Oggi, sempre più spesso, si sente parlare di sostenibilità: sostenibilità ambientale, economica, sociale. Il grande problema che la società ha di fronte è però come tradurre i principi teorici in pratiche reali e quotidiane. Le persone hanno spesso difficoltà a sviluppare una forte sensibilità verso le tematiche ambientali e ad adottare in modo convinto atteggiamenti sostenibili nei confronti della società e dell’ambiente. L’atteggiamento che ciascuno di noi ha nei confronti dell’ambiente nasce dal tipo di educazione che, fin dalla prima infanzia, ci viene impartita. La riduzione di spazi naturali, l’allontanamento fisico dalla natura, le esperienze e le sollecitazioni sempre più virtuali e meno reali, le attività di gioco eccessivamente strutturate e precostituite, i sempre più scarsi momenti di reale socializzazione con genitori, insegnanti e compagni di scuola, sono alcuni esempi di ciò che la nostra società impone ad una gioventù sempre meno autonoma e capace di affrontare situazioni nuove, di valutare opportunità e rischi. Tali condizioni odierne comportano diverse problematiche, come l’attuale condizione giovanile (con particolare riferimento ai ragazzi “urbanizzati”) caratterizzata dalla solitudine e dalla reale socializzazione negata; il rapporto sfavorevole tra esperienze reali ed esperienze virtuali; l’autonomia perduta (organizzazione altrui dei tempi e degli spazi) e l’inaccettabilità del rischio da parte dei genitori e parenti (iperprotezione e assenza di avventura); la riduzione effettiva di natura e la conseguente perdita di identità ecologica come cornice entro la quale ricondurre le diverse esperienze; la mancata possibilità di fare esperienze di natura come modalità per ricostruire la propria identità ecologica; in ultimo le carenze di conoscenze naturalistiche come modalità per riflettere sulla propria posizione nel Pianeta (Dodman, Camino, Barbiero, 2008). Non si può negare, quindi, l’evidenza di tali condizioni; ciò fa nascere, in ambito educativo, la necessità di formare le future generazioni ai nuovi scenari di sostenibilità. In particolare, per l’educazione alle geoscienze è ormai ampiamente riconosciuta l’importanza del fieldwork come uno dei metodi principali di apprendimento (Mondlane, Mapani 2002; Butler 2008), in grado anche di stabilire una connessione tra la parte emotiva degli studenti e quella cognitiva (Stokes, Boyle 2009).
Imparare a camminare, camminare per imparare: una nuova prospettiva educativa per riconnettersi con l’ambiente
tonon marco
First
;andrea caretto;andrea gerbaudo
2022-01-01
Abstract
Oggi, sempre più spesso, si sente parlare di sostenibilità: sostenibilità ambientale, economica, sociale. Il grande problema che la società ha di fronte è però come tradurre i principi teorici in pratiche reali e quotidiane. Le persone hanno spesso difficoltà a sviluppare una forte sensibilità verso le tematiche ambientali e ad adottare in modo convinto atteggiamenti sostenibili nei confronti della società e dell’ambiente. L’atteggiamento che ciascuno di noi ha nei confronti dell’ambiente nasce dal tipo di educazione che, fin dalla prima infanzia, ci viene impartita. La riduzione di spazi naturali, l’allontanamento fisico dalla natura, le esperienze e le sollecitazioni sempre più virtuali e meno reali, le attività di gioco eccessivamente strutturate e precostituite, i sempre più scarsi momenti di reale socializzazione con genitori, insegnanti e compagni di scuola, sono alcuni esempi di ciò che la nostra società impone ad una gioventù sempre meno autonoma e capace di affrontare situazioni nuove, di valutare opportunità e rischi. Tali condizioni odierne comportano diverse problematiche, come l’attuale condizione giovanile (con particolare riferimento ai ragazzi “urbanizzati”) caratterizzata dalla solitudine e dalla reale socializzazione negata; il rapporto sfavorevole tra esperienze reali ed esperienze virtuali; l’autonomia perduta (organizzazione altrui dei tempi e degli spazi) e l’inaccettabilità del rischio da parte dei genitori e parenti (iperprotezione e assenza di avventura); la riduzione effettiva di natura e la conseguente perdita di identità ecologica come cornice entro la quale ricondurre le diverse esperienze; la mancata possibilità di fare esperienze di natura come modalità per ricostruire la propria identità ecologica; in ultimo le carenze di conoscenze naturalistiche come modalità per riflettere sulla propria posizione nel Pianeta (Dodman, Camino, Barbiero, 2008). Non si può negare, quindi, l’evidenza di tali condizioni; ciò fa nascere, in ambito educativo, la necessità di formare le future generazioni ai nuovi scenari di sostenibilità. In particolare, per l’educazione alle geoscienze è ormai ampiamente riconosciuta l’importanza del fieldwork come uno dei metodi principali di apprendimento (Mondlane, Mapani 2002; Butler 2008), in grado anche di stabilire una connessione tra la parte emotiva degli studenti e quella cognitiva (Stokes, Boyle 2009).File | Dimensione | Formato | |
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