Figlio di un importante dirigente della Carlo Erba, mantenuto da un vitalizio, Guido Morselli potrebbe essere lo scrittore borghese per eccellenza del Novecento italiano. In realtà, è uno dei più profondi indagatori e critici della propria classe sociale, privo tuttavia dell’empatia pasoliniana per la classe operaia. I protagonisti dei suoi romanzi condividono molto tra di loro e spesso i tratti comuni sono espliciti, ma su tutti capeggia l’estrazione borghese o la tentazione della vita borghese: da poli opposti, perfino il Walter Ferranini del Comunista e l’Umberto I di Divertimento 1889 aspirano a tale condizione. La critica non è rivolta alla borghesia in quanto condizione materiale, ma soprattutto come universo di valori. Il protagonista senza nome del Dramma borghese è forse il prototipo perfetto per chiarire quale fosse il parere dell’autore sulla materia. Soprattutto perché è più esplicitamente messa a rischio la propria condizione di medietà raziocinante, che deve difendersi dall’incesto quasi innominabile con la figlia Mimmina. Il borghese moderno va infatti inquadrato sin da subito come l’erede postilluminista di chi aveva la capacità intellettuale di «ridurre» ogni evento «alla propria scala», operazione che se oggi appare come un segno di viltà, in passato era un fondamentale «adeguare alla Ragione». Il protagonista del Dramma borghese sente dunque il bisogno di individuare un proprio segno distintivo: «in una società di esseri dall’attenzione ‘orizzontale’, la mia è dirittamente verticale. Mentre dilagano gli istinti diffusivi e dispersivi, [...] ogni attività di relazione degradata al livello turistico del percepire fine a se stesso, sono uno dei pochi che concentrino i loro interessi; e cioè, che ne abbiano». Un antidoto, la ‘verticalità’, che non aiuta il personaggio a diradare la vaghezza e la nebbia, prima retorica e poi fin troppo concreta nel finale, che avvolge la sua condizione. Con i debiti raffronti tra i testi narrativi, a partire dal Dramma borghese, e il Diario, il saggio propone una ricostruzione del pensiero morselliano, a cavallo tra narrativa e biografia.
Diffusi, dispersi e orizzontali: un percorso sui borghesi nell’opera di Guido Morselli
Saverio Vita
2024-01-01
Abstract
Figlio di un importante dirigente della Carlo Erba, mantenuto da un vitalizio, Guido Morselli potrebbe essere lo scrittore borghese per eccellenza del Novecento italiano. In realtà, è uno dei più profondi indagatori e critici della propria classe sociale, privo tuttavia dell’empatia pasoliniana per la classe operaia. I protagonisti dei suoi romanzi condividono molto tra di loro e spesso i tratti comuni sono espliciti, ma su tutti capeggia l’estrazione borghese o la tentazione della vita borghese: da poli opposti, perfino il Walter Ferranini del Comunista e l’Umberto I di Divertimento 1889 aspirano a tale condizione. La critica non è rivolta alla borghesia in quanto condizione materiale, ma soprattutto come universo di valori. Il protagonista senza nome del Dramma borghese è forse il prototipo perfetto per chiarire quale fosse il parere dell’autore sulla materia. Soprattutto perché è più esplicitamente messa a rischio la propria condizione di medietà raziocinante, che deve difendersi dall’incesto quasi innominabile con la figlia Mimmina. Il borghese moderno va infatti inquadrato sin da subito come l’erede postilluminista di chi aveva la capacità intellettuale di «ridurre» ogni evento «alla propria scala», operazione che se oggi appare come un segno di viltà, in passato era un fondamentale «adeguare alla Ragione». Il protagonista del Dramma borghese sente dunque il bisogno di individuare un proprio segno distintivo: «in una società di esseri dall’attenzione ‘orizzontale’, la mia è dirittamente verticale. Mentre dilagano gli istinti diffusivi e dispersivi, [...] ogni attività di relazione degradata al livello turistico del percepire fine a se stesso, sono uno dei pochi che concentrino i loro interessi; e cioè, che ne abbiano». Un antidoto, la ‘verticalità’, che non aiuta il personaggio a diradare la vaghezza e la nebbia, prima retorica e poi fin troppo concreta nel finale, che avvolge la sua condizione. Con i debiti raffronti tra i testi narrativi, a partire dal Dramma borghese, e il Diario, il saggio propone una ricostruzione del pensiero morselliano, a cavallo tra narrativa e biografia.File | Dimensione | Formato | |
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