Le infezioni fungine rappresentano un problema assai diffuso in ogni parte del mondo e la loro incidenza continua ad aumentare. Sono classificate, dal punto di vista clinico, in base alla patologia provocata, in: micosi superficiali che sono per lo più asintomatiche e dovute alla colonizzazione della superficie della pelle e dei capelli; in alcuni casi, originano dalla proliferazione di lieviti normalmente residenti (Malassezia furfur, Trichosporon spp.); micosi cutanee che coinvolgono gli strati cornei della cute e gli annessi cutanei: comprendono le dermatofizie (da dermatofiti) e le dermatomicosi (da lieviti e altri funghi filamentosi non dermatofiti); micosi subcutanee dovute ad un impianto traumatico dei funghi nei tessuti sottocutanei (es. cromoblastomicosi, micetomi); micosi profonde dovute a funghi filamentosi e lieviti che per via ematica possono disseminare e coinvolgere gli organi interni (1). Tra le diverse infezioni fungine, le micosi superficiali e cutanee costituiscono un gruppo di affezioni in continua e allarmante crescita come numero e come causa di morbilità. Anche se queste infezioni non rappresentano delle patologie gravi che mettono in pericolo la vita del paziente, sono pur sempre infezioni fastidiose che possono cronicizzare e diffondere tra gli individui immunocompetenti della popolazione, peggiorandone la qualità della vita anche dal punto di vista psicologico. Nelle micosi superficiali l’individuo infettato sviluppa una scarsa, o nulla, risposta immunitaria e il danno che ne riceve è prevalentemente di natura estetica. Gli agenti eziologici sono per lo più ubiquitari, per alcuni (Hortaea werneckii, Piedraia hortae) l’habitat naturale è il suolo, altri (Malassezia spp., Trichosporon cutaneum) si ritrovano generalmente come saprofiti facendo parte dell’abituale microbiota cutaneo umano. Nelle micosi cutanee la presenza dei funghi e dei loro prodotti metabolici è irritante e stimola le difese immunitarie dell’organismo responsabili della reazione infiammatoria e dei successivi sintomi. Le micosi cutanee provocate da miceti cheratinofili come i dermatofiti vengono definite dermatofizie per indicare che gli agenti eziologici sono miceti che utilizzano la cheratina come fonte principale di nutrimento. I principali dermatofiti delle nostre regioni sono Trichophyton rubrum, T. mentagrophytes, Microsporum canis, M. gypseum ed Epidermophyton floccosum. Le micosi cutanee denominate dermatomicosi sono, invece, causate da altri funghi filamentosi non dermatofiti, solitamente saprofiti o patogeni vegetali, quali Fusarium spp., Acremonium spp. e Scopulariopsis spp. Le dermatomicosi possono essere causate anche da lieviti appartenenti al genere Candida, abituali saprofiti o commensali dell’uomo, che diventano patogeni solo quando si realizzano condizioni favorenti. All’interno del genere Candida, il patogeno più diffuso è Candida albicans che può dare manifestazioni acute, subacute, croniche ed episodiche e può interessare la cute, gli annessi cutanei e gli organi interni, provocando nei casi più gravi setticemie e meningiti. Nonostante la disponibilità di numerosi agenti antifungini, la terapia di queste infezioni presenta ancora rilevanti problemi riconducibili sia alla comune struttura eucariotica delle cellule fungine e animali, sia all’efficacia e alla tossicità del farmaco, nonché al più recente possibile sviluppo di ceppi resistenti (2). Nell’ambito dei trattamenti delle dermatofizie, sono largamente usati sia farmaci per uso topico sia per uso sistemico. Nel trattamento delle dermatomicosi ci sono diversi fattori che rendono difficile la guarigione come, ad esempio, la limitata correlazione tra i risultati dei test di sensibilità in vitro ed esito clinico, la difficoltà di fornire una diagnosi precoce e, soprattutto, la resistenza ai più comuni antimicotici. I funghi filamentosi non dermatofiti non rispondono in modo soddisfacente alla maggior parte dei farmaci usati nelle dermatofizie; tuttavia sembra che gli azoli siano i più efficaci, soprattutto quelli di recente impiego, come i triazolici. Per tali ragioni, sarebbe fondamentale, oltre ad una corretta identificazione dell’agente eziologico e a un utilizzo più razionale dei farmaci