L’analisi della copiosa giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani sui presupposti per l’adottabilità del minorenne mostra frequenti condanne dell’Italia per rotture infondate e frettolose dei rapporti giuridici e di fatto con la famiglia di origine. Alcune delle censure formulate nei confronti del nostro Paese stigmatizzano cattive prassi e inefficienze gravi del sistema amministrativo e giudiziario. Si pensi, per esempio, a violazioni di diritti processuali dei genitori e, dal punto di vista sostanziale, alla carenza di sufficienti azioni positive da parte dei servizi sociali per rimuovere lo svantaggio sociale derivante dalla situazione di vulnerabilità del genitore (spesso una madre single migrante). Purtuttavia, la Corte europea sembra aver distorto il contenuto dell’obbligazione positiva dello Stato di attivarsi per la tutela della vita familiare degli individui enfatizzando a priori il legame di sangue e i diritti genitoriali in una logica adultocentrica. Negli anni, infatti, i giudici di Strasburgo hanno dato una lettura sempre più restrittiva dei presupposti per una rottura completa e definitiva dei rapporti con la famiglia di origine, favorendo invece le adozioni in casi particolari perché idonee a mantenere un pur minimo livello di vita familiare tra questa e il minore. Il rischio è di limitare l’uso dell’adozione piena ai soli casi di maltrattamenti genitoriali penalmente rilevanti e di escluderne a priori l’utilizzo per negligenza e rischio psicoevolutivo. Con l’aumento delle adozioni in casi particolari, inoltre, aumenteranno le situazioni ambigue in cui la famiglia di origine è stata valutata inidonea a crescere il figlio, ma ha comunque il diritto di continuare a giocare un ruolo nella vita di questi.

Il contributo della Corte europea dei diritti umani alla definizione dei presupposti per l'adottabilità del minorenne: luci e ombre

J. LONG
2022-01-01

Abstract

L’analisi della copiosa giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani sui presupposti per l’adottabilità del minorenne mostra frequenti condanne dell’Italia per rotture infondate e frettolose dei rapporti giuridici e di fatto con la famiglia di origine. Alcune delle censure formulate nei confronti del nostro Paese stigmatizzano cattive prassi e inefficienze gravi del sistema amministrativo e giudiziario. Si pensi, per esempio, a violazioni di diritti processuali dei genitori e, dal punto di vista sostanziale, alla carenza di sufficienti azioni positive da parte dei servizi sociali per rimuovere lo svantaggio sociale derivante dalla situazione di vulnerabilità del genitore (spesso una madre single migrante). Purtuttavia, la Corte europea sembra aver distorto il contenuto dell’obbligazione positiva dello Stato di attivarsi per la tutela della vita familiare degli individui enfatizzando a priori il legame di sangue e i diritti genitoriali in una logica adultocentrica. Negli anni, infatti, i giudici di Strasburgo hanno dato una lettura sempre più restrittiva dei presupposti per una rottura completa e definitiva dei rapporti con la famiglia di origine, favorendo invece le adozioni in casi particolari perché idonee a mantenere un pur minimo livello di vita familiare tra questa e il minore. Il rischio è di limitare l’uso dell’adozione piena ai soli casi di maltrattamenti genitoriali penalmente rilevanti e di escluderne a priori l’utilizzo per negligenza e rischio psicoevolutivo. Con l’aumento delle adozioni in casi particolari, inoltre, aumenteranno le situazioni ambigue in cui la famiglia di origine è stata valutata inidonea a crescere il figlio, ma ha comunque il diritto di continuare a giocare un ruolo nella vita di questi.
2022
1
30
40
https://www.francoangeli.it/riviste/SchedaRivista.aspx?IDArticolo=72452&idRivista=29&lingua=It
Corte europea diritti umani , adozione , persona di età minore , adottabilità
J. LONG
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