Negli anni Settanta esplode in Italia, quasi all’improvviso, l’interesse per la storia delle prospettive europee sul “Nuovo Mondo”. Il dibattito accademico – che sembra sorgere dal nulla, ma che incarna in realtà (quasi all’insaputa dei partecipanti) la tensione teorica tra antropologia e marxismo, o tra “tradizione” e “sviluppo”, connessa alle lotte anticoloniali in Africa e Asia – si concentra sul tema dei “selvaggi” ameridiani, descritti e pensati da parte europea tra i primi del ‘500 e l’800 inoltrato. Svela intuizioni teoriche e resistenze disciplinari, errori, curiosità e paure; ma mostra al contempo doppi fini coloniali, genocidi orchestrati in piena consapevolezza, e un’imbarazzante remissività della filosofia di fronte al nascente capitalismo di rapina. Di quella stagione due opere restano oggi all’avanguardia: I filosofi e i selvaggi di Sergio Landucci e l’Adamo e il Nuovo Mondo di Giuliano Gliozzi (cui si affianca, eccentrica, La disputa del Nuovo Mondo di Antonello Gerbi). Due capolavori in profondo dialogo critico fra loro: testardamente divergenti eppure, al contempo, parti di un dittico che assume senso pieno solo se letto nel suo insieme. La ripubblicazione oggi, quarant’anni dopo, dei Filosofi e i selvaggi di Landucci – cui l’autore rimette mano in modo sostanziale, scrivendo inoltre una preziosa Premessa – è l’occasione per tornare a riflettere su quel dibattito. La cui posta in gioco – oggi è ormai chiarissimo – era non solo il passato europeo, ma soprattutto il futuro: ovvero l’idea stessa di “tempo”, se inteso come retta orientata e progressiva da cui sia impossibile o assurdo deviare.

Orge d'ottimismo per civilizzati. Landucci, Gliozzi, Gerbi: la cultura europea e i nativi americani

GALLINO, FRANCESCO
2014-01-01

Abstract

Negli anni Settanta esplode in Italia, quasi all’improvviso, l’interesse per la storia delle prospettive europee sul “Nuovo Mondo”. Il dibattito accademico – che sembra sorgere dal nulla, ma che incarna in realtà (quasi all’insaputa dei partecipanti) la tensione teorica tra antropologia e marxismo, o tra “tradizione” e “sviluppo”, connessa alle lotte anticoloniali in Africa e Asia – si concentra sul tema dei “selvaggi” ameridiani, descritti e pensati da parte europea tra i primi del ‘500 e l’800 inoltrato. Svela intuizioni teoriche e resistenze disciplinari, errori, curiosità e paure; ma mostra al contempo doppi fini coloniali, genocidi orchestrati in piena consapevolezza, e un’imbarazzante remissività della filosofia di fronte al nascente capitalismo di rapina. Di quella stagione due opere restano oggi all’avanguardia: I filosofi e i selvaggi di Sergio Landucci e l’Adamo e il Nuovo Mondo di Giuliano Gliozzi (cui si affianca, eccentrica, La disputa del Nuovo Mondo di Antonello Gerbi). Due capolavori in profondo dialogo critico fra loro: testardamente divergenti eppure, al contempo, parti di un dittico che assume senso pieno solo se letto nel suo insieme. La ripubblicazione oggi, quarant’anni dopo, dei Filosofi e i selvaggi di Landucci – cui l’autore rimette mano in modo sostanziale, scrivendo inoltre una preziosa Premessa – è l’occasione per tornare a riflettere su quel dibattito. La cui posta in gioco – oggi è ormai chiarissimo – era non solo il passato europeo, ma soprattutto il futuro: ovvero l’idea stessa di “tempo”, se inteso come retta orientata e progressiva da cui sia impossibile o assurdo deviare.
2014
12
12
Nuovo Mondo; buon selvaggio; storia delle idee
F. Gallino
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