Che la giurisprudenza costituzionale muti non è sorprendente. Il diritto posto muta; il diritto interpretato muta; e la giurisprudenza, anche quella costituzionale, non può non tenere conto di questi mutamenti. Ciò che, però, caratterizza il mutare del diritto giurisprudenziale rispetto al mutare del diritto legislativo, differenziandolo, è che il secondo risponde a esigenze di opportunità politica; il primo a esigenze di necessità giuridica. Il secondo è espressione della libertà nel decidere; il primo della necessità di decidere. Se il secondo, infatti, pur basato su motivi che sollecitano il cambiamento (intesi come le cause che hanno indotto all’adozione di una scelta legislativa diversa dalla precedente), può non essere accompagnato dalla motivazione (intesa come il percorso argomentativo che giustifica una determinata scelta legislativa), il primo deve trovare fondamento in una struttura argomentativa che ne spieghi (che aiuti a comprendere) il cambiamento. E ciò è ancora più necessario quando il cambiamento giurisprudenziale è radicale. Ne è un esempio la sentenza n. 68 del 2021, con la quale la Corte ha ribaltato, a distanza di pochi anni, quanto affermato in una sua precedente decisione, la sentenza n. 43 del 2017. Un ribaltamento di non poco conto se si considera che le pronunce riguardano uno tra i temi più delicati affrontati dalla giurisprudenza costituzionale: perché oggetto della questione di legittimità costituzionale è una delle disposizioni della legge n. 87 del 1953; perché inerisce agli effetti retroattivi delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale; perché pone il principio della certezza del diritto e quello della tutela dei diritti uno di fronte all’altro; perché ripropone il tema delle garanzie nazionali penali a confronto con quelle convenzionali. Dinanzi a simili inversioni giurisprudenziali due sono i possibili atteggiamenti del commentatore: approvare o contrastare l’avvenuto cambiamento; oppure, al di là della condivisione o meno del revirement, cercare di comprendere (e, dunque, di valutare la tenuta del) le ragioni che hanno giustificato la diversa scelta decisoria. Lungo questa seconda linea si immette il presente scritto.
Un altro passo verso l’assimilazione delle sanzioni amministrative sostanzialmente penali alle sanzioni penali. Il limite del giudicato cede ancora, ma solo a seguito di una valutazione sanzione per sanzione
Valeria Marcenò
2021-01-01
Abstract
Che la giurisprudenza costituzionale muti non è sorprendente. Il diritto posto muta; il diritto interpretato muta; e la giurisprudenza, anche quella costituzionale, non può non tenere conto di questi mutamenti. Ciò che, però, caratterizza il mutare del diritto giurisprudenziale rispetto al mutare del diritto legislativo, differenziandolo, è che il secondo risponde a esigenze di opportunità politica; il primo a esigenze di necessità giuridica. Il secondo è espressione della libertà nel decidere; il primo della necessità di decidere. Se il secondo, infatti, pur basato su motivi che sollecitano il cambiamento (intesi come le cause che hanno indotto all’adozione di una scelta legislativa diversa dalla precedente), può non essere accompagnato dalla motivazione (intesa come il percorso argomentativo che giustifica una determinata scelta legislativa), il primo deve trovare fondamento in una struttura argomentativa che ne spieghi (che aiuti a comprendere) il cambiamento. E ciò è ancora più necessario quando il cambiamento giurisprudenziale è radicale. Ne è un esempio la sentenza n. 68 del 2021, con la quale la Corte ha ribaltato, a distanza di pochi anni, quanto affermato in una sua precedente decisione, la sentenza n. 43 del 2017. Un ribaltamento di non poco conto se si considera che le pronunce riguardano uno tra i temi più delicati affrontati dalla giurisprudenza costituzionale: perché oggetto della questione di legittimità costituzionale è una delle disposizioni della legge n. 87 del 1953; perché inerisce agli effetti retroattivi delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale; perché pone il principio della certezza del diritto e quello della tutela dei diritti uno di fronte all’altro; perché ripropone il tema delle garanzie nazionali penali a confronto con quelle convenzionali. Dinanzi a simili inversioni giurisprudenziali due sono i possibili atteggiamenti del commentatore: approvare o contrastare l’avvenuto cambiamento; oppure, al di là della condivisione o meno del revirement, cercare di comprendere (e, dunque, di valutare la tenuta del) le ragioni che hanno giustificato la diversa scelta decisoria. Lungo questa seconda linea si immette il presente scritto.File | Dimensione | Formato | |
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