L’analisi ha per obiettivo lo studio dei contenuti e degli usi di hegemonia nella nuova epoca che si apre con Alessandro. Alla luce dell’ampia bibliografia sul tema, la ricerca prende avvio dalla definizione sintetica, ma puntuale, delle caratteristiche che il vocabolo assume durante il V e il IV secolo: in particolare si pone in evidenza il principio di necessità che sembra determinare non soltanto il decisivo ruolo dell’hegemonia nella storia, ma anche il senso di smarrimento e confusione che si verifica, socialmente e storiograficamente, quando, tra le poleis, vengono meno i punti di riferimento tradizionali nella gestione del potere e del conflitto; allo stesso tempo si valorizza, in funzione del confronto con l’età ellenistica, la tensione sempre presente nel concetto di hegemonia fra l’applicazione del diritto al comando da parte del più forte e la possibilità di disporre di uno strumento utile a guidare e coordinare poleis e popoli greci che liberamente vogliano convergere verso comuni obiettivi a livello interstatale ai fini, anzitutto, della convivenza concorde e felice. È anzitutto sulla base di queste considerazioni che si giunge quindi alla valutazione della hegemonia a partire dalle conquiste di Alessandro seguendo alcuni momenti nodali della storia ellenistica e insieme guardando più nel dettaglio ad alcuni momenti della storia di Atene ellenistica: si cerca così di cogliere l’opportunità di valutare i modi con cui una polis, per destino votata all’egemonia, si adattò alle altrui egemonie. Il percorso fra le fonti è articolato in due momenti che cercano di elaborare due concezioni portanti del termine in oggetto: 1) l’hegemonia universale; 2) l’hegemonia locale o di secondo livello. Quanto all’aspirazione ad una hegemonia sull’oikoumene si presentano le attestazioni relative ad Alessandro, Antigono Monoftalmo e, a distanza di più di un secolo, Antioco III. In contrapposizione all’universalità di queste ambizioni si esamina il tentativo di reazione attuato in Grecia in occasione della guerra lamiaca: dopo aver evidenziato la lotta per la libertà, guidata da Atene e celebrata da Iperide, ma anche la disillusa ricerca di pace di Demade, ci si sofferma sulla valutazione delle testimonianze storiografiche e in particolare sulla koinè ton Hellenon hegemonia, indicata da Diodoro fra le motivazioni che spinsero i Greci alla guerra, interessante estremizzazione degli esperimenti di co-egemonia precedentemente ipotizzati. Se da un lato lo stabilizzarsi delle regalità ellenistiche in una precisa configurazione territoriale vede la basileia sostituire e svilire le funzioni legate alle interpretazioni più autenticamente greche della hegemonia (significativamente assente, per quanto riguarda l’accezione militare e politica, nelle iscrizioni ellenistiche fino a quando ricomparirà per riferirsi a Roma), d’altro lato nel III secolo riprende in Grecia, in forma particolare, la lotta per una hegemonia, che senz’altro possiamo definire non soltanto locale, ma anche di secondo livello perché subordinata all’accettazione di una più grande hegemonia: dopo averne riconosciuto un significativo precedente nel rapporto militare intercorso fra Taranto e Pirro, si considera il caso fondamentale delle pretese egemoniche di Cleomene III re di Sparta sulla Lega Achea di Arato, il quale, pur di non cedere al nemico peloponnesiaco, passa dalla simbolica hegemonia offerta a Tolemeo III a quella, ben più stringente, di Antigono Dosone. In questo contesto si torna infine a guardare ad Atene, al suo rifiuto di fronte al “corteggiamento” di Arato steso, alla scelta di neutralità operata da Euricleida e Micione dopo la liberazione del 229, al tentativo di porsi in una posizione equidistante dalle altrui egemonie. È allora che ad Atene si costruisce un nuovo tempio, dedicato a Demos affiancato dalle Charites, e tra di esse Hegemone (che tornerà rappresentata sulle monete del cosiddetto Nuovo Stile): non è difficile scorgere il segno di una nuova consapevolezza del ruolo di leadership che Atene sente appartenerle in Grecia e che cerca di realizzare scegliendo infine di posizionarsi dalla parte di Roma e percorrendo pratiche egemoniche, sia pure limitate, in ambito politico, militare ed economico (ruolo presso il santuario di Delfi; questioni di Aliarto, Delo, Oropo). Tuttavia, l’immediato successo delle scelte politiche ateniesi troverà presto un limite nel crescente disinteresse romano e nella provvisorietà di un ruolo troppo arrogante e allo stesso tempo debole per essere da guida per gli altri Greci: di questa debolezza e di una smarrita capacità di contare su se stessi è segno l’estremo tentativo di affidare le proprie sorti al Novello Dioniso, re del Ponto. In questo modo il fallimento dell’esperienza della polis attica, comune a quello delle altre poleis e degli ethne greci, rivela una debolezza che non fu solo militare: le considerazioni svolte, cercando di cogliere ricorrenze e significati di hegemonia, permettono infatti di collegare la crisi interna della polis all’incapacità di gestire i rapporti interstatali fra Greci alla luce del bene comune.
