Uno dei capisaldi dell’attività agricola del Piemonte è costituito da tempo dalla melicoltura che caratterizza i paesaggi di molte zone della Regione. Fino alla metà del Novecento la piattaforma varietale del melo risultava particolarmente ampia e ricca di entità di pregio, ma a partire dagli anni Sessanta, con l’avvento della frutticoltura specializzata, le numerose cultivar autoctone sono state gradualmente sostituite da quelle commerciali e il panorama varietale piemontese, come del resto quello nazionale, ha subito un forte ridimensionamento. Proprio per evitare la perdita di questo prezioso germoplasma negli anni seguenti è iniziata un’opera di reperimento, descrizione e tutela delle risorse genetiche e la successiva salvaguardia ex situ in campi collezione, arricchitisi nel corso degli anni di nuove accessioni. Il problema della perdita della variabilità genetica, è sentito, com’è noto, non soltanto a livello locale ma, fortunatamente la consapevolezza della gravità della perdita delle risorse genetiche è ormai acquisito a livello internazionale. Infatti, l'impoverimento ed il restringimento della base genetica dei viventi ha assunto negli anni dimensione planetaria e del problema hanno preso lentamente coscienza governi ed organismi internazionali. A partire dagli anni '70 del Novecento la comunità scientifica iniziò ad interessarsi delle risorse genetiche mondiali e, con la dichiarazione di Stoccolma del 1972, l'ONU presentò una risoluzione per la costituzione di banche per la raccolta e la salvaguardia del materiale genetico delle specie animali e vegetali. Successivamente, la Convenzione sulla diversità biologica, sottoscritta a Rio de Janeiro nel 1992 da 153 Paesi, sancì l'importanza della conservazione del patrimonio biologico della Terra riconoscendone il valore, espresso sinteticamente con il termine biodiversità. Le ragioni di essere, le finalità della conservazione della variabilità genetica sono molteplici. Oltre al valore produttivo immediato dei genotipi e al valore etico dell'esistenza dei viventi, la diversità genetica è un prezioso serbatoio di geni da utilizzare nei programmi di miglioramento genetico. In questo quadro si inserisce la presente monografia, volta a descrivere un patrimonio di inestimabile valore quale è il germoplasma del melo in Piemonte. Il lavoro che presentiamo, riprendendo nelle linee essenziali l'impianto scientifico e la metodologia di lavoro concordata a livello internazionale, si propone di offrire uno studio del germoplasma del melo presente in Piemonte, la cui variabilità genetica è conservata presso i campi collezione del Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Torino e della Scuola Malva Arnaldi di Bibiana (TO). Le 128 schede pomologiche della monografia sono il frutto di numerosi anni di lavoro, di ricerche bibliografiche, interviste a frutticoltori e tecnici, osservazioni di campo ed analisi di laboratorio, inclusa la valutazione delle caratteristiche nutraceutiche delle cultivar più significative. La ricerca, finanziata dall’Assessorato Agricoltura della Regione Piemonte, ha permesso di studiare, qualificare e valorizzare il germoplasma locale quale espressione dell’interazione tra risorse genetiche e territorio. La Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di Torino ha finanziato una borsa di studio che ha permesso di integrare i risultati della ricerca con ulteriori informazioni sul valore nutrizionale dei frutti delle antiche varietà. Auspichiamo che il lavoro possa essere un valido strumento a disposizione non solo degli studiosi ma anche degli operatori che intendono proporre ai consumatori frutti con sapori, profumi e peculiarità biologiche (ad esempio l’elevata capacità antiossidante) e produttive. Ben lungi dal ritenere che il germoplasma autoctono possa avere una diffusione competitiva con le altre varietà coltivate intensivamente, a livello locale le cultivar antiche hanno buone possibilità di sviluppo e interessanti prospettive di integrazione di reddito, se inserite in comparti economici particolari, con il recupero di usi tradizionali e l’individuazione di prodotti innovativi. Infatti, riunendo molte tipicità, è possibile fare massa critica: sono ormai numerosi in diversi contesti gli “itinerari della biodiversità” e le “associazioni produttori della frutta antica” che propongono ai consumatori queste varietà. La salvaguardia attiva della biodiversità, che consiste nella sua utilizzazione economica e paesaggistica , mettendone in luce peculiarità e qualità dei raccolti, può far sì che le vecchie cultivar di melo tornino a caratterizzare il tessuto della frutticoltura di aziende situate in zone particolari, specialmente di collina e bassa montagna, consentendone la sopravvivenza.
