Questa raccolta di saggi dell’italianista Bonavita (1968-2005) affronta il tema del razzismo verso gli ebrei e le genti di colore in narrativa. Con rigore analitico e una scrittura gradevolmente scorrevole, Bonavita prende in esame un vasto corpus di romanzi che copre il lungo periodo dall’Italia pre-unitaria alle Leggi Razziali del 1938. Emerge così un percorso degli stereotipi antiebraici, particolarmente virulenti soprattutto nell’ultimo ventennio dell’800 e negli anni Trenta del ’900; Bonavita dimostra le radici cattolico-vaticane del fenomeno, soprattutto grazie ai romanzi di Civiltà Cattolica, a confronto di una netta minoranza di opere ‘laiche’. L’immagine dell’ebreo avido e repellente si intreccia progressivamente con ulteriori distorsioni, come il complotto mondiale giudo-massonico (ben precedente ai famigerati Protocolli dei Savi di Sion) e la bella ebrea femme-fatale. L’ideologia fascista si innesta successivamente su questo impianto già ben consolidato, e “non rappresenta una consistente innovazione nemmeno rispetto all’età liberale, bensì un inasprimento delle posizioni più retrive già presenti nella nostra tradizione, attuato enfatizzando i risvolti biologici di un nazionalismo già ampiamente xenofobo ed etnocentrico”. Nella letteratura coloniale è l’elemento del sangue a creare una barriera tra italiani e colonizzati: i primi esaltati dal rivitalizzarsi delle virtù fasciste nel contesto esotico e i secondi animalizzati, come si nota soprattutto nei ricorrenti rapporti d’amore interrazziali. Bonavita esamina i rapporti tra questa letteratura e le convenzioni di molti generi -- il gotico, il feuilleton, l’erotismo di fine secolo, il giallo. E spazia tra letteratura ‘alta’ (D’Annunzio, Serao, Papini), opere di consumo (Invernizio e molti altri) e di propaganda cattolica. Il primo saggio del volume è dedicato alla critica letteraria fascista, al modo in cui la rivista La difesa della razza ha “sapientemente ritagliato” e decontestualizzato l’opera di Leopardi per arruolarlo nell’irrazionalismo antisemita di Stato. Ma l’ampio respiro dell’indagine (grande pregio di questo libro) va ben oltre i confini della narrativa. Bonavita non manca di includervi le complicità degli studi pseudo-scientifici sulle ‘razze’, né la forzatura con cui alcune opere di finzione sono state mascherate da realtà documentata. E sono da antologia le pagine in cui analizza la celeberrima immagine di copertina de La difesa della razza, giacché Spettri dell’altro scandaglia l’immaginario, in un raro e pregevole esempio di cultural studies applicato al nostro sostrato coloniale e xenofobo. Non a caso vengono citati Benjamin, Gramsci, Eco e Said tra i riferimenti teorici, rilevando come in Italia gli studi postcoloniali e multiculturali che interrogano il passato siano ancora tutti da sviluppare. Un libro necessario per una solida confutazione di luoghi comuni del tipo ‘italiani brava gente’, che vedono nelle Leggi del ’38 un semplice incidente di percorso. Bonavita lascia una preziosa eredità costituita da vari spunti di riflessione, spesso impliciti ma costanti, per il nostro presente in cui i diritti umani vengono progressivamente ‘razzializzati’, e in cui le ultime ondate migratorie hanno risvegliato “un razzismo diffuso, che si credeva inesistente solo perché non aveva ancora avuto occasione di manifestarsi”.

Il razzismo aspetta l'occasione

DEANDREA, Pietro
2010-01-01

Abstract

Questa raccolta di saggi dell’italianista Bonavita (1968-2005) affronta il tema del razzismo verso gli ebrei e le genti di colore in narrativa. Con rigore analitico e una scrittura gradevolmente scorrevole, Bonavita prende in esame un vasto corpus di romanzi che copre il lungo periodo dall’Italia pre-unitaria alle Leggi Razziali del 1938. Emerge così un percorso degli stereotipi antiebraici, particolarmente virulenti soprattutto nell’ultimo ventennio dell’800 e negli anni Trenta del ’900; Bonavita dimostra le radici cattolico-vaticane del fenomeno, soprattutto grazie ai romanzi di Civiltà Cattolica, a confronto di una netta minoranza di opere ‘laiche’. L’immagine dell’ebreo avido e repellente si intreccia progressivamente con ulteriori distorsioni, come il complotto mondiale giudo-massonico (ben precedente ai famigerati Protocolli dei Savi di Sion) e la bella ebrea femme-fatale. L’ideologia fascista si innesta successivamente su questo impianto già ben consolidato, e “non rappresenta una consistente innovazione nemmeno rispetto all’età liberale, bensì un inasprimento delle posizioni più retrive già presenti nella nostra tradizione, attuato enfatizzando i risvolti biologici di un nazionalismo già ampiamente xenofobo ed etnocentrico”. Nella letteratura coloniale è l’elemento del sangue a creare una barriera tra italiani e colonizzati: i primi esaltati dal rivitalizzarsi delle virtù fasciste nel contesto esotico e i secondi animalizzati, come si nota soprattutto nei ricorrenti rapporti d’amore interrazziali. Bonavita esamina i rapporti tra questa letteratura e le convenzioni di molti generi -- il gotico, il feuilleton, l’erotismo di fine secolo, il giallo. E spazia tra letteratura ‘alta’ (D’Annunzio, Serao, Papini), opere di consumo (Invernizio e molti altri) e di propaganda cattolica. Il primo saggio del volume è dedicato alla critica letteraria fascista, al modo in cui la rivista La difesa della razza ha “sapientemente ritagliato” e decontestualizzato l’opera di Leopardi per arruolarlo nell’irrazionalismo antisemita di Stato. Ma l’ampio respiro dell’indagine (grande pregio di questo libro) va ben oltre i confini della narrativa. Bonavita non manca di includervi le complicità degli studi pseudo-scientifici sulle ‘razze’, né la forzatura con cui alcune opere di finzione sono state mascherate da realtà documentata. E sono da antologia le pagine in cui analizza la celeberrima immagine di copertina de La difesa della razza, giacché Spettri dell’altro scandaglia l’immaginario, in un raro e pregevole esempio di cultural studies applicato al nostro sostrato coloniale e xenofobo. Non a caso vengono citati Benjamin, Gramsci, Eco e Said tra i riferimenti teorici, rilevando come in Italia gli studi postcoloniali e multiculturali che interrogano il passato siano ancora tutti da sviluppare. Un libro necessario per una solida confutazione di luoghi comuni del tipo ‘italiani brava gente’, che vedono nelle Leggi del ’38 un semplice incidente di percorso. Bonavita lascia una preziosa eredità costituita da vari spunti di riflessione, spesso impliciti ma costanti, per il nostro presente in cui i diritti umani vengono progressivamente ‘razzializzati’, e in cui le ultime ondate migratorie hanno risvegliato “un razzismo diffuso, che si credeva inesistente solo perché non aveva ancora avuto occasione di manifestarsi”.
2010
XXVII:3 (marzo)
14
14
http://www.lindiceonline.com
letteratura italiana; razzismo; Leopardi; Cultural Studies; studi post-coloniali
Deandrea P.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/69459
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