengono quindi esaminate le norme che consentono ai coniugi di accordarsi in ordine alla legge applicabile al divorzio ed alla separazione – certamente una delle innovazioni della nuova disciplina, che attribuisce notevole vigore all’autonomia della volontà nella scelta di legge – nonché quelle che presiedono all’identificazione di detta legge in mancanza di scelta. Sono poi analizzati i limiti al funzionamento delle predette norme di conflitto, tentando una valutazione critica della nuova normativa europea. Il tutto, sempre tenendo in considerazione come il sistema introdotto dalla cooperazione rafforzata debba essere studiato alla luce di categorie giuridiche e qualificazioni (famiglia, coniuge, matrimonio) che destano particolare interesse nel diritto internazionale privato contemporaneo e di cui viene ampiamente dato conto nella parte conclusiva, nonché in relazione al Regolamento (CE) n. 2201/2003 (“Bruxelles II bis”) relativamente all’obbligo di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, al Regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di obbligazioni alimentari, per intersecarsi – infine – con la nuova disciplina attualmente allo studio del legislatore europeo, in materia di regimi patrimoniali della famiglia. La disciplina internazionalprivatistica della separazione personale e del divorzio è dunque, oggi, in larga parte, uniforme: l’individuazione del giudice competente e la determinazione delle condizioni per il riconoscimento delle decisioni, sono affidate al Regolamento “Bruxelles II bis”; l’individuazione della legge applicabile dipende invece, in buona parte degli Stati membri, dalle norme di conflitto dettate dal Regolamento “Roma III”. Il diritto sostanziale della crisi matrimoniale resta invece ancorato ai diritti interni, che sul punto si presentano fortemente disomogenei e comportano una tendenza a sfruttare le opportunità concesse dal diritto internazionale privato dell’Unione, al fine di “evadere” dalla percepita rigidità delle norme di certi Paesi. Occorrerà dunque vagliare e discutere le opportunità prefigurate dai regolamenti in questione, anche in una prospettiva “patologica”, del loro possibile abuso. Le maggiori sfide che il legislatore europeo si è impegnato a raccogliere, in ultimo attraverso le due Proposte sui regimi patrimoniali, consistono, da un lato, nel tentare di raccordare la relativa materia con gli strumenti normativi già in vigore, al fine di ridurre quella frammentarietà di disciplina che ad oggi caratterizza il diritto internazionale privato europeo della famiglia; dall’altro, nel promuovere il riconoscimento giuridico delle nuove realtà familiari, sebbene solo sotto il profilo internazionalprivatistico e limitatamente agli aspetti economici derivanti dalle unioni non tradizionali. Invero, tali obiettivi appaiono quanto mai ambiziosi, soprattutto in quanto riferiti al complesso e delicato settore familiare, nel quale tuttora gli Stati membri sono portati a rivendicare l’autonoma competenza normativa, sorretti dalle limitazioni procedurali previste dai Trattati che – anche a seguito della revisione del 2009 – sottopongono all’unanimità l’adozione di atti di cooperazione in questa materia. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’analisi focalizzata sul diritto internazionale privato della famiglia in materia di separazione e divorzio non può prescindere da un preliminare e più generale sguardo alle caratteristiche dell’azione dell’Unione Europea nel diritto di famiglia, alle sue potenzialità ed ai suoi limiti, oltre ad alcune novità che – nella più attuale cronaca giuridica – hanno interessato alcuni Stati membri, quali la riforma della filiazione in Italia , o la legge francese “mariage pour tous “ del 18 maggio 2013. Il fine ultimo è quello di comprendere se, attraverso il metodo della cooperazione giudiziaria in materia civile, e anche grazie alla costante opera interpretativa della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei diritti dell’uomo, il legislatore europeo possa arginare l’ostacolo della mancanza di competenza legislativa diretta in materia familiare, riuscendo a gettare le basi per favorire la creazione di un principio di riconoscimento reciproco degli status civili e di valori condivisi all’interno dell’Unione, almeno sotto il profilo del diritto internazionale privato e processuale.
