Il saggio analizza la struttura del giudizio penale sulla falsariga della separazione tra fatto e diritto, nella quale si rispecchia la venerabile antitesi tra fatti e valori, ma anche tra mondo e lingua. Dopo aver reso conto della diversa struttura tra giudizio di fatto (che richiede essenzialmente una competenza empirica) e giudizio di diritto (che implica principalmente una competenza semantica), si relativizza la tradizionale distinzione fra quaestio facti e quaestio iuris; in particolare si critica la diffusa opinione, secondo cui solo il giudizio di fatto (e non anche quello di valore giuridico) sarebbe suscettibile di essere vero o falso. In realtà, ferma restando la diversa struttura dei due giudizi, anche nell’affrontare le questioni di diritto il giudice si avvale di mezzi cognitivi non dissimili da quelli usati per risolvere la questione di fatto. Per contro, anche nel ricostruire i fatti, il giudice muove da scelte di valore, tradizionalmente associate alla soluzione delle sole questioni di diritto. Particolare attenzione viene riservata alla soluzione dei c.d. casi difficili che sussistono tanto in fatto quanto in diritto: viene qui in rilievo la regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, il cui nucleo essenziale ruota sul concetto inevitabilmente vago di ‘ragionevole’. Si analizzano, infine, in chiave critica i molteplici criteri legali di valutazione della prova , tra i quali quelli concernente gli indizi, le dichiarazioni dei coimputati, la valutazione delle sentenze irrevocabili pronunciati in altri processi.
Il giudizio penale: fatto e valore giuridico
FERRUA, Paolo
2010-01-01
Abstract
Il saggio analizza la struttura del giudizio penale sulla falsariga della separazione tra fatto e diritto, nella quale si rispecchia la venerabile antitesi tra fatti e valori, ma anche tra mondo e lingua. Dopo aver reso conto della diversa struttura tra giudizio di fatto (che richiede essenzialmente una competenza empirica) e giudizio di diritto (che implica principalmente una competenza semantica), si relativizza la tradizionale distinzione fra quaestio facti e quaestio iuris; in particolare si critica la diffusa opinione, secondo cui solo il giudizio di fatto (e non anche quello di valore giuridico) sarebbe suscettibile di essere vero o falso. In realtà, ferma restando la diversa struttura dei due giudizi, anche nell’affrontare le questioni di diritto il giudice si avvale di mezzi cognitivi non dissimili da quelli usati per risolvere la questione di fatto. Per contro, anche nel ricostruire i fatti, il giudice muove da scelte di valore, tradizionalmente associate alla soluzione delle sole questioni di diritto. Particolare attenzione viene riservata alla soluzione dei c.d. casi difficili che sussistono tanto in fatto quanto in diritto: viene qui in rilievo la regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, il cui nucleo essenziale ruota sul concetto inevitabilmente vago di ‘ragionevole’. Si analizzano, infine, in chiave critica i molteplici criteri legali di valutazione della prova , tra i quali quelli concernente gli indizi, le dichiarazioni dei coimputati, la valutazione delle sentenze irrevocabili pronunciati in altri processi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.