Il fine del diradamento dovrebbe essere quello di equilibrare l’attività vegetativa della pianta con quella produttiva in modo che nessuna delle due sia preponderante sull’altra. In quest’ottica la decisione andrebbe ponderata d'anno in anno, anche in funzione dell’andamento climatico stagionale che può modificare, anche in modo rilevante, lo sviluppo vegetativo della pianta e quindi l’equilibrio fra vegetazione e produzione. Sono ormai noti gli effetti che il diradamento può avere sulle caratteristiche della produzione, ma si hanno scarse indicazioni sulle conseguenze indotte dal momento in cui esso è eseguito. Con questa ricerca si è voluto verificare, in particolare, l’influenza dell'epoca del diradamento sull’accumulo dei singoli antociani nell’uva. La sperimentazione si è svolta a Monforte d'Alba (CN) nel 2002, annata caratterizzata da piovosità notevolmente superiore e da temperature inferiori alle medie della zona; queste condizioni hanno notevolmente ritardato sia l'invaiatura sia la maturazione. Sono state messe a confronto con un testimone non diradato piante del clone di ‘Nebbiolo’ CVT CN 142 sottoposte ad un diradamento di circa il 30 %, eseguito quattro settimane dopo la piena fioritura oppure nel corso dell’invaiatura. In seguito al diradamento la produzione effettiva si è ridotta di circa il 33 % ed il peso medio dell'acino alla raccolta è risultato inferiore al testimone, indipendentemente dall'epoca d'intervento, di circa il 7 %. Il diradamento, in tutte e due le epoche, ha provocato un accumulo maggiore e più rapido degli zuccheri nel mosto ed una diminuzione dell'acidità titolabile ma senza variazione di pH. Il contenuto in antociani totali è aumentato in modo significativo con il diradamento, sia in epoca tardiva (+32 %), sia in epoca precoce (+20 %). Il diradamento ha infine indotto modificazioni nel profilo antocianico determinato per via cromatografica (HPLC); si ricorda che il vitigno ‘Nebbiolo’ presenta un’elevata percentuale di peonidina-3-glucoside e malvidina-3-glucoside, con il primo composto nettamente preponderante sul secondo. Si è verificato, con particolare evidenza nelle uve provenienti da piante diradate all’invaiatura, un consistente incremento degli antociani disostituiti sotto forma sia libera, sia esterificata con acido p-cumarico. Per il vitigno ‘Nebbiolo’, l'incremento quantitativo di antociani, che avviene in maggior quantità in uve derivate da piante diradate all'invaiatura, è quindi la conseguenza di un maggior accumulo dei composti acilati (per altro di limitata importanza quantitativa, circa il 5 %), e degli antociani disostituiti (65-75 % del totale degli antociani nel clone esaminato), più facilmente estraibili dalle bucce ma anche molto più facilmente e rapidamente soggetti a reazioni che ne riducono il contenuto nel mosto in fermentazione e, infine, nel vino. Questi risultati, ulteriormente approfondibili, indicano che le scelte concernenti il diradamento possono essere importanti anche per ottenere uve più ricche non soltanto di colore, ma con colore più stabile, soprattutto in vitigni, come il ‘Nebbiolo’, la cui colorazione si basa sulla predominanza di composti antocianici disostituiti.

Influenza del diradamento dei grappoli sull’accumulo di antociani nelle uve.

GUIDONI, Silvia;
2003-01-01

Abstract

Il fine del diradamento dovrebbe essere quello di equilibrare l’attività vegetativa della pianta con quella produttiva in modo che nessuna delle due sia preponderante sull’altra. In quest’ottica la decisione andrebbe ponderata d'anno in anno, anche in funzione dell’andamento climatico stagionale che può modificare, anche in modo rilevante, lo sviluppo vegetativo della pianta e quindi l’equilibrio fra vegetazione e produzione. Sono ormai noti gli effetti che il diradamento può avere sulle caratteristiche della produzione, ma si hanno scarse indicazioni sulle conseguenze indotte dal momento in cui esso è eseguito. Con questa ricerca si è voluto verificare, in particolare, l’influenza dell'epoca del diradamento sull’accumulo dei singoli antociani nell’uva. La sperimentazione si è svolta a Monforte d'Alba (CN) nel 2002, annata caratterizzata da piovosità notevolmente superiore e da temperature inferiori alle medie della zona; queste condizioni hanno notevolmente ritardato sia l'invaiatura sia la maturazione. Sono state messe a confronto con un testimone non diradato piante del clone di ‘Nebbiolo’ CVT CN 142 sottoposte ad un diradamento di circa il 30 %, eseguito quattro settimane dopo la piena fioritura oppure nel corso dell’invaiatura. In seguito al diradamento la produzione effettiva si è ridotta di circa il 33 % ed il peso medio dell'acino alla raccolta è risultato inferiore al testimone, indipendentemente dall'epoca d'intervento, di circa il 7 %. Il diradamento, in tutte e due le epoche, ha provocato un accumulo maggiore e più rapido degli zuccheri nel mosto ed una diminuzione dell'acidità titolabile ma senza variazione di pH. Il contenuto in antociani totali è aumentato in modo significativo con il diradamento, sia in epoca tardiva (+32 %), sia in epoca precoce (+20 %). Il diradamento ha infine indotto modificazioni nel profilo antocianico determinato per via cromatografica (HPLC); si ricorda che il vitigno ‘Nebbiolo’ presenta un’elevata percentuale di peonidina-3-glucoside e malvidina-3-glucoside, con il primo composto nettamente preponderante sul secondo. Si è verificato, con particolare evidenza nelle uve provenienti da piante diradate all’invaiatura, un consistente incremento degli antociani disostituiti sotto forma sia libera, sia esterificata con acido p-cumarico. Per il vitigno ‘Nebbiolo’, l'incremento quantitativo di antociani, che avviene in maggior quantità in uve derivate da piante diradate all'invaiatura, è quindi la conseguenza di un maggior accumulo dei composti acilati (per altro di limitata importanza quantitativa, circa il 5 %), e degli antociani disostituiti (65-75 % del totale degli antociani nel clone esaminato), più facilmente estraibili dalle bucce ma anche molto più facilmente e rapidamente soggetti a reazioni che ne riducono il contenuto nel mosto in fermentazione e, infine, nel vino. Questi risultati, ulteriormente approfondibili, indicano che le scelte concernenti il diradamento possono essere importanti anche per ottenere uve più ricche non soltanto di colore, ma con colore più stabile, soprattutto in vitigni, come il ‘Nebbiolo’, la cui colorazione si basa sulla predominanza di composti antocianici disostituiti.
2003
26
27
42
Guidoni S.; Argamante N.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/2318/106432
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