In una produzione come quella di Ceronetti, che svaria dalla lirica all'aforisma all'articolo giornalistico, mantenendosi fedele alla concentrazione della forme brevi, spiccano due romanzi che si collocano agli estremi del percorso creativo dell'autore: "In un amore felice", del 2011, e "Aquilegia", uscito quasi quarant'anni prima, nel 1973, e successivamente rivisto e riproposto nel 1988. Due titoli non sono forse sufficienti a fare di Ceronetti un romanziere, ma certo incrinano la superficie liscia del rifiuto che lo scrittore ha sempre opposto al genere elettivo della modernità. E possono essere un buon punto di partenza anche per riconsiderare il suo rapporto con la modernità tout court. Il saggio indaga appunto la concezione e la pratica ceronettiane della forma romanzo, mettendone in rilievo i tratti più moderni, o meglio modernisti, quando non addirittura avanguardistici, se è vero, come l'autore stesso afferma, che dietro "Aquilegia" ci sono l’"anarchia mentale dei surrealisti" e la lezione di "Buñuel, Ernst, Artaud". È in questa genealogia, dove figurano anche Kafka e Céline, che va collocato il Ceronetti romanziere; ossia nell'orizzonte di un ripensamento radicale della funzione fabulatrice, che scarta il canone della verosimiglianza per risalire la filogenesi del romanzo, procedendo dal sogno alla fiaba, e dalla fiaba al mito.
Da «Aquilegia» a «In un amore felice». Ipotesi su Ceronetti romanziere
MANETTI, Beatrice
2015-01-01
Abstract
In una produzione come quella di Ceronetti, che svaria dalla lirica all'aforisma all'articolo giornalistico, mantenendosi fedele alla concentrazione della forme brevi, spiccano due romanzi che si collocano agli estremi del percorso creativo dell'autore: "In un amore felice", del 2011, e "Aquilegia", uscito quasi quarant'anni prima, nel 1973, e successivamente rivisto e riproposto nel 1988. Due titoli non sono forse sufficienti a fare di Ceronetti un romanziere, ma certo incrinano la superficie liscia del rifiuto che lo scrittore ha sempre opposto al genere elettivo della modernità. E possono essere un buon punto di partenza anche per riconsiderare il suo rapporto con la modernità tout court. Il saggio indaga appunto la concezione e la pratica ceronettiane della forma romanzo, mettendone in rilievo i tratti più moderni, o meglio modernisti, quando non addirittura avanguardistici, se è vero, come l'autore stesso afferma, che dietro "Aquilegia" ci sono l’"anarchia mentale dei surrealisti" e la lezione di "Buñuel, Ernst, Artaud". È in questa genealogia, dove figurano anche Kafka e Céline, che va collocato il Ceronetti romanziere; ossia nell'orizzonte di un ripensamento radicale della funzione fabulatrice, che scarta il canone della verosimiglianza per risalire la filogenesi del romanzo, procedendo dal sogno alla fiaba, e dalla fiaba al mito.File | Dimensione | Formato | |
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