LA COOPERAZIONE RAFFORZATA FRA PAESI DELL’UNIONE EUROPEA IN MATERIA DI LEGGE APPLICABILE AL DIVORZIO ED ALLA SEPARAZIONE PERSONALE
RAITERI, MARCO
2014-01-01
Abstract
Nella relazione del Consiglio che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio ed alla separazione personale (COM/2010/0104 final del 24 marzo 2010), la Commissione rileva che, nel 2010, 16 milioni di matrimoni su circa 122 milioni, vale a dire il 13%, erano internazionali; nel 2007 avevano carattere internazionale circa 300.000 matrimoni su un totale di 2.400.000. Inoltre, su 1.040.000 divorzi pronunciati nel 2007 all’interno dell’Unione, il 13% circa (140.000) presentava elementi di estraneità rispetto al singolo ordinamento nazionale . I Paesi in cui il fenomeno è particolarmente sentito sono quelli di dimensioni maggiori: la Germania, con 34.000 casi, la Francia, con 20.500 e la Gran Bretagna, con 19.500 . In Italia il fenomeno assume dimensioni più limitate, anche rispetto alla media europea, in quanto nello stesso anno si sono registrati 3.000 divorzi “transnazionali” , vale a dire circa il 6% del totale . A fronte della tendenza all’internazionalizzazione della famiglia e delle sue dinamiche, nello spazio giudiziario europeo – caratterizzato da un alto livello di integrazione tra Stati – si evidenzia l’utilità di un’armonizzazione di diritto che attraverso l’adozione di una disciplina unitaria semplifichi la regolamentazione di situazioni giuridiche con elementi di estraneità, in vista della piena realizzazione della libera circolazione delle persone. Così, avendo riguardo al presente lavoro, la ricerca prende le mosse dal recente Regolamento (UE) n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, designato come Regolamento “Roma III” nel dibattito politico e fra gli studiosi, il quale reca una disciplina uniforme dei conflitti di leggi in materia di divorzio e separazione personale, rappresentando altresì il risultato della prima cooperazione rafforzata nella storia dell’Unione Europea, che a partire dal 21 giugno 2012 trova applicazione in quattordici Stati membri (fra cui l’Italia), cui si aggiungerà presto la Lituania, che sarà vincolata dal regolamento a partire dal 22 maggio 2014. L’obiettivo del regolamento, come risulta dai considerando, è l’istituzione di “un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale degli Stati membri partecipanti”, che garantisca “ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità” ed impedisca “le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi”. Rappresenta un dato di fatto come, sino all’emanazione del nuovo strumento europeo, le coppie internazionali difficilmente arrivassero a concludere separazioni o divorzi consensuali, posto che, nella membership dell’Unione, venti Paesi determinavano la legge nazionale applicabile usando una serie di criteri di collegamento – quali la cittadinanza e la residenza abituale – al fine di garantire l'applicazione al divorzio della legge di un Paese con cui i coniugi hanno un collegamento, mentre sette Paesi (Danimarca, Lettonia, Irlanda, Cipro, Finlandia, Svezia e Regno Unito) applicavano la loro legge nazionale. Dopo aver ripercorso le vicende che hanno condotto all’adozione dello strumento, il lavoro ne mette in luce le caratteristiche generali, analizzando le scelte di fondo compiute a tale riguardo dagli autori del nuovo testo e le relative disposizioni, prime fra tutte quelle che ne definiscono la sfera applicativa. Vengono quindi esaminate le norme che consentono ai coniugi di accordarsi in ordine alla legge applicabile al divorzio ed alla separazione – certamente una delle innovazioni della nuova disciplina, che attribuisce notevole vigore all’autonomia della volontà nella scelta di legge – nonché quelle che presiedono all’identificazione di detta legge in mancanza di scelta. Sono poi analizzati i limiti al funzionamento delle predette norme di conflitto, tentando una valutazione critica