attivi nei confronti dei ceppi fungini, l’introduzione di nuove molecole di supporto alle terapie note, che siano efficaci nei confronti dei ceppi resistenti, che tengano conto sia delle caratteristiche del micete coinvolto (lievito o filamentoso) che del tipo di patologia da trattare. A questo scopo, nel tentativo di dare il proprio contributo terapeutico, la fitoterapia si è arricchita di un certo numero di prodotti vegetali, quali ad esempio gli oli essenziali che, possedendo molte proprietà farmacologiche, risultano tra i più importanti agenti antimicrobici naturali. I prodotti di origine vegetale potrebbero risultare, così, degli ottimi “farmaci” di supporto a quelli tradizionali, a patto che si ottengano risultati scientifici che confermino l’attività terapeutica ipotizzata. Per questo motivo, oggi, nuove sostanze, di origine vegetale, vengono saggiate in vitro e in vivo per valutarne il possibile utilizzo a livello clinico. In questo senso, risulta importante introdurre dei metodi standardizzati per la valutazione dell’attività dei prodotti naturali. Nella nostra esperienza l’attività antifungina di numerosi oli essenziali (timo rosso, melissa, chiodi di garofano, finocchio, pino, salvia, lavanda, origano, melaleuca, menta, mirto, rosmarino, e altri) e di alcuni dei loro principali costituenti è stata valutata nei confronti di miceti filamentosi, compresi i dermatofiti, e diverse specie di lieviti (Candida spp. e non- Candida spp.), mediante i parametri microbiologici standard, quali la minima concentrazione inibente (Minimum Inhibitory Concentration, MIC) e la minima concentrazione fungicida (Minimum Fungicidal Concentration, MFC). Anche se ad oggi non esistono metodiche standardizzate e convalidate dalla comunità scientifica per valutare l’attività antifungina degli oli essenziali, essa è stata determinata utilizzando il metodo della microdiluizione scalare in brodo, secondo le specifiche proposte dal CLSI e modificato per alcuni funghi (3). Come MIC si è definita la più bassa concentrazione di olio in grado di inibire visivamente la crescita fungina a 33°C per 24-48 ore per i lieviti e dopo 3 e 7 giorni di incubazione a 30°C per i funghi filamentosi, mentre come MFC è stata definita la minima concentrazione in grado di impedire completamente la crescita fungina dopo 3 giorni a 30°C. I risultati ottenuti mostrano un’attività inibente degli oli essenziali variabile in relazione alla specie fungina (lievito o muffa). Pur osservando scarsa attività nei confronti di S.brevicaulis e degli zigomiceti (Mucor e Rhizopus), i dati ottenuti evidenziano una reale efficacia degli oli saggiati e, in particolare, per alcuni di essi, di inibire la crescita dei miceti, sia filamentosi che lieviti, già a basse concentrazioni (Figure 1, 2). È il caso questo degli oli essenziali di timo, di pino, di origano e di chiodi di garofano, che hanno dimostrato di essere i più efficaci, mostrando valori di MIC in alcuni casi anche molto bassi, soprattutto verso i ceppi di dermatofiti, F. oxysporum (Figura 1) e C. glabrata (Figura 2). Il riscontro di questi dati è di grandissima importanza alla luce delle evidenti resistenze che molti ceppi di C. glabrata stanno dimostrando nei confronti delle terapie tradizionali con azoli. Le pompe di efflusso e l’alterata produzione di ergosterolo, sembra siano i principali meccanismi attraverso cui questa specie si dimostra, nella maggior parte dei casi, non sensibile all’attività degli azoli (4). L’olio essenziale di pino sorprendentemente mostra, per i lieviti, un’attività inibente più elevata rispetto ai chiodi di garofano e al timo; i suoi maggiori componenti sono idrocarburi terpenici che, come molti studi hanno già dimostrato, possiedono elevate capacità antimicrobiche, non solo nei confronti dei miceti, ma anche verso batteri e virus, dimostrandosi una delle classi di composti di origine vegetale più attiva in questo senso. Non sorprende il fatto che gli oli di timo e chiodi di garofano presentino una elevata inibizione della crescita fungina dato che i loro componenti principali sono fenoli, quali timolo, carvacrolo, eugenolo, composti caratterizzati da elevata bioattività. I saggi effettuati su alcuni componenti come il timolo, il