Nella tradizione letteraria (grammaticale, filosofica, poetica) indiana la forma breve ha suscitato grande interesse, e si è concretata in diverse tipologie. Anzitutto possiamo ricordare la forma dell’aforisma (sutra), che, nato forse in àmbito grammaticale, ha informato di sé tutta la produzione a carattere scientifico, contrapponendosi alla “forma lunga” del trattato (sastra), con la pratica del commento nelle sue varie subtipologie (bhasya, vrtti, varttika, tika) a fare in un certo modo da mediazione tra i due estremi. La seconda tipologia di forma breve da prendere in considerazione è il “bel detto” (subhasita), che dà vita a una produzione ricchissima che si propone di rendere in compendio (samasa) ciò che nella trattatistica è articolato per esteso (vistara). Non si dovrebbe trascurare neppure la tipologia del poema ornato breve (laghukavya), che ha come sua estrema realizzazione il poema in una sola strofe (strofe sciolta, muktaka). Ogni tipo di forma breve poi sta a fondamento della pratica dell’esplicitazione (vyanjana) di ciò che è implicito (lett. esplicitabile, vyangya), che consiste nell’estrarre da un testo il più possibile criptico e stringato ogni sua possibile conseguenza semantica e dottrinale, lasciando la briglia sciolta alla capacità esegetica ed ermeneutica di chi si incarica di esplicitare l’insegnamento di un maestro precedente. Il vertice concettuale della forma breve infine si raggiunge in due àmbiti distinti ma non totalmente separati, la produzione dottrinale jaina (l’Arthalaksi del monaco svetambara Samayasundara) e quella tantrica (l’uso della “sillaba seminale”, bijaksara), con l’insegnamento completo racchiuso rispettivamente in una sola frase e in una sola sillaba.
Ampiezza nella brevità
PELISSERO, Alberto;PELLEGRINI, Gianni
2016-01-01
Abstract
Nella tradizione letteraria (grammaticale, filosofica, poetica) indiana la forma breve ha suscitato grande interesse, e si è concretata in diverse tipologie. Anzitutto possiamo ricordare la forma dell’aforisma (sutra), che, nato forse in àmbito grammaticale, ha informato di sé tutta la produzione a carattere scientifico, contrapponendosi alla “forma lunga” del trattato (sastra), con la pratica del commento nelle sue varie subtipologie (bhasya, vrtti, varttika, tika) a fare in un certo modo da mediazione tra i due estremi. La seconda tipologia di forma breve da prendere in considerazione è il “bel detto” (subhasita), che dà vita a una produzione ricchissima che si propone di rendere in compendio (samasa) ciò che nella trattatistica è articolato per esteso (vistara). Non si dovrebbe trascurare neppure la tipologia del poema ornato breve (laghukavya), che ha come sua estrema realizzazione il poema in una sola strofe (strofe sciolta, muktaka). Ogni tipo di forma breve poi sta a fondamento della pratica dell’esplicitazione (vyanjana) di ciò che è implicito (lett. esplicitabile, vyangya), che consiste nell’estrarre da un testo il più possibile criptico e stringato ogni sua possibile conseguenza semantica e dottrinale, lasciando la briglia sciolta alla capacità esegetica ed ermeneutica di chi si incarica di esplicitare l’insegnamento di un maestro precedente. Il vertice concettuale della forma breve infine si raggiunge in due àmbiti distinti ma non totalmente separati, la produzione dottrinale jaina (l’Arthalaksi del monaco svetambara Samayasundara) e quella tantrica (l’uso della “sillaba seminale”, bijaksara), con l’insegnamento completo racchiuso rispettivamente in una sola frase e in una sola sillaba.File | Dimensione | Formato | |
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