Nel 1991, presso il municipio di Benjamin Constant (Amazonas/Brasile) è stato fondato il Museu Magüta del popolo Tikuna, primo museo indigeno a livello nazionale a essere istituito dalla stessa comunità con l’obiettivo di raccogliere oggetti, storie e testimonianze attraverso cui poter restituire una rappresentazione di sé non mediata da enti esterni. Quest’esperienza ha dato origine a un movimento molto più ampio di appropriazione della realtà museale come strumento di sostegno alla lotta per la rivendicazione dei diritti costituzionali e territoriali che i gruppi indigeni brasiliani stanno portando avanti da decenni. Lo spazio museale presenta un importante potenziale come luogo dove ricostruire dal basso una molteplicità di storie ignorate o volutamente silenziate, offrendo visibilità a punti di vista da sempre marginali nella narrazione storica. Partendo da una ricerca svolta nei mesi di luglio e agosto 2018 presso il Museu Indígena Anízia Maria, istituito nel 2016 dalla comunità indigena Tabajara e Tapuio-Itamaraty di Nazaré (Lagoa de São Francisco, Piauí/Brasile), questo contributo propone una riflessione su alcune modalità secondo cui si configura l’approccio collaborativo che, nel contesto di rinnovamento di molti musei etnografici, la disciplina antropologica sta cercando di adottare. L’instaurazione di una relazione di scambio fra l’etnografo e la comunità ridimensiona i rispettivi ruoli, lasciando gli spazi necessari all’emersione di particolari categorie di autorappresentazione che, se successivamente sottoposte a un processo di rielaborazione condivisa, possono aprire nuovi accessi nel percorso di decolonizzazione intrapreso da alcuni dei grandi musei istituzionali.
Spunti dal basso per una decolonizzazione istituzionale
Anna Bottesi
First
2020-01-01
Abstract
Nel 1991, presso il municipio di Benjamin Constant (Amazonas/Brasile) è stato fondato il Museu Magüta del popolo Tikuna, primo museo indigeno a livello nazionale a essere istituito dalla stessa comunità con l’obiettivo di raccogliere oggetti, storie e testimonianze attraverso cui poter restituire una rappresentazione di sé non mediata da enti esterni. Quest’esperienza ha dato origine a un movimento molto più ampio di appropriazione della realtà museale come strumento di sostegno alla lotta per la rivendicazione dei diritti costituzionali e territoriali che i gruppi indigeni brasiliani stanno portando avanti da decenni. Lo spazio museale presenta un importante potenziale come luogo dove ricostruire dal basso una molteplicità di storie ignorate o volutamente silenziate, offrendo visibilità a punti di vista da sempre marginali nella narrazione storica. Partendo da una ricerca svolta nei mesi di luglio e agosto 2018 presso il Museu Indígena Anízia Maria, istituito nel 2016 dalla comunità indigena Tabajara e Tapuio-Itamaraty di Nazaré (Lagoa de São Francisco, Piauí/Brasile), questo contributo propone una riflessione su alcune modalità secondo cui si configura l’approccio collaborativo che, nel contesto di rinnovamento di molti musei etnografici, la disciplina antropologica sta cercando di adottare. L’instaurazione di una relazione di scambio fra l’etnografo e la comunità ridimensiona i rispettivi ruoli, lasciando gli spazi necessari all’emersione di particolari categorie di autorappresentazione che, se successivamente sottoposte a un processo di rielaborazione condivisa, possono aprire nuovi accessi nel percorso di decolonizzazione intrapreso da alcuni dei grandi musei istituzionali.File | Dimensione | Formato | |
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