Hegemonia in età tardo-classica ed ellenistica
CUNIBERTI, Gianluca
2008-01-01
Abstract
L’analisi ha per obiettivo lo studio dei contenuti e degli usi di hegemonia nella nuova epoca che si apre con Alessandro. Alla luce dell’ampia bibliografia sul tema, la ricerca prende avvio dalla definizione sintetica, ma puntuale, delle caratteristiche che il vocabolo assume durante il V e il IV secolo: in particolare si pone in evidenza il principio di necessità che sembra determinare non soltanto il decisivo ruolo dell’hegemonia nella storia, ma anche il senso di smarrimento e confusione che si verifica, socialmente e storiograficamente, quando, tra le poleis, vengono meno i punti di riferimento tradizionali nella gestione del potere e del conflitto; allo stesso tempo si valorizza, in funzione del confronto con l’età ellenistica, la tensione sempre presente nel concetto di hegemonia fra l’applicazione del diritto al comando da parte del più forte e la possibilità di disporre di uno strumento utile a guidare e coordinare poleis e popoli greci che liberamente vogliano convergere verso comuni obiettivi a livello interstatale ai fini, anzitutto, della convivenza concorde e felice. È anzitutto sulla base di queste considerazioni che si giunge quindi alla valutazione della hegemonia a partire dalle conquiste di Alessandro seguendo alcuni momenti nodali della storia ellenistica e insieme guardando più nel dettaglio ad alcuni momenti della storia di Atene ellenistica: si cerca così di cogliere l’opportunità di valutare i modi con cui una polis, per destino votata all’egemonia, si adattò alle altrui egemonie. Il percorso fra le fonti è articolato in due momenti che cercano di elaborare due concezioni portanti del termine in oggetto: 1) l’hegemonia universale; 2) l’hegemonia locale o di secondo livello. Quanto all’aspirazione ad una hegemonia sull’oikoumene si presentano le attestazioni relative ad Alessandro, Antigono Monoftalmo e, a distanza di più di un secolo, Antioco III. In contrapposizione all’universalità di queste ambizioni si esamina il tentativo di reazione attuato in Grecia in occasione della guerra lamiaca: dopo aver evidenziato la lotta per la libertà, guidata da Atene e celebrata da Iperide, ma anche la disillusa ricerca di pace di Demade, ci si sofferma sulla valutazione delle testimonianze storiografiche e in particolare sulla koinè ton Hellenon hegemonia, indicata da Diodoro fra le motivazioni che spinsero i Greci alla guerra, interessante estremizzazione degli esperimenti di co-egemonia precedentemente ipotizzati. Se da un lato lo stabilizzarsi delle regalità ellenistiche in una precisa configurazione territoriale vede la basileia sostituire e svilire le funzioni legate alle interpretazioni più autenticamente greche della hegemonia (significativamente assente, per quanto riguarda l’accezione militare e politica, nelle iscrizioni ellenistiche fino a quando ricomparirà per riferirsi a Roma), d’altro lato nel III secolo riprende in Grecia, in forma particolare, la lotta per una hegemonia, che senz’altro possiamo definire non soltanto locale, ma anche di secondo livello perché subordinata all’accettazione di una più grande hegemonia: dopo averne riconosciuto un significativo precedente nel rapporto militare intercorso fra Taranto e Pirro, si considera il caso fondamentale delle pretese egemoniche di Cleomene III re di Sparta sulla Lega Achea di Arato, il quale, pur di non cedere al nemico peloponnesiaco, passa dalla simbolica hegemonia offerta a Tolemeo III a quella, ben più stringente, di Antigono Dosone. In questo contesto si torna infine a guardare ad Atene, al suo rifiuto di fronte al “corteggiamento” di Arato steso, alla scelta di neutralità operata da Euricleida e Micione dopo la liberazione del 229, al tentativo di porsi in una posizione equidistante dalle altrui egemonie. È allora che ad Atene si costruisce un nuovo tempio, dedicato a Demos affiancato dalle Charites, e tra di esse Hegemone (che tornerà rappresentata sulle monete del cosiddetto Nuovo Stile): non è difficile scorgere il segno di una nuova consapevolezza del ruolo di leadership che Atene sente appartenerle in Grecia e che cerca di realizzare scegliendo infine di posizionarsi dalla parte di Roma e percorrendo pratiche egemoniche, sia pure limitate, in ambito politico, militare ed economico (ruolo presso il santuario di Delfi; questioni di Aliarto, Delo, Oropo). Tuttavia, l’immediato successo delle scelte politiche ateniesi troverà presto un limite nel crescente disinteresse romano e nella provvisorietà di un ruolo troppo arrogante e allo stesso tempo debole per essere da guida per gli altri Greci: di questa debolezza e di una smarrita capacità di contare su se stessi è segno l’estremo tentativo di affidare le proprie sorti al Novello Dioniso, re del Ponto. In questo modo il fallimento dell’esperienza della polis attica, comune a quello delle altre poleis e degli ethne greci, rivela una debolezza che non fu solo militare: le considerazioni svolte, cercando di cogliere ricorrenze e significati di hegemonia, permettono infatti di collegare la crisi interna della polis all’incapacità di gestire i rapporti interstatali fra Greci alla luce del bene comune.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Cuniberti Forme sovrapoleiche.pdf.pdf
Accesso aperto
Tipo di file:
POSTPRINT (VERSIONE FINALE DELL’AUTORE)
Dimensione
3.07 MB
Formato
Adobe PDF
|
3.07 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.