Il saggio riassume i principali risultati di una ricerca svolta in Piemonte sul lavoro operaio degli immigrati, quale parte integrante di una nuova fenomenologia del lavoro operaio che ha perso le connotazioni tipiche della fase del fordismo. Le assunzioni non avvengono più per massicci contingenti e con maggior peso relativo delle assunzioni polverizzate nelle piccole e piccolissime imprese. Si richiede in genere manodopera più selezionata e più motivata, anche se, contemporaneamente, la concorrenza internazionane spinge verso una produzione a bassi costi e a una conseguente maggiore attenzione ai costi del lavoro. Nella nuova realtà del post-fordismo, dunque, i datori di lavoro hanno esigenze di flessibilità, e di bassi costi diretti e indiretti del lavoro, ma allo stesso tempo di affidabilità e motivazione dei lavoratori. I lavoratori immigrati rispondono alle crescenti richieste di flessibilità e di precarizzazione dei rapporti di lavoro: disponibilità alla mobilità territoriale, accettazione di occupazioni formali e informali, a salari bassi e di durata breve e incerta e di condizioni di lavoro pesanti, nocive, disagiate. Una prima fase della ricerca, di tipo esplorativo, si è avvalsa delle fonti statistiche esistenti per circoscrivere l’oggetto della ricerca e di una serie di colloqui con testimoni privilegiati. Nella seconda fase sono state individuate imprese di dimensioni medio-grandi che hanno reclutato un elevato numero di stranieri negli ultimi anni anni. Le interviste e i focus-group sono state rivolte a dirigenti, lavoratori e sindacalisti per ricostruire politiche di gestione del personale, condizione dei lavoratori immigrati in relazione ai locali, modelli di interazione in fabbrica. La ricerca ha messo in evidenza l’inadeguatezza delle letture della condizione dei lavoratori immigrati in chiave di discriminazione Il dato rilevante non è la discriminazione ma il fatto che la sostituzione di lavoratori locali con immigrati avviene senza cambiare le condizioni di lavoro e senza favorire processi di crescita professionale, con la conseguenza che tra breve ci troveremo ad avere nelle fabbriche lavoratori non più in grado di adattarsi ai cambiamenti, italiani o stranieri che siano. Con la differenza che questi ultimi subiscono due volte le conseguenze della precarizzazione e della informalizzazione del lavoro. Per la precarietà del loro status giuridico e perché sono sottoposti a un duplice processo di selezione: personale e congiunturale. Devono dimostrare ripetutamente di possedere doti di affidabilità e capacità personali, oltre alla resistenza all’incertezza e a eventuali condizioni di lavoro pesanti, nocive, stressanti. E devono avere la fortuna di non incappare in crisi aziendali o settoriali che ne provochino l’espulsione nei momenti in cui sono in condizione più precaria.

Immigrati in fabbrica. Una ricerca sul lavoro operaio nelle fabbriche metalmeccaniche piemontesi

LUCIANO, Adriana;DI MONACO, ROBERTO
2007-01-01

Abstract

Il saggio riassume i principali risultati di una ricerca svolta in Piemonte sul lavoro operaio degli immigrati, quale parte integrante di una nuova fenomenologia del lavoro operaio che ha perso le connotazioni tipiche della fase del fordismo. Le assunzioni non avvengono più per massicci contingenti e con maggior peso relativo delle assunzioni polverizzate nelle piccole e piccolissime imprese. Si richiede in genere manodopera più selezionata e più motivata, anche se, contemporaneamente, la concorrenza internazionane spinge verso una produzione a bassi costi e a una conseguente maggiore attenzione ai costi del lavoro. Nella nuova realtà del post-fordismo, dunque, i datori di lavoro hanno esigenze di flessibilità, e di bassi costi diretti e indiretti del lavoro, ma allo stesso tempo di affidabilità e motivazione dei lavoratori. I lavoratori immigrati rispondono alle crescenti richieste di flessibilità e di precarizzazione dei rapporti di lavoro: disponibilità alla mobilità territoriale, accettazione di occupazioni formali e informali, a salari bassi e di durata breve e incerta e di condizioni di lavoro pesanti, nocive, disagiate. Una prima fase della ricerca, di tipo esplorativo, si è avvalsa delle fonti statistiche esistenti per circoscrivere l’oggetto della ricerca e di una serie di colloqui con testimoni privilegiati. Nella seconda fase sono state individuate imprese di dimensioni medio-grandi che hanno reclutato un elevato numero di stranieri negli ultimi anni anni. Le interviste e i focus-group sono state rivolte a dirigenti, lavoratori e sindacalisti per ricostruire politiche di gestione del personale, condizione dei lavoratori immigrati in relazione ai locali, modelli di interazione in fabbrica. La ricerca ha messo in evidenza l’inadeguatezza delle letture della condizione dei lavoratori immigrati in chiave di discriminazione Il dato rilevante non è la discriminazione ma il fatto che la sostituzione di lavoratori locali con immigrati avviene senza cambiare le condizioni di lavoro e senza favorire processi di crescita professionale, con la conseguenza che tra breve ci troveremo ad avere nelle fabbriche lavoratori non più in grado di adattarsi ai cambiamenti, italiani o stranieri che siano. Con la differenza che questi ultimi subiscono due volte le conseguenze della precarizzazione e della informalizzazione del lavoro. Per la precarietà del loro status giuridico e perché sono sottoposti a un duplice processo di selezione: personale e congiunturale. Devono dimostrare ripetutamente di possedere doti di affidabilità e capacità personali, oltre alla resistenza all’incertezza e a eventuali condizioni di lavoro pesanti, nocive, stressanti. E devono avere la fortuna di non incappare in crisi aziendali o settoriali che ne provochino l’espulsione nei momenti in cui sono in condizione più precaria.
2007
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77
A. LUCIANO; E. ALLASINO; R. DIMONACO
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