Lo studio mira ad approfondire l’impatto della tecnica sul diritto amministrativo prendendo le mosse dalla constatazione secondo la quale il progresso tecnico scientifico conduce inevitabilmente ad una progressiva specializzazione ed atomizzazione del sapere con la conseguenza che, sempre più frequentemente, i soggetti pubblici chiamati a decidere devono avvalersi di “esperti”. Se la questione della “tecnica” nel diritto amministrativo interseca necessariamente gli studi sulla cd. discrezionalità tecnica ed interessa, come campo elettivo di studio, il problema dei limiti del sindacato del giudice amministrativo in relazione ad essa (problemi ai quali è comunque dedicata ampia riflessione), il lavoro, secondo un approccio più ampio, mira ad individuare le molteplici implicazioni di tali trasformazioni, partendo dalla progressiva tecnicizzazione delle norme attributive dei poteri amministrativi e concentrandosi in particolare sui problemi che si generano in riferimento all’esercizio del potere amministrativo. In tale direzione si muove dunque l’esame analitico delle norme dettate dalla l. n. 241/1990 in materia di istruttoria procedimentale allo scopo di verificare se ed in quale misura tale disciplina sia idonea ad attribuire un ruolo ai cd. esperti nell’ambito della scansione procedimentale, soprattutto nei confronti del decisore finale. Per altro ma connesso profilo, si delineano altresì, da una parte, la crescente importanza dei cd. poteri forti, ossia di nuovi e necessari interlocutori (le imprese) con i quali l’amministrazione è tenuta a rapportarsi sempre più spesso in quanto detentori di quelle conoscenze tecniche necessarie ad operare in modo corretto ed efficiente, e, dall’altra, il progressivo isolamento dei “semplici” cittadini non sempre forniti di tutele adeguate al contesto esaminato. Emerge così, prima ancora della (o comunque contestualmente alla) necessità di un adeguamento del sindacato del giudice amministrativo di legittimità, la necessità di un’amministrazione diversa, o parzialmente tale, regolata in modo da poter svolgere funzioni di ripristino dell’equilibrio tra i vari attori in gioco. Sembra così possibile individuare una linea evolutiva riferita alla cd. tecnicizzazione del diritto in cui si passa da una situazione iniziale in cui il sapere specialistico impattava marginalmente sui processi decisionali dell’amministrazione, interessando, al massimo, un segmento della scansione procedimentale dedicato all’accertamento/qualificazione di elementi fattuali, ad una situazione molto più complessa (quella oggi in atto) in cui la tecnica diventa attributo caratteristico dello scenario in cui l’amministrazione è chiamata ad agire e a decidere, con la conseguente trasformazione o creazione di istituti che stentano a trovare una collocazione all’interno delle categorie tradizionali. Lo scenario iniziale che può essere indicato come quello della “tecnica nell’amministrazione”, nella quale cioè la tecnica è percepita quasi come un evento accidentale nell’ambito del processo decisionale, e (forse) nella stessa vita dell’amministrazione, assume, dunque, oggi, contorni ben differenti. Grazie alla trasversalità dell’ analisi, è stato possibile cogliere alcuni problemi ricorrenti, mutatis mutandis, in ciascuno degli ambiti analizzati. In particolare è stato possibile rilevare come la portata attuale dell’impatto della tecnica sul diritto (amministrativo) comporti la richiesta, a tutti i livelli (normativo, decisionale, giurisdizionale) non solo di presenza, ma di vera e propria cooperazione tra chi è chiamato a decidere e l’esperto, secondo una linea di continuità che parte dal momento delle scelte politico normative, per passare da quello amministrativo procedimentale, fino ad arrivare, a necessaria chiusura del cerchio, all’ambito del sindacato giurisdizionale. I possibili scenari sono tuttavia piuttosto diversificati e affatto disomogenei; purtuttavia sembra possibile rilevare un dato comune a tutti gli ambiti considerati, ossia una sorta di resistenza del sistema ad “incorporare” gli specialisti, ossia a renderli parte di esso. In altre parole, specie nella parte dedicata alla disciplina del procedimento, è risultato chiaro come il tecnico, la cui presenza è ormai in larga misura indispensabile, stenti a trovare un suo ruolo preciso nei confronti dei politici e dei burocrati, mantenendo tuttavia una propria autonomia da questi; mentre, per altro verso, a livello di giudizio amministrativo, è emerso come la nomina del c.t.u. passi dall’essere considerata non necessaria (pur a fronte di censure su aspetti tecnici) ad essere, viceversa, ritenuta idonea a consentire un sindacato sostitutivo di valutazioni tecniche anche molto complesse.

