Introduzione: Deficit del campo visivo post-chiasmatici, come l’emianopsia, impattano la qualità di vita e le capacità funzionali; resta tuttavia da chiarire quanto e come persista un’elaborazione affettiva “implicita” utile alla presa in carico riabilitativa. Metodi: Sei pazienti in fase cronica (≥12 mesi dall’evento) con emianopsia e cinque controlli sani sono stati valutati con batteria clinica (EQ- 5D-5L, FAS, BDI-II, BAI, HSP-12, PCS), screening neuropsicologico (CRI-q, ACE-R) e prove visuo-percettive (bisezione di linee, cancellazione, copie). I pazienti hanno eseguito un compito 2AFC (gioia vs paura) con presentazione di stimoli sottosoglia percettiva e mascheramento, in due condizioni (campo integro vs cieco), in co-registrazione EEG per ERPs (P1, N170) su regioni occipito-parietali. Outcome primari: accuratezza, tempi di risposta e sensibilità percettiva (d′); outcome secondari: profilo clinico-funzionale e pattern ERP. Risultati: Rispetto ai controlli, i pazienti mostrano performance ridotte; nel confronto intra-gruppo, il campo cieco presenta accuratezza prossima al caso e d′ vicino a zero, con valori lievemente >0 in alcuni soggetti, indicativi di una sensibilità residua. L’EEG documenta P1 (~100–120 ms) e N170 (~150–200 ms) presenti e modulazioni legate all’emozione, con lieve lateralizzazione destra, suggerendo conservazione di tappe precoci dell’elaborazione visiva anche in assenza di consapevolezza. Al profilo clinico, i pazienti riportano maggiore fatigue e sintomi depressivi, HSP più elevata; CRI-q in media più alto e ACE-R nella norma ma inferiore ai controlli. Discussione: L’osservazione di indici comportamentali ed elettrofisiologici coerenti con un’elaborazione affettiva residua supporta l’ipotesi di vie alternative (collicolo superiore–pulvinar–amigdala) e di riorganizzazione post-lesionale. In ambito clinico, tali marcatori possono orientare programmi riabilitativi mirati e motivano studi controllati su interventi neuromodulatori per potenziare la funzione residua.
Oltre il buio: indici neuropsicologici ed elettrofisiologici dell’elaborazione emotiva nell’emianopsia.
Chiara Di FazioFirst
Membro del Collaboration Group
;Eugenio Scaliti;Matteo Diano;Sara Palermo;Marco TamiettoLast
2025-01-01
Abstract
Introduzione: Deficit del campo visivo post-chiasmatici, come l’emianopsia, impattano la qualità di vita e le capacità funzionali; resta tuttavia da chiarire quanto e come persista un’elaborazione affettiva “implicita” utile alla presa in carico riabilitativa. Metodi: Sei pazienti in fase cronica (≥12 mesi dall’evento) con emianopsia e cinque controlli sani sono stati valutati con batteria clinica (EQ- 5D-5L, FAS, BDI-II, BAI, HSP-12, PCS), screening neuropsicologico (CRI-q, ACE-R) e prove visuo-percettive (bisezione di linee, cancellazione, copie). I pazienti hanno eseguito un compito 2AFC (gioia vs paura) con presentazione di stimoli sottosoglia percettiva e mascheramento, in due condizioni (campo integro vs cieco), in co-registrazione EEG per ERPs (P1, N170) su regioni occipito-parietali. Outcome primari: accuratezza, tempi di risposta e sensibilità percettiva (d′); outcome secondari: profilo clinico-funzionale e pattern ERP. Risultati: Rispetto ai controlli, i pazienti mostrano performance ridotte; nel confronto intra-gruppo, il campo cieco presenta accuratezza prossima al caso e d′ vicino a zero, con valori lievemente >0 in alcuni soggetti, indicativi di una sensibilità residua. L’EEG documenta P1 (~100–120 ms) e N170 (~150–200 ms) presenti e modulazioni legate all’emozione, con lieve lateralizzazione destra, suggerendo conservazione di tappe precoci dell’elaborazione visiva anche in assenza di consapevolezza. Al profilo clinico, i pazienti riportano maggiore fatigue e sintomi depressivi, HSP più elevata; CRI-q in media più alto e ACE-R nella norma ma inferiore ai controlli. Discussione: L’osservazione di indici comportamentali ed elettrofisiologici coerenti con un’elaborazione affettiva residua supporta l’ipotesi di vie alternative (collicolo superiore–pulvinar–amigdala) e di riorganizzazione post-lesionale. In ambito clinico, tali marcatori possono orientare programmi riabilitativi mirati e motivano studi controllati su interventi neuromodulatori per potenziare la funzione residua.| File | Dimensione | Formato | |
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