carvacrolo e l’eugenolo hanno fornito risultati incoraggianti, anche se con valori di MIC più elevati rispetto all’olio in toto. Per quanto riguarda la MFC dopo 48 ore, per alcuni miceti i valori sono risultati uguali alla MIC, indicando un’azione fungicida, mentre per altri al massimo superiori di 1-2 diluizioni, indicando un’azione fungistatica dei diversi oli saggiati. Non sono stati ancora studiati nel dettaglio i siti specifici in cui agiscono i componenti degli oli essenziali, né i loro meccanismi di azione. Tuttavia, considerato l’alto numero di composti chimici presenti negli oli essenziali è presumibile che la loro attività antimicrobica non sia attribuibile ad uno specifico meccanismo, ma piuttosto ad una serie di azioni che si combinano e si amplificano per effetto di molecole che agiscono in sinergia. Sarebbe, quindi, un errore pensare che le molecole presenti negli oli essenziali agiscano meglio singolarmente, a seconda della classe chimica di appartenenza, e quindi isolarli per uso terapeutico. La natura ci offre un insieme di composti che agiscono in modo ottimale quando siano rispettati i sottili equilibri sinergici della pianta, un’arma in più capace di combattere infezioni resistenti ai comuni chemioterapici e antifungini. In considerazione dei risultati ottenuti, gli oli essenziali sembrano possedere un potenziale applicativo promettente nei confronti di numerosi miceti. Anche se molti oli vengono già usati empiricamente in campo medico e veterinario per la cura di numerose patologie infettive, soprattutto batteriche e virali e, più raramente, fungine, l’utilizzo terapeutico degli oli necessita di ulteriori studi per confermare e approfondire i dati finora ottenuti, per valutarne il meccanismo d’azione e i parametri di farmacocinetica e farmacodinamica. È perciò auspicabile che le varie ricerche sperimentali e cliniche continuino, al fine di migliorare le indicazioni, le modalità e i limiti di questo tipo di terapia.

Microbiologia degli oli essenziali nelle infezioni fungine

TULLIO, Viviana Cristina;SCALAS, Daniela;MANDRAS, Narcisa
2015-01-01

Abstract

Le infezioni fungine rappresentano un problema assai diffuso in ogni parte del mondo e la loro incidenza continua ad aumentare. Sono classificate, dal punto di vista clinico, in base alla patologia provocata, in: micosi superficiali che sono per lo più asintomatiche e dovute alla colonizzazione della superficie della pelle e dei capelli; in alcuni casi, originano dalla proliferazione di lieviti normalmente residenti (Malassezia furfur, Trichosporon spp.); micosi cutanee che coinvolgono gli strati cornei della cute e gli annessi cutanei: comprendono le dermatofizie (da dermatofiti) e le dermatomicosi (da lieviti e altri funghi filamentosi non dermatofiti); micosi subcutanee dovute ad un impianto traumatico dei funghi nei tessuti sottocutanei (es. cromoblastomicosi, micetomi); micosi profonde dovute a funghi filamentosi e lieviti che per via ematica possono disseminare e coinvolgere gli organi interni (1). Tra le diverse infezioni fungine, le micosi superficiali e cutanee costituiscono un gruppo di affezioni in continua e allarmante crescita come numero e come causa di morbilità. Anche se queste infezioni non rappresentano delle patologie gravi che mettono in pericolo la vita del paziente, sono pur sempre infezioni fastidiose che possono cronicizzare e diffondere tra gli individui immunocompetenti della popolazione, peggiorandone la qualità della vita anche dal punto di vista psicologico. Nelle micosi superficiali l’individuo infettato sviluppa una scarsa, o nulla, risposta immunitaria e il danno che ne riceve è prevalentemente di natura estetica. Gli agenti eziologici sono per lo più ubiquitari, per alcuni (Hortaea werneckii, Piedraia hortae) l’habitat naturale è il suolo, altri (Malassezia spp., Trichosporon cutaneum) si ritrovano generalmente come saprofiti facendo parte dell’abituale microbiota cutaneo umano. Nelle micosi cutanee la presenza dei funghi e dei loro prodotti metabolici è irritante e stimola le difese immunitarie dell’organismo responsabili della reazione infiammatoria e dei successivi sintomi. Le micosi cutanee provocate da miceti cheratinofili come i dermatofiti vengono