ABSTRACT ## L’a. critica il testo dell’ultimo comma dell’art. 633 c.p.c. in allora vigente, secondo cui «l'ingiunzione non può essere pronunciata se la notificazione dell'intimazione di cui all'art. 643 c.p.c. deve avvenire fuori della Repubblica». ## In particolare, secondo l’a. la disposizione «è duramente criticabile in quanto sottrae alle esigenze del commercio internazionale uno degli strumenti più duttili, rapidi ed economici offerti dal nostro ordinamento per il recupero dei crediti ed è ormai avvertita come anacronistica specie per ciò che riguarda i decreti ingiuntivi da notificare all'interno del territorio dell'Unione Europea». ## Nello scritto si propone pertanto di disapplicare la norma perché in contrasto con il diritto comunitario ed in particolare con il principio della libera circolazione di merci, servizi e capitali sancito dagli artt. 30-34 (ora 28-29 Trattato CE), 59 (ora 49 Trattato CE) e 73B (ora 56 Trattato CE) del Trattato di Roma. ## Perdurando peraltro incertezze circa la praticabilità di questa soluzione, l’a. auspica l’intervento del legislatore perché abroghi la disposizione in commento. Un intervento del genere sarebbe oltretutto imposto dalla necessità di dare attuazione alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/35/CE sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. L'art. 5 di tale direttiva prescrive che il titolo esecutivo su di un credito non contestato debba formarsi entro novanta giorni dalla presentazione del ricorso, la maniera più semplice per il legislatore italiano di dare attuazione alla direttiva consiste nell'abrogare con la prossima legge comunitaria il divieto, previsto dall'ultimo comma dell'art. 633 c.p.c., di pronunciare il decreto se la notificazione all'intimato deve avvenire fuori della Repubblica. Mentre infatti con le regole del giudizio ordinario davanti al tribunale in composizione monocratica, per recuperare un credito non contestato da un debitore residente all'estero occorrono, escluso il tempo necessario per le notificazioni, almeno centoquaranta giorni (centoventi giorni tra la notificazione della citazione e la comparizione, più venti giorni tra l'udienza di prima comparizione e quella di trattazione, sempre che il giudice inviti a precisare le conclusioni alla prima udienza di trattazione senza rinviare ad una apposita udienza di precisazione e che opti, ai sensi dell'art. 281-sexies, per la decisione immediata a seguito di trattazione orale anziché per la decisione a seguito di trattazione scritta o mista di cui all'art. 281-quinquies c.p.c.), con il ricorso per decreto ingiuntivo potrebbero essere rispettati i termini più brevi imposti dalla direttiva comunitaria. ## Ed in effetti, in un momento successivo alla pubblicazione del saggio, con il d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, l’ultimo comma dell’art. 633 c.p.c. sarebbe stato abrogato con contestuale rimodulazione dei termini per fare opposizione («Se l'intimato risiede in uno degli altri Stati dell'Unione europea, il termine è di cinquanta giorni e può essere ridotto fino a venti giorni. Se l'intimato risiede in altri Stati, il termine è di sessanta giorni e, comunque, non può essere inferiore a trenta né superiore a centoventi»). SOMMARIO ## 1. Divieto legislativo di notificare il decreto ingiuntivo all'estero. - 2. Fallimento dei tentativi di superare il divieto in via giudiziale. - 3. La direttiva sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. - 4. L'attuazione della direttiva e la prospettiva dell'abrogazione dell'ultimo comma dell'art. 633 c.p.c.

Direttiva sui ritardi nei pagamenti e decreto ingiuntivo da notificare all’estero

DALMOTTO, Eugenio
2001-01-01

Abstract

ABSTRACT ## L’a. critica il testo dell’ultimo comma dell’art. 633 c.p.c. in allora vigente, secondo cui «l'ingiunzione non può essere pronunciata se la notificazione dell'intimazione di cui all'art. 643 c.p.c. deve avvenire fuori della Repubblica». ## In particolare, secondo l’a. la disposizione «è duramente criticabile in quanto sottrae alle esigenze del commercio internazionale uno degli strumenti più duttili, rapidi ed economici offerti dal nostro ordinamento per il recupero dei crediti ed è ormai avvertita come anacronistica specie per ciò che riguarda i decreti ingiuntivi da notificare all'interno del territorio dell'Unione Europea». ## Nello scritto si propone pertanto di disapplicare la norma perché in contrasto con il diritto comunitario ed in particolare con il principio della libera circolazione di merci, servizi e capitali sancito dagli artt. 30-34 (ora 28-29 Trattato CE), 59 (ora 49 Trattato CE) e 73B (ora 56 Trattato CE) del Trattato di Roma. ## Perdurando peraltro incertezze circa la praticabilità di questa soluzione, l’a. auspica l’intervento del legislatore perché abroghi la disposizione in commento. Un intervento del genere sarebbe oltretutto imposto dalla necessità di dare attuazione alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/35/CE sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. L'art. 5 di tale direttiva prescrive che il titolo esecutivo su di un credito non contestato debba formarsi entro novanta giorni dalla presentazione del ricorso, la maniera più semplice per il legislatore italiano di dare attuazione alla direttiva consiste nell'abrogare con la prossima legge comunitaria il divieto, previsto dall'ultimo comma dell'art. 633 c.p.c., di pronunciare il decreto se la notificazione all'intimato deve avvenire fuori della Repubblica. Mentre infatti con le regole del giudizio ordinario davanti al tribunale in composizione monocratica, per recuperare un credito non contestato da un debitore residente all'estero occorrono, escluso il tempo necessario per le notificazioni, almeno centoquaranta giorni (centoventi giorni tra la notificazione della citazione e la comparizione, più venti giorni tra l'udienza di prima comparizione e quella di trattazione, sempre che il giudice inviti a precisare le conclusioni alla prima udienza di trattazione senza rinviare ad una apposita udienza di precisazione e che opti, ai sensi dell'art. 281-sexies, per la decisione immediata a seguito di trattazione orale anziché per la decisione a seguito di trattazione scritta o mista di cui all'art. 281-quinquies c.p.c.), con il ricorso per decreto ingiuntivo potrebbero essere rispettati i termini più brevi imposti dalla direttiva comunitaria. ## Ed in effetti, in un momento successivo alla pubblicazione del saggio, con il d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, l’ultimo comma dell’art. 633 c.p.c. sarebbe stato abrogato con contestuale rimodulazione dei termini per fare opposizione («Se l'intimato risiede in uno degli altri Stati dell'Unione europea, il termine è di cinquanta giorni e può essere ridotto fino a venti giorni. Se l'intimato risiede in altri Stati, il termine è di sessanta giorni e, comunque, non può essere inferiore a trenta né superiore a centoventi»). SOMMARIO ## 1. Divieto legislativo di notificare il decreto ingiuntivo all'estero. - 2. Fallimento dei tentativi di superare il divieto in via giudiziale. - 3. La direttiva sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. - 4. L'attuazione della direttiva e la prospettiva dell'abrogazione dell'ultimo comma dell'art. 633 c.p.c.
2001
-
1092
1105
Ingiunzione, Decreto ingiuntivo da notificare all’estero, Divieto, Contrasto con il trattato CE, Direttiva sui ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, Riforma legislativa
Eugenio Dalmotto
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