Con riferimento alla pandemia da COVID-19 e al suo impatto sociale ed economico è opinione diffusa che, dopo questa tragica esperienza, «niente sarà più come prima». Un'osservazione del genere è legittima e per molti versi giustificata, da più punti di vista, tuttavia essa vale solo parzialmente per quanto attiene alla tutela delle minoranze e alla garanzia dei diritti linguistici in Europa. In questo ambito specifico, è possibile riscontrare diversi elementi che suggeriscono che tutto «è e sarà come prima», o al massimo « ancora un po' peggio», senza particolari soluzioni di continuità con il passato. In molte realtà di minoranza del continente, infatti, la situazione emergenziale legata alla diffusione del virus Sars Cov-2 e quindi al suo contrasto si è rivelata una ulteriore condizione di minorizzazione. In quelle situazioni, in particolare, in cui l'esistenza sulla carta di una normativa di tutela era già accompagnata da una sua assai limitata applicazione, la nuova situazione ha rappresentato un ostacolo (o un alibi) in più per la sua mancata attuazione. Emblematico, in questo senso, il mancato uso delle lingue di minoranza (od il loro assai limitato o tardivo utilizzo) nella comunicazione pubblica e istituzionale riguardante le misure di prevenzione e contrasto alla diffusione del virus. A livello europeo proprio questo aspetto è stato indagato dall'organizzazione non governativa ELEN (European Language Equality Network) con una serie di rilevazioni e a questo proposito ha preso posizione anche il Consiglio d'Europa, per esempio con una dichiarazione di indirizzo della presidente del Comitato di esperti impegnati nella promozione e nella verifica dell'attuazione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, Vesna Crnić-Grotić. Con un approccio multidisciplinare e comparativo ci si propone di affrontare, a livello europeo, statale e substatale, proprio il tema dell'ulteriore abbassamento delle “difese immunitarie” – se così si può dire – nei confronti della minorizzazione e della mancata tutela e quindi dell'esplicito o implicito incremento di pregiudizi e discriminazioni. Lo scenario che si presenta, in particolare in alcune situazioni, è caratterizzato, tra politiche e discorso pubblico, dall'affermazione dei nazionalismi maggioritari e dominanti: un virus “non nuovo” riscontrabile anche in altre forme e altri contesti. Un'attenzione specifica sarà dedicata alle minoranze linguistiche friulana, slovena e tedesca della regione Friuli-Venezia Giulia e in particolare alla comunità friulana, tra circolari d'istituto riguardanti la sospensione delle attività didattiche di lingua friulana «a causa dell'emergenza sanitaria», ambigue comunicazioni al riguardo diffuse dal Servizio Istruzione dell'Amministrazione regionale e iniziative positive, ma circoscritte, assunte dall'organismo regionale di politica linguistica.

Identità di minoranza e diritti negati tra vecchi e nuovi virus. Friuli, Italia, Europa

STOLFO M
2022-01-01

Abstract

Con riferimento alla pandemia da COVID-19 e al suo impatto sociale ed economico è opinione diffusa che, dopo questa tragica esperienza, «niente sarà più come prima». Un'osservazione del genere è legittima e per molti versi giustificata, da più punti di vista, tuttavia essa vale solo parzialmente per quanto attiene alla tutela delle minoranze e alla garanzia dei diritti linguistici in Europa. In questo ambito specifico, è possibile riscontrare diversi elementi che suggeriscono che tutto «è e sarà come prima», o al massimo « ancora un po' peggio», senza particolari soluzioni di continuità con il passato. In molte realtà di minoranza del continente, infatti, la situazione emergenziale legata alla diffusione del virus Sars Cov-2 e quindi al suo contrasto si è rivelata una ulteriore condizione di minorizzazione. In quelle situazioni, in particolare, in cui l'esistenza sulla carta di una normativa di tutela era già accompagnata da una sua assai limitata applicazione, la nuova situazione ha rappresentato un ostacolo (o un alibi) in più per la sua mancata attuazione. Emblematico, in questo senso, il mancato uso delle lingue di minoranza (od il loro assai limitato o tardivo utilizzo) nella comunicazione pubblica e istituzionale riguardante le misure di prevenzione e contrasto alla diffusione del virus. A livello europeo proprio questo aspetto è stato indagato dall'organizzazione non governativa ELEN (European Language Equality Network) con una serie di rilevazioni e a questo proposito ha preso posizione anche il Consiglio d'Europa, per esempio con una dichiarazione di indirizzo della presidente del Comitato di esperti impegnati nella promozione e nella verifica dell'attuazione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, Vesna Crnić-Grotić. Con un approccio multidisciplinare e comparativo ci si propone di affrontare, a livello europeo, statale e substatale, proprio il tema dell'ulteriore abbassamento delle “difese immunitarie” – se così si può dire – nei confronti della minorizzazione e della mancata tutela e quindi dell'esplicito o implicito incremento di pregiudizi e discriminazioni. Lo scenario che si presenta, in particolare in alcune situazioni, è caratterizzato, tra politiche e discorso pubblico, dall'affermazione dei nazionalismi maggioritari e dominanti: un virus “non nuovo” riscontrabile anche in altre forme e altri contesti. Un'attenzione specifica sarà dedicata alle minoranze linguistiche friulana, slovena e tedesca della regione Friuli-Venezia Giulia e in particolare alla comunità friulana, tra circolari d'istituto riguardanti la sospensione delle attività didattiche di lingua friulana «a causa dell'emergenza sanitaria», ambigue comunicazioni al riguardo diffuse dal Servizio Istruzione dell'Amministrazione regionale e iniziative positive, ma circoscritte, assunte dall'organismo regionale di politica linguistica.
2022
Le identità minoritarie alla prova della pandemia da Covid-19. Una prospettiva comparata
Wolters Kluwer Italia - CEDAM
139
153
9788813380250
Minoranze; Tutela; Diritti linguistici; Covid-19; Nazionalismo; Europa
STOLFO M
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