L'amministrazione della tecnica

VIDETTA, Cristina
2008-01-01

Abstract

Lo studio mira ad approfondire l’impatto della tecnica sul diritto amministrativo prendendo le mosse dalla constatazione secondo la quale il progresso tecnico scientifico conduce inevitabilmente ad una progressiva specializzazione ed atomizzazione del sapere con la conseguenza che, sempre più frequentemente, i soggetti pubblici chiamati a decidere devono avvalersi di “esperti”. Se la questione della “tecnica” nel diritto amministrativo interseca necessariamente gli studi sulla cd. discrezionalità tecnica ed interessa, come campo elettivo di studio, il problema dei limiti del sindacato del giudice amministrativo in relazione ad essa (problemi ai quali è comunque dedicata ampia riflessione), il lavoro, secondo un approccio più ampio, mira ad individuare le molteplici implicazioni di tali trasformazioni, partendo dalla progressiva tecnicizzazione delle norme attributive dei poteri amministrativi e concentrandosi in particolare sui problemi che si generano in riferimento all’esercizio del potere amministrativo. In tale direzione si muove dunque l’esame analitico delle norme dettate dalla l. n. 241/1990 in materia di istruttoria procedimentale allo scopo di verificare se ed in quale misura tale disciplina sia idonea ad attribuire un ruolo ai cd. esperti nell’ambito della scansione procedimentale, soprattutto nei confronti del decisore finale. Per altro ma connesso profilo, si delineano altresì, da una parte, la crescente importanza dei cd. poteri forti, ossia di nuovi e necessari interlocutori (le imprese) con i quali l’amministrazione è tenuta a rapportarsi sempre più spesso in quanto detentori di quelle conoscenze tecniche necessarie ad operare in modo corretto ed efficiente, e, dall’altra, il progressivo isolamento dei “semplici” cittadini non sempre forniti di tutele adeguate al contesto esaminato. Emerge così, prima ancora della (o comunque contestualmente alla) necessità di un adeguamento del sindacato del giudice amministrativo di legittimità, la necessità di un’amministrazione diversa, o parzialmente tale, regolata in modo da poter svolgere funzioni di ripristino dell’equilibrio tra i vari attori in gioco. Sembra così possibile individuare una linea evolutiva riferita alla cd. tecnicizzazione del diritto in cui si passa da una situazione iniziale in cui il sapere specialistico impattava marginalmente sui processi decisionali dell’amministrazione, interessando, al massimo, un segmento della scansione procedimentale dedicato all’accertamento/qualificazione di elementi fattuali, ad una situazione molto più complessa (quella oggi in atto) in cui la tecnica diventa attributo caratteristico dello scenario in cui l’amministrazione è chiamata ad agire e a decidere, con la conseguente trasformazione o creazione di istituti che stentano a trovare una collocazione all’interno delle categorie tradizionali. Lo scenario iniziale che può essere indicato come quello della “tecnica nell’amministrazione”, nella quale cioè la tecnica è percepita quasi come un evento accidentale nell’ambito del processo decisionale, e (forse) nella stessa vita dell’amministrazione, assume, dunque, oggi, contorni ben differenti. Grazie alla trasversalità dell’ analisi, è stato possibile cogliere alcuni problemi ricorrenti, mutatis mutandis, in ciascuno degli ambiti analizzati. In particolare è stato possibile rilevare come la portata attuale dell’impatto della tecnica sul diritto (amministrativo) comporti la richiesta, a tutti i livelli (normativo, decisionale, giurisdizionale) non solo di presenza, ma di vera e propria cooperazione tra chi è chiamato a decidere e l’esperto, secondo una linea di continuità che parte dal momento delle scelte politico normative, per passare da quello amministrativo procedimentale, fino ad arrivare, a necessaria chiusura del cerchio, all’ambito del sindacato giurisdizionale. I possibili scenari sono tuttavia piuttosto diversificati e affatto disomogenei; purtuttavia sembra possibile rilevare un dato comune a tutti gli ambiti considerati, ossia una sorta di resistenza del sistema ad “incorporare” gli specialisti, ossia a renderli parte di esso. In altre parole, specie nella parte dedicata alla disciplina del procedimento, è risultato chiaro come il tecnico, la cui presenza è ormai in larga misura indispensabile, stenti a trovare un suo ruolo preciso nei confronti dei politici e dei burocrati, mantenendo tuttavia una propria autonomia da questi; mentre, per altro verso, a livello di giudizio amministrativo, è emerso come la nomina del c.t.u. passi dall’essere considerata non necessaria (pur a fronte di censure su aspetti tecnici) ad essere, viceversa, ritenuta idonea a consentire un sindacato sostitutivo di valutazioni tecniche anche molto complesse.
2008
JOVENE
1
384
8824318444
C. VIDETTA
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/54415
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