Con “Dall’opaco”, testo del 1971 inserito successivamente nella raccolta “La strada di San Giovanni”, Italo Calvino realizza uno dei suoi scritti più significativi nella rappresentazione di quella “forma del mondo” che coinvolge la sua intera opera letteraria. Testo particolare per il suo intento autobiografico, “Dall’opaco” è la descrizione di uno spazio - quello presumibilmente della Riviera ligure di Ponente, dove l’autore è cresciuto e che ha plasmato il suo immaginario – che si basa su una struttura geometrica incentrata sulla fondamentale opposizione dialettica tra l’aprico – la zona soleggiata – e l’opaco – quella in ombra. Spazio naturale e “autentico”, ancor più perché così intensamente legato alla biografia dell’autore, questo “luogo geometrico dell’io” – come lo definisce lo stesso soggetto dell’enunciazione all’interno del testo - si rivela però anche uno spazio simbolico, scaturito da una rappresentazione discorsiva che, oltre a essere costruzione letteraria che si dipana da un presupposto “reale”, è anche veicolata da un soggetto enunciatore e da un osservatore responsabili degli effetti di senso. La geografia di questa natura calviniana, che alterna verticalità a orizzontalità, montagna a mare, est a ovest, città e campagna non è solo la descrizione di un paesaggio, mero referente del reale e del vissuto autoriale, ma una sorta di forma da conferire al mondo, una mappatura all’interno della quale considerare la realtà. Ed è l’occhio dell’osservatore, che si presuppone essere Calvino stesso, a ricostruire nel discorso letterario questa struttura geometrica del paesaggio, visione del mondo che apre alla conoscenza e dunque al giudizio sanzionatorio sul reale stesso. Il paesaggio in questo testo costruisce così una rappresentazione orientata da una visione collocata in quello stesso spazio discorsivo e geografico, una com-prensione sensibile da parte del soggetto dell’enunciazione, il cui statuto di autenticità rispetto alla natura rappresentata vuole essere l’oggetto di indagine di questo lavoro. Al contempo, il sostrato biografico del testo, che vede miscelati da una parte la descrizione di un paesaggio vero, dunque autentico, con una costruzione spaziale di natura semiotica il cui scopo è quello di interpretare il mondo, condurrà a una riflessione sulle modalità con cui, nell’opera di Calvino, il territorio ligure, con la sua struttura geometrica definita, ritorna più volte. Rappresentazione a caratteri quasi pittorici o cinematografici per la precisa collocazione delle prospettive e dei punti di vista, ma anche costruzione simbolica frutto di un soggetto della visione, sulla cui identità sarà opportuno interrogarsi, il paesaggio naturale di questo testo rivela un’interessante opacità da cui lo stesso autore dichiara di scrivere per ricostruire “la mappa d’un aprico che è solo un inverificabile assioma per i calcoli della memoria, il luogo […] di un me stesso di cui il me stesso ha bisogno per sapersi me stesso, l’io che serve solo perché il mondo riceva continuamente notizie dell'esistenza del mondo, un congegno di cui il mondo dispone per sapere se c’è”.

“Il luogo geometrico dell’io”. Autenticità, enunciazione e spazialità in Dall’opaco di Italo Calvino

CHIAPPORI, ALESSANDRA
2015-01-01

Abstract

Con “Dall’opaco”, testo del 1971 inserito successivamente nella raccolta “La strada di San Giovanni”, Italo Calvino realizza uno dei suoi scritti più significativi nella rappresentazione di quella “forma del mondo” che coinvolge la sua intera opera letteraria. Testo particolare per il suo intento autobiografico, “Dall’opaco” è la descrizione di uno spazio - quello presumibilmente della Riviera ligure di Ponente, dove l’autore è cresciuto e che ha plasmato il suo immaginario – che si basa su una struttura geometrica incentrata sulla fondamentale opposizione dialettica tra l’aprico – la zona soleggiata – e l’opaco – quella in ombra. Spazio naturale e “autentico”, ancor più perché così intensamente legato alla biografia dell’autore, questo “luogo geometrico dell’io” – come lo definisce lo stesso soggetto dell’enunciazione all’interno del testo - si rivela però anche uno spazio simbolico, scaturito da una rappresentazione discorsiva che, oltre a essere costruzione letteraria che si dipana da un presupposto “reale”, è anche veicolata da un soggetto enunciatore e da un osservatore responsabili degli effetti di senso. La geografia di questa natura calviniana, che alterna verticalità a orizzontalità, montagna a mare, est a ovest, città e campagna non è solo la descrizione di un paesaggio, mero referente del reale e del vissuto autoriale, ma una sorta di forma da conferire al mondo, una mappatura all’interno della quale considerare la realtà. Ed è l’occhio dell’osservatore, che si presuppone essere Calvino stesso, a ricostruire nel discorso letterario questa struttura geometrica del paesaggio, visione del mondo che apre alla conoscenza e dunque al giudizio sanzionatorio sul reale stesso. Il paesaggio in questo testo costruisce così una rappresentazione orientata da una visione collocata in quello stesso spazio discorsivo e geografico, una com-prensione sensibile da parte del soggetto dell’enunciazione, il cui statuto di autenticità rispetto alla natura rappresentata vuole essere l’oggetto di indagine di questo lavoro. Al contempo, il sostrato biografico del testo, che vede miscelati da una parte la descrizione di un paesaggio vero, dunque autentico, con una costruzione spaziale di natura semiotica il cui scopo è quello di interpretare il mondo, condurrà a una riflessione sulle modalità con cui, nell’opera di Calvino, il territorio ligure, con la sua struttura geometrica definita, ritorna più volte. Rappresentazione a caratteri quasi pittorici o cinematografici per la precisa collocazione delle prospettive e dei punti di vista, ma anche costruzione simbolica frutto di un soggetto della visione, sulla cui identità sarà opportuno interrogarsi, il paesaggio naturale di questo testo rivela un’interessante opacità da cui lo stesso autore dichiara di scrivere per ricostruire “la mappa d’un aprico che è solo un inverificabile assioma per i calcoli della memoria, il luogo […] di un me stesso di cui il me stesso ha bisogno per sapersi me stesso, l’io che serve solo perché il mondo riceva continuamente notizie dell'esistenza del mondo, un congegno di cui il mondo dispone per sapere se c’è”.
2015
Dire la natura
Aracne
I saggi di Lexia
17
383
391
978-88-548-8662-9
Italo Calvino, enunciazione, autenticità, paesaggio, visione
Chiappori, Alessandra
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