Austropotamobius pallipes è l’unica specie autoctona di gambero d’acqua dolce presente nelle acque piemontesi. Nelle ultime decadi è stata osservata una progressiva rarefazione di questo crostaceo da numerosi corpi idrici nei quali era largamente diffuso. Le cause della sua rarefazione sono molteplici. Tra quelle più importanti annoveriamo: 1) un progressivo peggioramento dello stato di salute della rete idrica regionale, legato all’inquinamento cronico da reflui civili ed industriali; 2) la canalizzazione e la cementificazione degli alvei di numerosi corpi idrici minori; 3) l’introduzione di specie alloctone; 4) la comparsa del parassita Aphanomyces astaci (importato dalle specie alloctone), che ha causato epidemie di “peste del gambero”; 5) la pesca di frodo. La specie, oggigiorno minacciata di estinzione, è inserita nella Lista Rossa dell'IUCN ed è sottoposta a particolari azioni nazionali ed internazionali di tutela tra le quali: L.R. 32 del 2 Novembre 1982 – L.R. 37 del 29 Dicembre 2006 - Allegati Il e IV della Convenzione di Berna - Allegati I e Il della Direttiva Habitat 92/43/ECC. Per contribuire alla sua salvaguardia e gestione, nel 2005 il Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università degli Studi di Torino ha intrapreso uno studio mirato al censimento ed alla caratterizzazione ecologica delle stazioni piemontesi potenzialmente ancora idonee ad ospitare popolazioni di gambero. Il primo passo del progetto è stato quello di raccogliere informazioni riguardo alla presenza di A. pallipes nel territorio regionale. Nel quadriennio 2005/2008 sono state individuate 175 stazioni storicamente abitate dal gambero e presumibilmente ancora idonee ad ospitarlo (Fig.1). In ciascun sito, la presenza della specie è stata verificata sia di giorno tramite visual census, sia di notte attraverso la posa di nasse. Nel primo caso, sono stati eseguiti dei transetti lungo ciascun corpo idrico per un tempo di 20-30 minuti, utilizzando appositi retini e sollevando ciottoli e fogliame alla ricerca degli esemplari che, durante le ore diurne, si nascondono sotto di essi. Nel secondo caso, per catturare gli esemplari attivi durante le ore notturne, sono state impiegate trappole di piccole dimensioni (30 x 30 x 50 cm) con rete a maglie fini (2 mm circa) e colorazione criptica. All’interno delle nasse sono state posizionate esche costituite da scarti di macellazione (fegato di pollo o maiale). Le nasse sono state posizionate all’imbrunire e raccolte il mattino successivo. Per ciascun sito, è stata effettuata la georeferenziazione e, attraverso la compilazione di una scheda di campo, è stata effettuata la caratterizzazione ambientale. In particolare, sono state raccolte informazioni circa: altitudine, profondità dell’acqua, granulometria del substrato, velocità della corrente, larghezza dell’alveo bagnato e dell’alveo di morbida, pendenza degli argini, presenza e la tipologia della vegetazione riparia, della vegetazione acquatica, del periphyton e circa l’eventuale presenza di rami o detriti sul fondo. Inoltre, in ogni corpo idrico, sono stati misurati i principali parametri chimico-fisici dell’acqua, utilizzati per valutarne la qualità. In particolare, in situ, con l’utilizzo di una sonda multiparametrica ad immersione, sono stati considerati: temperatura, percentuale di ossigeno disciolto, pH e conducibilità elettrica, mentre, in laboratorio, sono state misurate le concentrazioni di: sodio, potassio, calcio, magnesio, silice, cloro, nitrati e solfati. I risultati ottenuti evidenziano che la specie ha distribuzione discontinua e frammentata all’interno dell’area di studio e che non è più presente in 77 dei siti storicamente segnalati come abitati. I valori chimico-fisici dell’acqua e la caratterizzazione ambientale indicano un notevole decadimento della qualità dell’habitat, sia delle stazioni non più abitate sia di alcune di quelle nelle quali la specie è ancora presente. Si può pertanto concludere che il gambero di fiume, considerato un importante patrimonio della nostra fauna e un tassello fondamentale per la biodiversità in Piemonte, rischia fortemente di scomparire dai nostri corsi d’acqua in un prossimo futuro. Sulla base delle informazioni raccolte, si sottolinea l'urgenza di drastiche misure di riduzione della pressione antropica nei siti ancora abitati ed in quelli limitrofi e potenzialmente idonei ad ospitare la specie. In questo modo, si concorrerebbe alla conservazione ed alla gestione della specie da un lato, e si favorirebbe il ripopolamento naturale dall’altro.

