In questo lavoro intendo sviluppare questi argomenti: a) del termine ‘comparazione’ è possibile fornire una definizione accurata (Marradi 1982 e 1985) . Questa definizione consente di estendere il significato del termine comparazione e, di conseguenza, anche i suoi possibili usi. Di per sé la comparazione non comporta alcun giudizio di valore negativo o positivo. Essa non produce necessariamente spiegazioni più accurate nelle scienze sociali, così come nella vita quotidiana essa può non stimolare orientamenti più tolleranti e cosmopoliti, ovvero quella costellazione di valori designata dall’espressione open mind. Anche personalità chiuse, autoritarie e fortemente intolleranti conoscono infatti a puntino l’arte della comparazione. b) Un punto di importanza minore è che i concetti ricavati dalla comparazione dovrebbero essere etichettati con termini o espressioni specifiche. Un esempio tratto da un libro famoso dell'Ottocento, di cui parlerò tra poco, mostra con chiarezza come il padre dei concetti di “deprivazione relativa” e di “gruppo di riferimento” non sia Herbert Hyman (1942) o, più in generale l’équipe de The American Soldier negli anni '40 (Stouffer 1949). L’omissione del padre di quel concetto fu, nel caso, di non attribuire a quel concetto un’etichetta terminologica. c) Un argomento più rilevante è la possibilità, almeno per il sociologo, di controllare mediante la comparazione leggi di portata universale, come si affermava un tempo, o anche degli asserti lawlike, come sostiene Sartori. La mia risposta sarà negativa. La comparazione può invece servire a controllare, in contesti temporalmente e spazialmente definiti, la presenza o l’assenza di specifici meccanismi causali, nel senso che Jon Elster (1999) ha dato recentemente a questo termine. Un meccanismo causale tipico può ad esempio essere un asserto riguardante la deprivazione relativa. d) I risultati di una comparazione non si esauriscono però solo nei risultati tipici del controllo: l’abbandono o l’accettazione di una specifica ipotesi. Essa può infatti produrre altri effetti, alcuni dei quali inattesi: indurre il ricercatore a mettere a punto ipotesi più sofisticate e adeguate; mettere alla prova teorie dotate di una capacità analitica assai elevata; formare nuovi concetti e costrutti analitici o precisarli ulteriormente.

La comparazione nelle scienze sociali: molti usi per molti risultati, talora inattesi

BALDISSERA, Alberto
2003-01-01

Abstract

In questo lavoro intendo sviluppare questi argomenti: a) del termine ‘comparazione’ è possibile fornire una definizione accurata (Marradi 1982 e 1985) . Questa definizione consente di estendere il significato del termine comparazione e, di conseguenza, anche i suoi possibili usi. Di per sé la comparazione non comporta alcun giudizio di valore negativo o positivo. Essa non produce necessariamente spiegazioni più accurate nelle scienze sociali, così come nella vita quotidiana essa può non stimolare orientamenti più tolleranti e cosmopoliti, ovvero quella costellazione di valori designata dall’espressione open mind. Anche personalità chiuse, autoritarie e fortemente intolleranti conoscono infatti a puntino l’arte della comparazione. b) Un punto di importanza minore è che i concetti ricavati dalla comparazione dovrebbero essere etichettati con termini o espressioni specifiche. Un esempio tratto da un libro famoso dell'Ottocento, di cui parlerò tra poco, mostra con chiarezza come il padre dei concetti di “deprivazione relativa” e di “gruppo di riferimento” non sia Herbert Hyman (1942) o, più in generale l’équipe de The American Soldier negli anni '40 (Stouffer 1949). L’omissione del padre di quel concetto fu, nel caso, di non attribuire a quel concetto un’etichetta terminologica. c) Un argomento più rilevante è la possibilità, almeno per il sociologo, di controllare mediante la comparazione leggi di portata universale, come si affermava un tempo, o anche degli asserti lawlike, come sostiene Sartori. La mia risposta sarà negativa. La comparazione può invece servire a controllare, in contesti temporalmente e spazialmente definiti, la presenza o l’assenza di specifici meccanismi causali, nel senso che Jon Elster (1999) ha dato recentemente a questo termine. Un meccanismo causale tipico può ad esempio essere un asserto riguardante la deprivazione relativa. d) I risultati di una comparazione non si esauriscono però solo nei risultati tipici del controllo: l’abbandono o l’accettazione di una specifica ipotesi. Essa può infatti produrre altri effetti, alcuni dei quali inattesi: indurre il ricercatore a mettere a punto ipotesi più sofisticate e adeguate; mettere alla prova teorie dotate di una capacità analitica assai elevata; formare nuovi concetti e costrutti analitici o precisarli ulteriormente.
2003
Gli usi della comparazione
FrancoAngeli
1
19
38
9788846447166
http://www.francoangeli.it
comparazione; definizione; comparabilità; universalismo; spiegazione; concettualizzazione
Alberto Baldissera
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