della nuova normativa europea. Il tutto, sempre tenendo in considerazione come il sistema introdotto dalla cooperazione rafforzata debba essere studiato alla luce di categorie giuridiche e qualificazioni (famiglia, coniuge, matrimonio) che destano particolare interesse nel diritto internazionale privato contemporaneo e di cui viene ampiamente dato conto nella parte conclusiva, nonché in relazione al Regolamento (CE) n. 2201/2003 (“Bruxelles II bis”) relativamente all’obbligo di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, al Regolamento (CE) n. 4/2009 in materia di obbligazioni alimentari, per intersecarsi – infine – con la nuova disciplina attualmente allo studio del legislatore europeo, in materia di regimi patrimoniali della famiglia. La disciplina internazionalprivatistica della separazione personale e del divorzio è dunque, oggi, in larga parte, uniforme: l’individuazione del giudice competente e la determinazione delle condizioni per il riconoscimento delle decisioni, sono affidate al Regolamento “Bruxelles II bis”; l’individuazione della legge applicabile dipende invece, in buona parte degli Stati membri, dalle norme di conflitto dettate dal Regolamento “Roma III”. Il diritto sostanziale della crisi matrimoniale resta invece ancorato ai diritti interni, che sul punto si presentano fortemente disomogenei e comportano una tendenza a sfruttare le opportunità concesse dal diritto internazionale privato dell’Unione, al fine di “evadere” dalla percepita rigidità delle norme di certi Paesi. Occorrerà dunque vagliare e discutere le opportunità prefigurate dai regolamenti in questione, anche in una prospettiva “patologica”, del loro possibile abuso. Le maggiori sfide che il legislatore europeo si è impegnato a raccogliere, in ultimo attraverso le due Proposte sui regimi patrimoniali, consistono, da un lato, nel tentare di raccordare la relativa materia con gli strumenti normativi già in vigore, al fine di ridurre quella frammentarietà di disciplina che ad oggi caratterizza il diritto internazionale privato europeo della famiglia; dall’altro, nel promuovere il riconoscimento giuridico delle nuove realtà familiari, sebbene solo sotto il profilo internazionalprivatistico e limitatamente agli aspetti economici derivanti dalle unioni non tradizionali. Invero, tali obiettivi appaiono quanto mai ambiziosi, soprattutto in quanto riferiti al complesso e delicato settore familiare, nel quale tuttora gli Stati membri sono portati a rivendicare l’autonoma competenza normativa, sorretti dalle limitazioni procedurali previste dai Trattati che – anche a seguito della revisione del 2009 – sottopongono all’unanimità l’adozione di atti di cooperazione in questa materia. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’analisi focalizzata sul diritto internazionale privato della famiglia in materia di separazione e divorzio non può prescindere da un preliminare e più generale sguardo alle caratteristiche dell’azione dell’Unione Europea nel diritto di famiglia, alle sue potenzialità ed ai suoi limiti, oltre ad alcune novità che – nella più attuale cronaca giuridica – hanno interessato alcuni Stati membri, quali la riforma della filiazione in Italia , o la legge francese “mariage pour tous “ del 18 maggio 2013. Il fine ultimo è quello di comprendere se, attraverso il metodo della cooperazione giudiziaria in materia civile, e anche grazie alla costante opera interpretativa della Corte di Giustizia e della Corte Europea dei diritti dell’uomo, il legislatore europeo possa arginare l’ostacolo della mancanza di competenza legislativa diretta in materia familiare, riuscendo a gettare le basi per favorire la creazione di un principio di riconoscimento reciproco degli status civili e di valori condivisi all’interno dell’Unione, almeno sotto il profilo del diritto internazionale privato e processuale.File | Dimensione | Formato | |
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