definite dermatofizie per indicare che gli agenti eziologici sono miceti che utilizzano la cheratina come fonte principale di nutrimento. I principali dermatofiti delle nostre regioni sono Trichophyton rubrum, T. mentagrophytes, Microsporum canis, M. gypseum ed Epidermophyton floccosum. Le micosi cutanee denominate dermatomicosi sono, invece, causate da altri funghi filamentosi non dermatofiti, solitamente saprofiti o patogeni vegetali, quali Fusarium spp., Acremonium spp. e Scopulariopsis spp. Le dermatomicosi possono essere causate anche da lieviti appartenenti al genere Candida, abituali saprofiti o commensali dell’uomo, che diventano patogeni solo quando si realizzano condizioni favorenti. All’interno del genere Candida, il patogeno più diffuso è Candida albicans che può dare manifestazioni acute, subacute, croniche ed episodiche e può interessare la cute, gli annessi cutanei e gli organi interni, provocando nei casi più gravi setticemie e meningiti. Nonostante la disponibilità di numerosi agenti antifungini, la terapia di queste infezioni presenta ancora rilevanti problemi riconducibili sia alla comune struttura eucariotica delle cellule fungine e animali, sia all’efficacia e alla tossicità del farmaco, nonché al più recente possibile sviluppo di ceppi resistenti (2). Nell’ambito dei trattamenti delle dermatofizie, sono largamente usati sia farmaci per uso topico sia per uso sistemico. Nel trattamento delle dermatomicosi ci sono diversi fattori che rendono difficile la guarigione come, ad esempio, la limitata correlazione tra i risultati dei test di sensibilità in vitro ed esito clinico, la difficoltà di fornire una diagnosi precoce e, soprattutto, la resistenza ai più comuni antimicotici. I funghi filamentosi non dermatofiti non rispondono in modo soddisfacente alla maggior parte dei farmaci usati nelle dermatofizie; tuttavia sembra che gli azoli siano i più efficaci, soprattutto quelli di recente impiego, come i triazolici. Per tali ragioni, sarebbe fondamentale, oltre ad una corretta identificazione dell’agente eziologico e a un utilizzo più razionale dei farmaci attivi nei confronti dei ceppi fungini, l’introduzione di nuove molecole di supporto alle terapie note, che siano efficaci nei confronti dei ceppi resistenti, che tengano conto sia delle caratteristiche del micete coinvolto (lievito o filamentoso) che del tipo di patologia da trattare. A questo scopo, nel tentativo di dare il proprio contributo terapeutico, la fitoterapia si è arricchita di un certo numero di prodotti vegetali, quali ad esempio gli oli essenziali che, possedendo molte proprietà farmacologiche, risultano tra i più importanti agenti antimicrobici naturali. I prodotti di origine vegetale potrebbero risultare, così, degli ottimi “farmaci” di supporto a quelli tradizionali, a patto che si ottengano risultati scientifici che confermino l’attività terapeutica ipotizzata. Per questo motivo, oggi, nuove sostanze, di origine vegetale, vengono saggiate in vitro e in vivo per valutarne il possibile utilizzo a livello clinico. In questo senso, risulta importante introdurre dei metodi standardizzati per la valutazione dell’attività dei prodotti naturali. Nella nostra esperienza l’attività antifungina di numerosi oli essenziali (timo rosso, melissa, chiodi di garofano, finocchio, pino, salvia, lavanda, origano, melaleuca, menta, mirto, rosmarino, e altri) e di alcuni dei loro principali costituenti è stata valutata nei confronti di miceti filamentosi, compresi i dermatofiti, e diverse specie di lieviti (Candida spp. e non- Candida spp.), mediante i parametri microbiologici standard, quali la minima concentrazione inibente (Minimum Inhibitory Concentration, MIC) e la minima concentrazione fungicida (Minimum Fungicidal Concentration, MFC). Anche se ad oggi non esistono metodiche standardizzate e convalidate dalla comunità scientifica per valutare l’attività antifungina degli oli essenziali, essa è stata determinata utilizzando il metodo della microdiluizione scalare in brodo, secondo le specifiche proposte dal CLSI e modificato per alcuni funghi (3). Come MIC si è definita la più bassa concentrazione di olio in grado di inibire visivamente la crescita fungina a 33°C per 24-48 ore per i lieviti