Nel 1864, quasi un terzo dei quotidiani pubblicati in Italia vedeva la luce a Torino, capitale del neonato Regno d’Italia: una fioritura recente, perché per secoli, negli Stati sabaudi, l’informazione, soprattutto politica, era stata tenuta a freno da una censura severa. Il trasferimento della capitale influì anche sul settore pubblicistico, ma nel 1873 le testate quotidiane erano ancora una decina, tre delle quali di notevole diffusione: la “Gazzetta del Popolo” (nata nel 1848), la “Gazzetta di Torino” (1860) e la “Gazzetta Piemontese” (1867; dal 1895 “La Stampa”). Esercitata nella prima metà del secolo da personalità di spicco (dal 1834 al 1849, ad esempio, «estensore in capo» di una “Gazzetta Piemontese” precedente a quella citata fu Felice Romani), soprattutto nella seconda metà la critica musicale trovò nelle pagine dei giornali il luogo di confronto su temi e metodologie che contribuirono a preparare un terreno propizio alla nascita delle prime grandi riviste specialistiche (“Rivista Musicale Italiana”, Torino 1894). Accanto al resoconto quotidiano dell’attività musicale e teatrale (attività che spesso, in virtù della compenetrazione tra politica e arte, trasformava gli eventi artistici in occasioni di celebrazione collettiva, di feste che uscivano dai luoghi deputati e cercavano ribalte diverse), accanto all’attenzione per la produzione dei principali compositori (Verdi e Wagner in primis; poi Massenet e Puccini, di cui il Teatro Regio ospitò in prima assoluta Manon Lescaut, nel 1893, e La Bohème, nel 1896), si discuteva di aspetti esecutivi, di repertorio e recupero dei capolavori del passato, di canto popolare, e si conducevano campagne contro la presunta inferiorità della musica strumentale (Torino, d’altronde, vide nascere nel 1854 una delle prime Società del Quartetto italiane e nel 1872 i Concerti Popolari). Tra i firmatari degli articoli (spesso pubblicati in appendici e supplementi) figurano i nomi di alcune delle menti più lucide del tempo: Francesco D’Arcais, Giuseppe Depanis, Luigi Alberto Villanis.
La critica musicale nei giornali torinesi dell'Ottocento. Una ricognizione
A. Colturato
2017-01-01
Abstract
Nel 1864, quasi un terzo dei quotidiani pubblicati in Italia vedeva la luce a Torino, capitale del neonato Regno d’Italia: una fioritura recente, perché per secoli, negli Stati sabaudi, l’informazione, soprattutto politica, era stata tenuta a freno da una censura severa. Il trasferimento della capitale influì anche sul settore pubblicistico, ma nel 1873 le testate quotidiane erano ancora una decina, tre delle quali di notevole diffusione: la “Gazzetta del Popolo” (nata nel 1848), la “Gazzetta di Torino” (1860) e la “Gazzetta Piemontese” (1867; dal 1895 “La Stampa”). Esercitata nella prima metà del secolo da personalità di spicco (dal 1834 al 1849, ad esempio, «estensore in capo» di una “Gazzetta Piemontese” precedente a quella citata fu Felice Romani), soprattutto nella seconda metà la critica musicale trovò nelle pagine dei giornali il luogo di confronto su temi e metodologie che contribuirono a preparare un terreno propizio alla nascita delle prime grandi riviste specialistiche (“Rivista Musicale Italiana”, Torino 1894). Accanto al resoconto quotidiano dell’attività musicale e teatrale (attività che spesso, in virtù della compenetrazione tra politica e arte, trasformava gli eventi artistici in occasioni di celebrazione collettiva, di feste che uscivano dai luoghi deputati e cercavano ribalte diverse), accanto all’attenzione per la produzione dei principali compositori (Verdi e Wagner in primis; poi Massenet e Puccini, di cui il Teatro Regio ospitò in prima assoluta Manon Lescaut, nel 1893, e La Bohème, nel 1896), si discuteva di aspetti esecutivi, di repertorio e recupero dei capolavori del passato, di canto popolare, e si conducevano campagne contro la presunta inferiorità della musica strumentale (Torino, d’altronde, vide nascere nel 1854 una delle prime Società del Quartetto italiane e nel 1872 i Concerti Popolari). Tra i firmatari degli articoli (spesso pubblicati in appendici e supplementi) figurano i nomi di alcune delle menti più lucide del tempo: Francesco D’Arcais, Giuseppe Depanis, Luigi Alberto Villanis.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.