Saggio sulla poesia di Angelo Maria Ripellino, sul suo impegno critico e metodologico, esercitato soprattutto in magistrali studi di slavistica. Nell’indagine si affronta la questione della concezione critica dell’autore come itinerario nel meraviglioso, pretesto di comparazioni intertestuali, ricerca di concordanze tra la parola, le arti, la cultura, come giuoco illusivo di cui il critico è regista e cerimoniere. Si dibatte la predilezione di Ripellino per gli autori balzani, sghimbesci, per i giocolieri verbali, e si analizza la sua scrittura critica che può diventare un “autonomo poemetto in prosa”, e assumere un movimento lirico, e risolversi in una tessitura di ornati, di effetti sonori, di macchie e di colori, mutuando ideologia e tematica, procedimenti strutturali e stilistici, invenzioni formali e capricci retorici, dalla sua stessa poesia, che ha assorbito ogni inquietudine avanguardistica ed eccentrici, sofisticati umori culturali. Nell’esame del progetto metaletterario, delle forme e dei modi dell’opera poetica di Ripellino, dalla prima raccolta “Non un giorno ma adesso” (1960) ad “Autunnale barocco” (1977), assume particolare rilievo la questione dell’“ironia funeraria” con la quale questi versi, che si presentano come pagliacci vestiti di “stracci di cenere” e “cigolanti ferrovie di fonemi”, “giocoleria” e “sortilegio”, ma anche sfida e resistenza alla morte, possono esorcizzare la malattia del poeta, la sua pena di vivere e l’angoscia della fine.

Angelo Maria Ripellino

ZANDRINO, Barbara
1986-01-01

Abstract

Saggio sulla poesia di Angelo Maria Ripellino, sul suo impegno critico e metodologico, esercitato soprattutto in magistrali studi di slavistica. Nell’indagine si affronta la questione della concezione critica dell’autore come itinerario nel meraviglioso, pretesto di comparazioni intertestuali, ricerca di concordanze tra la parola, le arti, la cultura, come giuoco illusivo di cui il critico è regista e cerimoniere. Si dibatte la predilezione di Ripellino per gli autori balzani, sghimbesci, per i giocolieri verbali, e si analizza la sua scrittura critica che può diventare un “autonomo poemetto in prosa”, e assumere un movimento lirico, e risolversi in una tessitura di ornati, di effetti sonori, di macchie e di colori, mutuando ideologia e tematica, procedimenti strutturali e stilistici, invenzioni formali e capricci retorici, dalla sua stessa poesia, che ha assorbito ogni inquietudine avanguardistica ed eccentrici, sofisticati umori culturali. Nell’esame del progetto metaletterario, delle forme e dei modi dell’opera poetica di Ripellino, dalla prima raccolta “Non un giorno ma adesso” (1960) ad “Autunnale barocco” (1977), assume particolare rilievo la questione dell’“ironia funeraria” con la quale questi versi, che si presentano come pagliacci vestiti di “stracci di cenere” e “cigolanti ferrovie di fonemi”, “giocoleria” e “sortilegio”, ma anche sfida e resistenza alla morte, possono esorcizzare la malattia del poeta, la sua pena di vivere e l’angoscia della fine.
1986
Novecento siciliano
Tifeo
I; II
I,295-; II,233-
I,-318; II,-239
Angelo Maria Ripellino; Non un giorno ma adesso; Autunnale barocco.
B. ZANDRINO
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