In questo articolo cercherò d’illustrare come la digitalizzazione dello spazio e la sempre maggiore diffusione di tecnologie “mobile” modifichino i normali rapporti tra vita ordinaria e ludicità e, in quest’ottica, di quale impatto esse abbiano sulle estetiche del quotidiano di ciascuno di noi. Fin dai primi studi moderni sulla ludicità il gioco è stato considerato come un’attività separata dal mondo ordinario, dalla vita di tutti i giorni. Huizinga nel celebre Homo Ludens lo definisce il “cerchio magico”, un luogo separato materialmente o idealmente dagli altri in cui valgono regole e si perseguono obiettivi differenti da quelli ordinari. Che sia un’arena, un ring o un palcoscenico il gioco, nella sua accezione più ampia, richiede uno spazio a lui preposto. Il concetto di Cerchio Magico ha avuto una vita lunga ed è stato ripreso più di recente anche da Caillois, che nel suo Les jeux et les hommes. Il concetto di cerchio magico come spazio/tempo definito e separato, però, è stato da tempo superato, principalmente per due motivi: - Il primo è che esso si riferisce solo ai giochi istituzionalizzati, quelli giocati soprattutto dagli adulti, che Caillois chiama “Ludus”. I giochi infantili, ed in generale i giochi più liberi irrompono da sempre nel bel mezzo del mondo reale e non richiedono per forza un momento ed uno spazio dedicati. - Il secondo motivo è l’affermazione di giochi caratterizzati da una ludicità pervasiva. I giochi pervasivi sono giochi, che infrangono il cerchio magico e mescolano l’esperienza ludica alla vita quotidiana. In un saggio del 2009, Markus Montola, Jaakko Stenros e Annika Waern descrivono tre espansioni del cerchio magico: un’espansione spaziale, che porta il mondo intero ad essere un campo di gioco; un’espansione temporale, che porta a non avere più delle sessioni di gioco, ma fa sì che il gioco duri sempre ed infine un’espansione sociale, che fa sì che anche i semplici passanti possano diventare parte del gioco, quantomeno come spettatori. Un’interessante concetto semiotico da affiancare a quello di cerchio magico classico è proposto da Eva Nieuwdorp in un suo articolo del 2007 intitolato: the pervasive interface: tracing the maigc circle. In questo articolo l’autrice si rifà al concetto di dominio semiotico teorizzato da James Paul Gee come “any set of practices that recruits one or more modalities (e.g. oral, or written language, images, equations, symbols, sounds, gestures, graphs, artefacts etc.) to communicate distinctive types of meanings”. Secondo Gee un dominio semiotico richiede un’alfabetizzazione: “we can say that people are (or are not) literate (partially or fully) in a domain if they can recognize (the equivalent of ‘reading’) and/or produce (the equivalent of ‘writing’) meanings in the domain”. Secondo Nieuwdorp per giocare bisogna essere competenti nel dominio semiotico del gioco, in altre saperlo “leggere” e saperlo “giocare”. Anche le nuove tecnologie complicano ulteriormente il rapporto tra spazio/tempo e ludicità, in particolare due fenomeni emergenti: - la digitalizzazione dello spazio pubblico è operata soprattutto da Google Maps e Street View; - l’affievolirsi delle connotazioni funzionali dello spazio ed il delinearsi sempre maggiore di una spazialità diffusa (che rende possibile, ad esempio, rispondere alle proprie mail con lo smartphone in metropolitana o commentare le foto dei propri amici tramite Facebook dal proprio posto di lavoro).

