La ricerca storica sull’organizzazione ospedaliera si è avviata in Europa solo dopo l’ultima guerra. In particolare gli studi sull’evoluzione dell’assistenza infermieristica in Italia sono scarsi e sono fortemente condizionati dalla frammentazione delle realtà assistenziali, retaggio della condizione politica preunitaria. Tuttavia, le condizioni lavorative e sociali, almeno per il nord Italia, erano simili. La forza lavoro fino all’inizio del ventesimo secolo, era ugualmente suddivisa tra uomini e donne. Il reclutamento femminile in particolare avveniva esclusivamente tra le esposte, cioè le trovatelle cresciute dall’ospedale. Il lavoro era durissimo con orari molto lunghi, con la totale subordinazione al personale religioso e un salario misero. Queste condizioni rimasero immutate per molto tempo, fino verso alla seconda metà dell’Ottocento, quando si assiste, nell’Europa continentale, alla riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera e al recupero culturale della professione dell’infermiere. Questa ventata riformatrice era stata anticipata di qualche decennio dalla riorganizzazione del lavoro infermieristico operata in Inghilterra da Florence Nightingale. L’Italia postunitaria, nel campo ospedaliero, era impegnata nel tentativo di omologazione delle varie realtà del paese e nel dibattito, talvolta aspro e molto teso, tra le forze politiche sull’assetto delle proprietà delle istituzioni assistenziali e ospedaliere del paese. Le particolari condizioni che si vennero a creare alla seconda metà dell’Ottocento nell’ospedale maggiore di Torino, unitamente al clima politico e sociale di apertura e di dialogo tra le componenti liberali, socialiste e cattoliche della città favorirono il progetto di risanamento dell’ospedale stesso. Infatti, è in questa prospettiva che va inquadrata la nascita della scuola per infermieri e infermiere preceduta da un’intensa attività di controllo e di pulizia del personale delle infermerie, esercitata direttamente e costantemente dagli amministratori dell’ospedale. La disponibilità dell’amministrazione ospedaliera nel seguire le raccomandazioni della componente medica, di ammodernamento e di miglioramento della qualità del servizio, si palesò con la decisione di tenere in servizio solo il personale che aveva seguito con successo i corsi della scuola, e con l’opportuno sostegno finanziario della scuola stessa. Un ulteriore segno di apprezzamento per l’attività della scuola fu la precoce decisione di portarla a due anni. Rapidamente questa attività formativa a favore del personale ospedaliero produsse i suoi frutti, migliorando la qualità del servizio ed elevando il livello etico-professionale dell’infermiere. A pochi anni dall’esordio della scuola torinese numerose amministrazioni ospedaliere italiane presero contatti con l’amministrazione di Torino per avere informazioni sull’organizzazione pratica dell’attività della scuola. Incominciò così in sordina, ad opera delle singole amministrazioni ospedaliere, il processo di formazione professionale dell’infermiere italiano. Contestualmente alla diffusione delle scuole ospedaliere, le esperienze delle scuole nightingheliane in Italia non furono coronate da successo ed ebbero carattere episodico. La continuità dell’insegnamento professionale è da vedersi invece nella trasformazione delle scuole ospedaliere in scuole convitto, presenti in molte realtà italiane, evolute successivamente nelle scuole convitto per infermiere professionali.

La nascita del nuovo modello ospedaliero a fine ottocento e la formazione professionale degli infermieri

BARGONI, Alessandro
2008-01-01

Abstract

La ricerca storica sull’organizzazione ospedaliera si è avviata in Europa solo dopo l’ultima guerra. In particolare gli studi sull’evoluzione dell’assistenza infermieristica in Italia sono scarsi e sono fortemente condizionati dalla frammentazione delle realtà assistenziali, retaggio della condizione politica preunitaria. Tuttavia, le condizioni lavorative e sociali, almeno per il nord Italia, erano simili. La forza lavoro fino all’inizio del ventesimo secolo, era ugualmente suddivisa tra uomini e donne. Il reclutamento femminile in particolare avveniva esclusivamente tra le esposte, cioè le trovatelle cresciute dall’ospedale. Il lavoro era durissimo con orari molto lunghi, con la totale subordinazione al personale religioso e un salario misero. Queste condizioni rimasero immutate per molto tempo, fino verso alla seconda metà dell’Ottocento, quando si assiste, nell’Europa continentale, alla riorganizzazione dell’assistenza ospedaliera e al recupero culturale della professione dell’infermiere. Questa ventata riformatrice era stata anticipata di qualche decennio dalla riorganizzazione del lavoro infermieristico operata in Inghilterra da Florence Nightingale. L’Italia postunitaria, nel campo ospedaliero, era impegnata nel tentativo di omologazione delle varie realtà del paese e nel dibattito, talvolta aspro e molto teso, tra le forze politiche sull’assetto delle proprietà delle istituzioni assistenziali e ospedaliere del paese. Le particolari condizioni che si vennero a creare alla seconda metà dell’Ottocento nell’ospedale maggiore di Torino, unitamente al clima politico e sociale di apertura e di dialogo tra le componenti liberali, socialiste e cattoliche della città favorirono il progetto di risanamento dell’ospedale stesso. Infatti, è in questa prospettiva che va inquadrata la nascita della scuola per infermieri e infermiere preceduta da un’intensa attività di controllo e di pulizia del personale delle infermerie, esercitata direttamente e costantemente dagli amministratori dell’ospedale. La disponibilità dell’amministrazione ospedaliera nel seguire le raccomandazioni della componente medica, di ammodernamento e di miglioramento della qualità del servizio, si palesò con la decisione di tenere in servizio solo il personale che aveva seguito con successo i corsi della scuola, e con l’opportuno sostegno finanziario della scuola stessa. Un ulteriore segno di apprezzamento per l’attività della scuola fu la precoce decisione di portarla a due anni. Rapidamente questa attività formativa a favore del personale ospedaliero produsse i suoi frutti, migliorando la qualità del servizio ed elevando il livello etico-professionale dell’infermiere. A pochi anni dall’esordio della scuola torinese numerose amministrazioni ospedaliere italiane presero contatti con l’amministrazione di Torino per avere informazioni sull’organizzazione pratica dell’attività della scuola. Incominciò così in sordina, ad opera delle singole amministrazioni ospedaliere, il processo di formazione professionale dell’infermiere italiano. Contestualmente alla diffusione delle scuole ospedaliere, le esperienze delle scuole nightingheliane in Italia non furono coronate da successo ed ebbero carattere episodico. La continuità dell’insegnamento professionale è da vedersi invece nella trasformazione delle scuole ospedaliere in scuole convitto, presenti in molte realtà italiane, evolute successivamente nelle scuole convitto per infermiere professionali.
2008
99(2)
223
230
A. Bargoni
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