Antiche cultivar di melo in Piemonte
BOUNOUS, Giancarlo;BECCARO, GABRIELE LORIS;MELLANO, Maria Gabriella
2006-01-01
Abstract
Uno dei capisaldi dell’attività agricola del Piemonte è costituito da tempo dalla melicoltura che caratterizza i paesaggi di molte zone della Regione. Fino alla metà del Novecento la piattaforma varietale del melo risultava particolarmente ampia e ricca di entità di pregio, ma a partire dagli anni Sessanta, con l’avvento della frutticoltura specializzata, le numerose cultivar autoctone sono state gradualmente sostituite da quelle commerciali e il panorama varietale piemontese, come del resto quello nazionale, ha subito un forte ridimensionamento. Proprio per evitare la perdita di questo prezioso germoplasma negli anni seguenti è iniziata un’opera di reperimento, descrizione e tutela delle risorse genetiche e la successiva salvaguardia ex situ in campi collezione, arricchitisi nel corso degli anni di nuove accessioni. Il problema della perdita della variabilità genetica, è sentito, com’è noto, non soltanto a livello locale ma, fortunatamente la consapevolezza della gravità della perdita delle risorse genetiche è ormai acquisito a livello internazionale. Infatti, l'impoverimento ed il restringimento della base genetica dei viventi ha assunto negli anni dimensione planetaria e del problema hanno preso lentamente coscienza governi ed organismi internazionali. A partire dagli anni '70 del Novecento la comunità scientifica iniziò ad interessarsi delle risorse genetiche mondiali e, con la dichiarazione di Stoccolma del 1972, l'ONU presentò una risoluzione per la costituzione di banche per la raccolta e la salvaguardia del materiale genetico delle specie animali e vegetali. Successivamente, la Convenzione sulla diversità biologica, sottoscritta a Rio de Janeiro nel 1992 da 153 Paesi, sancì l'importanza della conservazione del patrimonio biologico della Terra riconoscendone il valore, espresso sinteticamente con il termine biodiversità. Le ragioni di essere, le finalità della conservazione della variabilità genetica sono molteplici. Oltre al valore produttivo immediato dei genotipi e al valore etico dell'esistenza dei viventi, la diversità genetica è un prezioso serbatoio di geni da utilizzare nei programmi di miglioramento genetico. In questo quadro si inserisce la presente monografia, volta a descrivere un patrimonio di inestimabile valore quale è il germoplasma del melo in Piemonte. Il lavoro che presentiamo, riprendendo nelle linee essenziali l'impianto scientifico e la metodologia di lavoro concordata a livello internazionale, si propone di offrire uno studio del germoplasma del melo presente in Piemonte, la cui variabilità genetica è conservata presso i campi collezione del Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Torino e della Scuola Malva Arnaldi di Bibiana (TO). Le 128 schede pomologiche della monografia sono il frutto di numerosi anni di lavoro, di ricerche bibliografiche, interviste a frutticoltori e tecnici, osservazioni di campo ed analisi di laboratorio, inclusa la valutazione delle caratteristiche nutraceutiche delle cultivar più significative. La ricerca, finanziata dall’Assessorato Agricoltura della Regione Piemonte, ha permesso di studiare, qualificare e valorizzare il germoplasma locale quale espressione dell’interazione tra risorse genetiche e territorio. La Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di Torino ha finanziato una borsa di studio che ha permesso di integrare i risultati della ricerca con ulteriori informazioni sul valore nutrizionale dei frutti delle antiche varietà. Auspichiamo che il lavoro possa essere un valido strumento a disposizione non solo degli studiosi ma anche degli operatori che intendono proporre ai consumatori frutti con sapori, profumi e peculiarità biologiche (ad esempio l’elevata capacità antiossidante) e produttive. Ben lungi dal ritenere che il germoplasma autoctono possa avere una diffusione competitiva con le altre varietà coltivate intensivamente, a livello locale le cultivar antiche hanno buone possibilità di sviluppo e interessanti prospettive di integrazione di reddito, se inserite in comparti economici particolari, con il recupero di usi tradizionali e l’individuazione di prodotti innovativi. Infatti, riunendo molte tipicità, è possibile fare massa critica: sono ormai numerosi in diversi contesti gli “itinerari della biodiversità” e le “associazioni produttori della frutta antica” che propongono ai consumatori queste varietà. La salvaguardia attiva della biodiversità, che consiste nella sua utilizzazione economica e paesaggistica , mettendone in luce peculiarità e qualità dei raccolti, può far sì che le vecchie cultivar di melo tornino a caratterizzare il tessuto della frutticoltura di aziende situate in zone particolari, specialmente di collina e bassa montagna, consentendone la sopravvivenza.File | Dimensione | Formato | |
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