Gioco e spazialità digitale. Percorsi ludici tra avenue digitali e realtà alternata

THIBAULT, MATTIA
2015-01-01

Abstract

In questo articolo cercherò d’illustrare come la digitalizzazione dello spazio e la sempre maggiore diffusione di tecnologie “mobile” modifichino i normali rapporti tra vita ordinaria e ludicità e, in quest’ottica, di quale impatto esse abbiano sulle estetiche del quotidiano di ciascuno di noi. Fin dai primi studi moderni sulla ludicità il gioco è stato considerato come un’attività separata dal mondo ordinario, dalla vita di tutti i giorni. Huizinga nel celebre Homo Ludens lo definisce il “cerchio magico”, un luogo separato materialmente o idealmente dagli altri in cui valgono regole e si perseguono obiettivi differenti da quelli ordinari. Che sia un’arena, un ring o un palcoscenico il gioco, nella sua accezione più ampia, richiede uno spazio a lui preposto. Il concetto di Cerchio Magico ha avuto una vita lunga ed è stato ripreso più di recente anche da Caillois, che nel suo Les jeux et les hommes. Il concetto di cerchio magico come spazio/tempo definito e separato, però, è stato da tempo superato, principalmente per due motivi: - Il primo è che esso si riferisce solo ai giochi istituzionalizzati, quelli giocati soprattutto dagli adulti, che Caillois chiama “Ludus”. I giochi infantili, ed in generale i giochi più liberi irrompono da sempre nel bel mezzo del mondo reale e non richiedono per forza un momento ed uno spazio dedicati. - Il secondo motivo è l’affermazione di giochi caratterizzati da una ludicità pervasiva. I giochi pervasivi sono giochi, che infrangono il cerchio magico e mescolano l’esperienza ludica alla vita quotidiana. In un saggio del 2009, Markus Montola, Jaakko Stenros e Annika Waern descrivono tre espansioni del cerchio magico: un’espansione spaziale, che porta il mondo intero ad essere un campo di gioco; un’espansione temporale, che porta a non avere più delle sessioni di gioco, ma fa sì che il gioco duri sempre ed infine un’espansione sociale, che fa sì che anche i semplici passanti possano diventare parte del gioco, quantomeno come spettatori. Un’interessante concetto semiotico da affiancare a quello di cerchio magico classico è proposto da Eva Nieuwdorp in un suo articolo del 2007 intitolato: the pervasive interface: tracing the maigc circle. In questo articolo l’autrice si rifà al concetto di dominio semiotico teorizzato da James Paul Gee come “any set of practices that recruits one or more modalities (e.g. oral, or written language, images, equations, symbols, sounds, gestures, graphs, artefacts etc.) to communicate distinctive types of meanings”. Secondo Gee un dominio semiotico richiede un’alfabetizzazione: “we can say that people are (or are not) literate (partially or fully) in a domain if they can recognize (the equivalent of ‘reading’) and/or produce (the equivalent of ‘writing’) meanings in the domain”. Secondo Nieuwdorp per giocare bisogna essere competenti nel dominio semiotico del gioco, in altre saperlo “leggere” e saperlo “giocare”. Anche le nuove tecnologie complicano ulteriormente il rapporto tra spazio/tempo e ludicità, in particolare due fenomeni emergenti: - la digitalizzazione dello spazio pubblico è operata soprattutto da Google Maps e Street View; - l’affievolirsi delle connotazioni funzionali dello spazio ed il delinearsi sempre maggiore di una spazialità diffusa (che rende possibile, ad esempio, rispondere alle proprie mail con lo smartphone in metropolitana o commentare le foto dei propri amici tramite Facebook dal proprio posto di lavoro).
2015
XLI Congresso AISS "Arti del vivere e semiotica: tendenze, gusti, estetiche del quotidiano"
Rimini, Italia.
4 - 6 Ottobre 2013
Numero 18-19, serie speciale
80
83
E/C
https://www.academia.edu/10742312/Gioco_e_spazialit%C3%A0_digitale._Percorsi_ludici_tra_avenue_digitali_e_realt%C3%A0_alternata
http://www.ec-aiss.it/monografici/18_19_arti_vivere/ec_18_19_atelier2.pdf
Gioco; Spazialità; digitale; realtà alternata
Thibault, Mattia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/1508114
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