Il gambero di fiume autoctono in Piemonte: distribuzione, minacce e priorità per la sua conservazione

FAVARO, LIVIO;TIRELLI, Santina;PESSANI, Daniela
2010-01-01

Abstract

Austropotamobius pallipes è l’unica specie autoctona di gambero d’acqua dolce presente nelle acque piemontesi. Nelle ultime decadi è stata osservata una progressiva rarefazione di questo crostaceo da numerosi corpi idrici nei quali era largamente diffuso. Le cause della sua rarefazione sono molteplici. Tra quelle più importanti annoveriamo: 1) un progressivo peggioramento dello stato di salute della rete idrica regionale, legato all’inquinamento cronico da reflui civili ed industriali; 2) la canalizzazione e la cementificazione degli alvei di numerosi corpi idrici minori; 3) l’introduzione di specie alloctone; 4) la comparsa del parassita Aphanomyces astaci (importato dalle specie alloctone), che ha causato epidemie di “peste del gambero”; 5) la pesca di frodo. La specie, oggigiorno minacciata di estinzione, è inserita nella Lista Rossa dell'IUCN ed è sottoposta a particolari azioni nazionali ed internazionali di tutela tra le quali: L.R. 32 del 2 Novembre 1982 – L.R. 37 del 29 Dicembre 2006 - Allegati Il e IV della Convenzione di Berna - Allegati I e Il della Direttiva Habitat 92/43/ECC. Per contribuire alla sua salvaguardia e gestione, nel 2005 il Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università degli Studi di Torino ha intrapreso uno studio mirato al censimento ed alla caratterizzazione ecologica delle stazioni piemontesi potenzialmente ancora idonee ad ospitare popolazioni di gambero. Il primo passo del progetto è stato quello di raccogliere informazioni riguardo alla presenza di A. pallipes nel territorio regionale. Nel quadriennio 2005/2008 sono state individuate 175 stazioni storicamente abitate dal gambero e presumibilmente ancora idonee ad ospitarlo (Fig.1). In ciascun sito, la presenza della specie è stata verificata sia di giorno tramite visual census, sia di notte attraverso la posa di nasse. Nel primo caso, sono stati eseguiti dei transetti lungo ciascun corpo idrico per un tempo di 20-30 minuti, utilizzando appositi retini e sollevando ciottoli e fogliame alla ricerca degli esemplari che, durante le ore diurne, si nascondono sotto di essi. Nel secondo caso, per catturare gli esemplari attivi durante le ore notturne, sono state impiegate trappole di piccole dimensioni (30 x 30 x 50 cm) con rete a maglie fini (2 mm circa) e colorazione criptica. All’interno delle nasse sono state posizionate esche costituite da scarti di macellazione (fegato di pollo o maiale). Le nasse sono state posizionate all’imbrunire e raccolte il mattino successivo. Per ciascun sito, è stata effettuata la georeferenziazione e, attraverso la compilazione di una scheda di campo, è stata effettuata la caratterizzazione ambientale. In particolare, sono state raccolte informazioni circa: altitudine, profondità dell’acqua, granulometria del substrato, velocità della corrente, larghezza dell’alveo bagnato e dell’alveo di morbida, pendenza degli argini, presenza e la tipologia della vegetazione riparia, della vegetazione acquatica, del periphyton e circa l’eventuale presenza di rami o detriti sul fondo. Inoltre, in ogni corpo idrico, sono stati misurati i principali parametri chimico-fisici dell’acqua, utilizzati per valutarne la qualità. In particolare, in situ, con l’utilizzo di una sonda multiparametrica ad immersione, sono stati considerati: temperatura, percentuale di ossigeno disciolto, pH e conducibilità elettrica, mentre, in laboratorio, sono state misurate le concentrazioni di: sodio, potassio, calcio, magnesio, silice, cloro, nitrati e solfati. I risultati ottenuti evidenziano che la specie ha distribuzione discontinua e frammentata all’interno dell’area di studio e che non è più presente in 77 dei siti storicamente segnalati come abitati. I valori chimico-fisici dell’acqua e la caratterizzazione ambientale indicano un notevole decadimento della qualità dell’habitat, sia delle stazioni non più abitate sia di alcune di quelle nelle quali la specie è ancora presente. Si può pertanto concludere che il gambero di fiume, considerato un importante patrimonio della nostra fauna e un tassello fondamentale per la biodiversità in Piemonte, rischia fortemente di scomparire dai nostri corsi d’acqua in un prossimo futuro. Sulla base delle informazioni raccolte, si sottolinea l'urgenza di drastiche misure di riduzione della pressione antropica nei siti ancora abitati ed in quelli limitrofi e potenzialmente idonei ad ospitare la specie. In questo modo, si concorrerebbe alla conservazione ed alla gestione della specie da un lato, e si favorirebbe il ripopolamento naturale dall’altro.
2010
Rarità naturali. Il ruolo della biodiversità nel paesaggio dei fiumi e della collina torinese
Torino
18 marzo 2010
Rarità naturali. Il ruolo della biodiversità nel paesaggio dei fiumi e della collina torinese
Politecnico di Torino
58
58
9788882020330
http://issuu.com/diter/docs/rarita_23x28_bassa?viewMode=magazine
Austropotamobius pallipes complex; conservazione; presenza
Favaro L.; Tirelli T.; Pessani D.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/92063
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