e dopo 3 e 7 giorni di incubazione a 30°C per i funghi filamentosi, mentre come MFC è stata definita la minima concentrazione in grado di impedire completamente la crescita fungina dopo 3 giorni a 30°C. I risultati ottenuti mostrano un’attività inibente degli oli essenziali variabile in relazione alla specie fungina (lievito o muffa). Pur osservando scarsa attività nei confronti di S.brevicaulis e degli zigomiceti (Mucor e Rhizopus), i dati ottenuti evidenziano una reale efficacia degli oli saggiati e, in particolare, per alcuni di essi, di inibire la crescita dei miceti, sia filamentosi che lieviti, già a basse concentrazioni (Figure 1, 2). È il caso questo degli oli essenziali di timo, di pino, di origano e di chiodi di garofano, che hanno dimostrato di essere i più efficaci, mostrando valori di MIC in alcuni casi anche molto bassi, soprattutto verso i ceppi di dermatofiti, F. oxysporum (Figura 1) e C. glabrata (Figura 2). Il riscontro di questi dati è di grandissima importanza alla luce delle evidenti resistenze che molti ceppi di C. glabrata stanno dimostrando nei confronti delle terapie tradizionali con azoli. Le pompe di efflusso e l’alterata produzione di ergosterolo, sembra siano i principali meccanismi attraverso cui questa specie si dimostra, nella maggior parte dei casi, non sensibile all’attività degli azoli (4). L’olio essenziale di pino sorprendentemente mostra, per i lieviti, un’attività inibente più elevata rispetto ai chiodi di garofano e al timo; i suoi maggiori componenti sono idrocarburi terpenici che, come molti studi hanno già dimostrato, possiedono elevate capacità antimicrobiche, non solo nei confronti dei miceti, ma anche verso batteri e virus, dimostrandosi una delle classi di composti di origine vegetale più attiva in questo senso. Non sorprende il fatto che gli oli di timo e chiodi di garofano presentino una elevata inibizione della crescita fungina dato che i loro componenti principali sono fenoli, quali timolo, carvacrolo, eugenolo, composti caratterizzati da elevata bioattività. I saggi effettuati su alcuni componenti come il timolo, il carvacrolo e l’eugenolo hanno fornito risultati incoraggianti, anche se con valori di MIC più elevati rispetto all’olio in toto. Per quanto riguarda la MFC dopo 48 ore, per alcuni miceti i valori sono risultati uguali alla MIC, indicando un’azione fungicida, mentre per altri al massimo superiori di 1-2 diluizioni, indicando un’azione fungistatica dei diversi oli saggiati. Non sono stati ancora studiati nel dettaglio i siti specifici in cui agiscono i componenti degli oli essenziali, né i loro meccanismi di azione. Tuttavia, considerato l’alto numero di composti chimici presenti negli oli essenziali è presumibile che la loro attività antimicrobica non sia attribuibile ad uno specifico meccanismo, ma piuttosto ad una serie di azioni che si combinano e si amplificano per effetto di molecole che agiscono in sinergia. Sarebbe, quindi, un errore pensare che le molecole presenti negli oli essenziali agiscano meglio singolarmente, a seconda della classe chimica di appartenenza, e quindi isolarli per uso terapeutico. La natura ci offre un insieme di composti che agiscono in modo ottimale quando siano rispettati i sottili equilibri sinergici della pianta, un’arma in più capace di combattere infezioni resistenti ai comuni chemioterapici e antifungini. In considerazione dei risultati ottenuti, gli oli essenziali sembrano possedere un potenziale applicativo promettente nei confronti di numerosi miceti. Anche se molti oli vengono già usati empiricamente in campo medico e veterinario per la cura di numerose patologie infettive, soprattutto batteriche e virali e, più raramente, fungine, l’utilizzo terapeutico degli oli necessita di ulteriori studi per confermare e approfondire i dati finora ottenuti, per valutarne il meccanismo d’azione e i parametri di farmacocinetica e farmacodinamica. È perciò auspicabile che le varie ricerche sperimentali e cliniche continuino, al fine di migliorare le indicazioni, le modalità e i limiti di questo tipo di terapia.
2015
Oli essenziali per la salute dell'uomo e la salvaguardia dell'ambiente
Istituto Superiore di sanità
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