Se correttamente implementato, il modello di autoregolazione tributaria, che va sotto il nome di cooperative compliance, può rivelarsi uno strumento potente per garantire un solido rapporto virtuoso tra grandi contribuenti ed Erario, decomprimendo la spinta all’elusione e prevenendo l’insorgenza di complessi schemi di ‘ottimizzazione’ indebita dell’imponibile. Si finisce, infatti, per generare un level playing field cui l’operatore privato riconosce la legittimità della pretesa tributaria e il soggetto pubblico la ragionevolezza delle esigenze di speditezza e pianificazione dell’impresa. In questo contesto, un ruolo fondamentale va attribuito al sistema di gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. Tax control framework). Di qui, l’impulso alla cooperative compliance fornito dall’ultima delega fiscale soprattutto attraverso il potenziamento degli effetti premiali connessi all’adesione, tra cui la non punibilità di reati tributari eventualmente integrati, con particolare riguardo a quelli connessi al reato di dichiarazione infedele. In questa prospettiva, la riflessione si inquadra, in primo luogo, nel contesto della permanente crisi di legittimazione del diritto penale tributario; in secondo luogo, la c.d. tax compliance impatta sulla colpa di organizzazione dell’ente, escludendola, rispetto al governo del rischio di commissione di reati fiscali, molti dei quali fanno parte del catalogo dei reati presupposto della responsabilità dell’ente. Si tratta allora di comprendere quali rapporti intercorrono tra la disciplina del regime di adempimento collaborativo e quella in materia di responsabilità degli enti, se si tratta cioè, di due strumenti alternativi o, piuttosto, complementari rispetto alla cautela organizzativa contro gli illeciti penali tributari

La collaborazione pubblico-privato nello specchio della colpa di organizzazione: il caso del Tax Control Framework

consulich
2024-01-01

Abstract

Se correttamente implementato, il modello di autoregolazione tributaria, che va sotto il nome di cooperative compliance, può rivelarsi uno strumento potente per garantire un solido rapporto virtuoso tra grandi contribuenti ed Erario, decomprimendo la spinta all’elusione e prevenendo l’insorgenza di complessi schemi di ‘ottimizzazione’ indebita dell’imponibile. Si finisce, infatti, per generare un level playing field cui l’operatore privato riconosce la legittimità della pretesa tributaria e il soggetto pubblico la ragionevolezza delle esigenze di speditezza e pianificazione dell’impresa. In questo contesto, un ruolo fondamentale va attribuito al sistema di gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. Tax control framework). Di qui, l’impulso alla cooperative compliance fornito dall’ultima delega fiscale soprattutto attraverso il potenziamento degli effetti premiali connessi all’adesione, tra cui la non punibilità di reati tributari eventualmente integrati, con particolare riguardo a quelli connessi al reato di dichiarazione infedele. In questa prospettiva, la riflessione si inquadra, in primo luogo, nel contesto della permanente crisi di legittimazione del diritto penale tributario; in secondo luogo, la c.d. tax compliance impatta sulla colpa di organizzazione dell’ente, escludendola, rispetto al governo del rischio di commissione di reati fiscali, molti dei quali fanno parte del catalogo dei reati presupposto della responsabilità dell’ente. Si tratta allora di comprendere quali rapporti intercorrono tra la disciplina del regime di adempimento collaborativo e quella in materia di responsabilità degli enti, se si tratta cioè, di due strumenti alternativi o, piuttosto, complementari rispetto alla cautela organizzativa contro gli illeciti penali tributari
2024
5
31
diritto penale, diritto penale, compliance, responsabilità da reato delle persone giuridiche, autonormazione, reati tributari
consulich
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