Il presente lavoro muove dalla domanda di ricerca circa la possibilità o meno, nel contesto dell’ordinamento giuridico italiano, di rinunciare alla proprietà immobiliare e si conclude con una risposta di tipo negativo. Infatti, depongono in tal senso numerosi argomenti di carattere testuale, sistematico, dogmatico e costituzionale, i quali ricevono ulteriori conferme dall’applicazione del metodo comparatistico e dell’analisi economica del diritto. Nel primo capitolo della tesi si mira a contestualizzare meglio la questione interpretativa nel quadro del più ampio fenomeno dell’abbandono immobiliare, che è concetto distinto ma strettamente collegato a quello di rinuncia, oltre che socialmente problematico. Dopodiché si indagano le ragioni che possono muovere i proprietari a rinunciare o abbandonare i propri immobili, proponendo di completare la tradizionale tassonomia dei beni col riferimento alla utile categoria dei beni di valore negativo. Nel secondo capitolo si affronta la questione della rinuncia alla proprietà immobiliare attraverso le lenti dell’analisi economica del diritto. Anzitutto, si riscontrano l’inefficienza e l’iniquità della rinuncia alla proprietà di beni immobili di valore negativo, nella misura in cui la stessa può essere inquadrata come una vera e propria ipotesi di esternalità negativa (di tipo temporale). In secondo luogo, si constata l’inefficienza pure di un’eventuale distinzione tra beni immobili di valore negativo e beni immobili di valore positivo, in quanto ingiustificatamente più costosa rispetto ad un divieto di tipo generalizzato. Nel terzo capitolo si prendono le mosse da una più dettagliata ricostruzione dello stato dell’arte del dibattito italiano in materia di rinuncia alla proprietà immobiliare. Dopodiché si affronta il primo nodo logico da sciogliere, che è quello relativo al carattere tipico oppure atipico dell’atto in esame. Si conclude nel senso dell’atipicità dal momento che le disposizioni evocate in senso contrario risultano tutte o non conferenti (perché riguardano altre posizioni giuridiche soggettive: comproprietà, diritti reali minori, proprietà mobiliare) o non determinanti (artt. 827, 1350 e 2643 c.c.). Nel quarto capitolo si affronta e si risolve la questione della rinuncia alla proprietà immobiliare sul piano della teoria generale del diritto privato e proprietario e dell’interpretazione dogmatica. Il ragionamento, in sintesi, è il seguente: secondo pacifica dottrina, risultano irrinunciabili, tra gli altri, anche i diritti strettamente collegati a limiti, soggezioni, obblighi, doveri; a ben vedere la proprietà immobiliare – a dispetto della tradizionale visione tutta sbilanciata sulle facoltà di godimento e disposizione – si caratterizza per la presenza di consistenti profili passivi (obbligazioni fiscali e propter rem, ma anche un vero e proprio generale dovere di manutenzione); pertanto la proprietà immobiliare è irrinunciabile. Infine, si riscontra la compatibilità di questo esito interpretativo con il dato normativo costituzionale, con riferimento tanto alla funzione sociale della proprietà privata di cui all’art. 42 quanto al principio di ragionevolezza ex art. 3. In particolare, risultano rispettivamente giustificate, da un lato la prevalenza dell’interesse collettivo su quello individuale, dall’altra la differenza di trattamento tra proprietario immobiliare – che non può rinunciare – e una serie di soggetti che invece possono (proprietario mobiliare, comproprietario, titolare di diritti reali minori, erede e legatario di beni immobili).

La rinuncia alla proprietà immobiliare tra diritti e doveri(2024 Nov 07).

La rinuncia alla proprietà immobiliare tra diritti e doveri

COUCOURDE, ANDREA
2024-11-07

Abstract

Il presente lavoro muove dalla domanda di ricerca circa la possibilità o meno, nel contesto dell’ordinamento giuridico italiano, di rinunciare alla proprietà immobiliare e si conclude con una risposta di tipo negativo. Infatti, depongono in tal senso numerosi argomenti di carattere testuale, sistematico, dogmatico e costituzionale, i quali ricevono ulteriori conferme dall’applicazione del metodo comparatistico e dell’analisi economica del diritto. Nel primo capitolo della tesi si mira a contestualizzare meglio la questione interpretativa nel quadro del più ampio fenomeno dell’abbandono immobiliare, che è concetto distinto ma strettamente collegato a quello di rinuncia, oltre che socialmente problematico. Dopodiché si indagano le ragioni che possono muovere i proprietari a rinunciare o abbandonare i propri immobili, proponendo di completare la tradizionale tassonomia dei beni col riferimento alla utile categoria dei beni di valore negativo. Nel secondo capitolo si affronta la questione della rinuncia alla proprietà immobiliare attraverso le lenti dell’analisi economica del diritto. Anzitutto, si riscontrano l’inefficienza e l’iniquità della rinuncia alla proprietà di beni immobili di valore negativo, nella misura in cui la stessa può essere inquadrata come una vera e propria ipotesi di esternalità negativa (di tipo temporale). In secondo luogo, si constata l’inefficienza pure di un’eventuale distinzione tra beni immobili di valore negativo e beni immobili di valore positivo, in quanto ingiustificatamente più costosa rispetto ad un divieto di tipo generalizzato. Nel terzo capitolo si prendono le mosse da una più dettagliata ricostruzione dello stato dell’arte del dibattito italiano in materia di rinuncia alla proprietà immobiliare. Dopodiché si affronta il primo nodo logico da sciogliere, che è quello relativo al carattere tipico oppure atipico dell’atto in esame. Si conclude nel senso dell’atipicità dal momento che le disposizioni evocate in senso contrario risultano tutte o non conferenti (perché riguardano altre posizioni giuridiche soggettive: comproprietà, diritti reali minori, proprietà mobiliare) o non determinanti (artt. 827, 1350 e 2643 c.c.). Nel quarto capitolo si affronta e si risolve la questione della rinuncia alla proprietà immobiliare sul piano della teoria generale del diritto privato e proprietario e dell’interpretazione dogmatica. Il ragionamento, in sintesi, è il seguente: secondo pacifica dottrina, risultano irrinunciabili, tra gli altri, anche i diritti strettamente collegati a limiti, soggezioni, obblighi, doveri; a ben vedere la proprietà immobiliare – a dispetto della tradizionale visione tutta sbilanciata sulle facoltà di godimento e disposizione – si caratterizza per la presenza di consistenti profili passivi (obbligazioni fiscali e propter rem, ma anche un vero e proprio generale dovere di manutenzione); pertanto la proprietà immobiliare è irrinunciabile. Infine, si riscontra la compatibilità di questo esito interpretativo con il dato normativo costituzionale, con riferimento tanto alla funzione sociale della proprietà privata di cui all’art. 42 quanto al principio di ragionevolezza ex art. 3. In particolare, risultano rispettivamente giustificate, da un lato la prevalenza dell’interesse collettivo su quello individuale, dall’altra la differenza di trattamento tra proprietario immobiliare – che non può rinunciare – e una serie di soggetti che invece possono (proprietario mobiliare, comproprietario, titolare di diritti reali minori, erede e legatario di beni immobili).
7-nov-2024
36
DIRITTI E ISTITUZIONI
QUARTA, Alessandra
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/2031225
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