Gli uditori di una conferenza tenuta da un estetologo si aspettano, in fondo, di sentire rispondere a un’unica domanda: “che cos’è l’arte?”. E con buone ragioni. Tuttavia, per rispondere a questo interrogativo, l’estetica ha bisogno di un’altra disciplina, più fondamentale: l’ontologia. Sapere che cos’è esattamente l’arte, quale tipo di oggetti siano le opere d’arte, potrebbe, inoltre, servire a dirimere una miriade di questioni pratiche, se non quotidiane, cui non sempre il senso comune riesce a rispondere. E’ senz’altro vero che, come afferma Kosuth, “qualunque analfabeta cretino (ricco o meno) sa che i quadri sono arte, che sono un grosso investimento, che fanno scena sopra il divano”, però non sempre (anzi, quasi mai) le cose sono così semplici. Anche persone non incolte hanno talvolta difficoltà a capire che cosa ci sia da vedere in un museo che non contenga “semplici” quadri, o che cosa ci abbia emozionato ascoltando una sinfonia. Nella tradizione analitica, in cui dominano simili interrogativi, pare tuttavia più opportuno parlare di ontologie dell’arte. In tale tradizione, infatti, i tentativi di rispondervi hanno generato almeno due direttrici di sviluppo. La prima consiste nel cercare soluzioni a problemi metafisici riguardanti in modo circoscritto le pratiche, gli oggetti e gli eventi qualificati come artistici. Nei lavori intitolati alla “ontologia dell’arte” ci si chiede perciò se le opere d’arte abbiano natura fisica o mentale, astratta o concreta, singolare o molteplice, se per esse si debba parlare di creazione o di scoperta… In breve, si tratta di un’ontologia delle opere d’arte. L’altra direttrice principale delle indagini metafisiche svolte dall’estetica analitica si sviluppa, invece, sotto il titolo del problema della “definizione dell’arte”, intendendo quest’ultima come un’entità generica, ovvero sovraordinata rispetto alle sue realizzazioni nelle diverse forme artistiche e nelle opere particolari. Dunque, la differenza tra le etichette di “ontologia dell’arte” e di “definizione dell’arte”, ormai consolidata, vale a evidenziare la differenza tra due problematiche ontologiche situate a livelli diversi: un conto è domandarsi, ad esempio, se Verklärte Nacht vada individuata in un’escogitazione di Schönberg, o in uno spartito, o nella serie delle sue singole esecuzioni, o in altro ancora; altro conto è chiedersi perché un oggetto come Verklärte Nacht vada qualificato, o meno, come un’opera d’arte.

Ontologie analitiche dell'arte

KOBAU, Pietro
2005-01-01

Abstract

Gli uditori di una conferenza tenuta da un estetologo si aspettano, in fondo, di sentire rispondere a un’unica domanda: “che cos’è l’arte?”. E con buone ragioni. Tuttavia, per rispondere a questo interrogativo, l’estetica ha bisogno di un’altra disciplina, più fondamentale: l’ontologia. Sapere che cos’è esattamente l’arte, quale tipo di oggetti siano le opere d’arte, potrebbe, inoltre, servire a dirimere una miriade di questioni pratiche, se non quotidiane, cui non sempre il senso comune riesce a rispondere. E’ senz’altro vero che, come afferma Kosuth, “qualunque analfabeta cretino (ricco o meno) sa che i quadri sono arte, che sono un grosso investimento, che fanno scena sopra il divano”, però non sempre (anzi, quasi mai) le cose sono così semplici. Anche persone non incolte hanno talvolta difficoltà a capire che cosa ci sia da vedere in un museo che non contenga “semplici” quadri, o che cosa ci abbia emozionato ascoltando una sinfonia. Nella tradizione analitica, in cui dominano simili interrogativi, pare tuttavia più opportuno parlare di ontologie dell’arte. In tale tradizione, infatti, i tentativi di rispondervi hanno generato almeno due direttrici di sviluppo. La prima consiste nel cercare soluzioni a problemi metafisici riguardanti in modo circoscritto le pratiche, gli oggetti e gli eventi qualificati come artistici. Nei lavori intitolati alla “ontologia dell’arte” ci si chiede perciò se le opere d’arte abbiano natura fisica o mentale, astratta o concreta, singolare o molteplice, se per esse si debba parlare di creazione o di scoperta… In breve, si tratta di un’ontologia delle opere d’arte. L’altra direttrice principale delle indagini metafisiche svolte dall’estetica analitica si sviluppa, invece, sotto il titolo del problema della “definizione dell’arte”, intendendo quest’ultima come un’entità generica, ovvero sovraordinata rispetto alle sue realizzazioni nelle diverse forme artistiche e nelle opere particolari. Dunque, la differenza tra le etichette di “ontologia dell’arte” e di “definizione dell’arte”, ormai consolidata, vale a evidenziare la differenza tra due problematiche ontologiche situate a livelli diversi: un conto è domandarsi, ad esempio, se Verklärte Nacht vada individuata in un’escogitazione di Schönberg, o in uno spartito, o nella serie delle sue singole esecuzioni, o in altro ancora; altro conto è chiedersi perché un oggetto come Verklärte Nacht vada qualificato, o meno, come un’opera d’arte.
2005
AlboVersorio
1
240
8889130105
P. KOBAU
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