Barriere metalliche e filo spinato recintano il territorio dove era sorta la Libera repubblica della Maddalena. Domenica scorsa un serpente di decine di migliaia di persone ha assediato il cantiere, con una lunga camminata sotto il sole, ma anche, limoni alla mano, sotto un fitto lancio di lacrimogeni. Il potere mediatico, al servizio del potere economico, agita lo spettro della violenza, ovviamente quella dei manifestanti, perché quella delle forze di polizia è tout court legittima difesa della democrazia e dell’ordine costituzionale, così come quella dei bombardamenti all’estero è umanitaria. Ma dove sta la democrazia? E dove sta la Costituzione? Il movimento No Tav, ormai da molti anni, le evoca e le pratica. Si può sostenere non solo che il movimento si situa all’interno del paradigma democratico, ma altresì che ne rappresenta una implementazione. In primo luogo lo sviluppo di una partecipazione attiva – come è la protesta no Tav – invera l’essenza della democrazia, che è per l’appunto partecipazione, soddisfando quella tensione verso «l’effettiva partecipazione» che la Costituzione indica come compito della Repubblica (art. 3, c. 2, Cost.). In questo senso vi è un richiamo al principio democratico, nonché alla sovranità popolare (art. 1 Cost.), ovvero una richiesta, una rivendicazione, e un esercizio, di “democrazia autentica”, dal basso, partecipata. Si sviluppa e si concretizza l’idea di un diritto di partecipazione che va oltre il circuito elettorale, quasi fosse una riconquista della democrazia, delle sue radici, attraverso la pratica di una politica effettiva ed autorganizzata. Al contempo si recupera una rappresentanza che, a livello locale, riannoda i fili spezzati fra società e istituzioni, avvicinandosi all’idea di una identità governanti-governati che vede i primi portavoce dei secondi. In secondo luogo la lotta No Tav costituisce esercizio di fondamentali libertà costituzionali - libertà di manifestazione del pensiero e diritto di riunione in primis (artt. 21 e 17 Cost.) -, coessenziali ad una democrazia. Laddove, poi, tali libertà concretizzano una espressione di dissenso e di protesta, ad entrare in gioco sono anche altri elementi imprescindibili per una democrazia: il dissenso e il conflitto. Nel caso del movimento No Tav, il dissenso assume anche, legandosi alla storia del territorio, le vesti di diritto di resistenza, rivendicando l’attuazione della democrazia in senso sostanziale e del progetto costituzionale contra la democrazia istituzionale identificata come meramente formale, se non “traditrice” della sovranità popolare e della Costituzione, strumentalizzata e asservita agli interessi delle élites dominanti. Infine: la nostra Costituzione, anche se ormai è out ricordarlo nell’epoca della postdemocrazia e della de-costituzionalizzazione, sceglie una democrazia sociale, riconoscendo a tutti i diritti sociali, al lavoro, alla salute, all’istruzione, e prevedendo la limitazione dell’iniziativa economica privata e della proprietà in nome dell’utilità sociale e nella prospettiva di una redistribuzione delle risorse. Il movimento No Tav difende i diritti costituzionali, come la salute (art. 32 Cost.) o l’ambiente (artt. 9 e 32 Cost.), chiede che le risorse siano destinate all’istruzione (art. 34 Cost.) e al lavoro (artt. 1 e 4 Cost.), non a grandi opere che riflettono un modello di sviluppo unicamente ispirato ai profitti del capitale e non ai bisogni delle persone. La Tav, per inciso, costa almeno tanto quanto la metà della manovra di tagli in approvazione in questi giorni. Dove sta l’interesse generale? Chi è che vuole attuare il progetto costituzionale? Non è questa la sede per dimostrare l’inutilità di un’opera (già fra l’altro in odore di mafia), ampiamente argomentata in studi che i valsusini conoscono bene, basta osservare che il movimento difende il territorio, l’ambiente, i beni comuni, ragiona di un modello economico funzionale ai bisogni delle persone, di oggi e di domani. Si tratta di valori costituzionali, fondamento del progetto di emancipazione sociale e rimozione delle disuguaglianze (art. 3 Cost.), non certo di interessi nimby. Domenica, come tante altre volte, in Valsusa mi sono sentita dalla parte della Costituzione, di una Costituzione che non è solo un pezzo di carta, o, come per me, un oggetto di studio, ma un programma, di eguaglianza e giustizia sociale, da attuare, una Costituzione che riconosce l’esistenza di conflitti e sceglie da che parte stare.
Il movimento No Tav, la democrazia e la Costituzione
ALGOSTINO, Alessandra
2011-01-01
Abstract
Barriere metalliche e filo spinato recintano il territorio dove era sorta la Libera repubblica della Maddalena. Domenica scorsa un serpente di decine di migliaia di persone ha assediato il cantiere, con una lunga camminata sotto il sole, ma anche, limoni alla mano, sotto un fitto lancio di lacrimogeni. Il potere mediatico, al servizio del potere economico, agita lo spettro della violenza, ovviamente quella dei manifestanti, perché quella delle forze di polizia è tout court legittima difesa della democrazia e dell’ordine costituzionale, così come quella dei bombardamenti all’estero è umanitaria. Ma dove sta la democrazia? E dove sta la Costituzione? Il movimento No Tav, ormai da molti anni, le evoca e le pratica. Si può sostenere non solo che il movimento si situa all’interno del paradigma democratico, ma altresì che ne rappresenta una implementazione. In primo luogo lo sviluppo di una partecipazione attiva – come è la protesta no Tav – invera l’essenza della democrazia, che è per l’appunto partecipazione, soddisfando quella tensione verso «l’effettiva partecipazione» che la Costituzione indica come compito della Repubblica (art. 3, c. 2, Cost.). In questo senso vi è un richiamo al principio democratico, nonché alla sovranità popolare (art. 1 Cost.), ovvero una richiesta, una rivendicazione, e un esercizio, di “democrazia autentica”, dal basso, partecipata. Si sviluppa e si concretizza l’idea di un diritto di partecipazione che va oltre il circuito elettorale, quasi fosse una riconquista della democrazia, delle sue radici, attraverso la pratica di una politica effettiva ed autorganizzata. Al contempo si recupera una rappresentanza che, a livello locale, riannoda i fili spezzati fra società e istituzioni, avvicinandosi all’idea di una identità governanti-governati che vede i primi portavoce dei secondi. In secondo luogo la lotta No Tav costituisce esercizio di fondamentali libertà costituzionali - libertà di manifestazione del pensiero e diritto di riunione in primis (artt. 21 e 17 Cost.) -, coessenziali ad una democrazia. Laddove, poi, tali libertà concretizzano una espressione di dissenso e di protesta, ad entrare in gioco sono anche altri elementi imprescindibili per una democrazia: il dissenso e il conflitto. Nel caso del movimento No Tav, il dissenso assume anche, legandosi alla storia del territorio, le vesti di diritto di resistenza, rivendicando l’attuazione della democrazia in senso sostanziale e del progetto costituzionale contra la democrazia istituzionale identificata come meramente formale, se non “traditrice” della sovranità popolare e della Costituzione, strumentalizzata e asservita agli interessi delle élites dominanti. Infine: la nostra Costituzione, anche se ormai è out ricordarlo nell’epoca della postdemocrazia e della de-costituzionalizzazione, sceglie una democrazia sociale, riconoscendo a tutti i diritti sociali, al lavoro, alla salute, all’istruzione, e prevedendo la limitazione dell’iniziativa economica privata e della proprietà in nome dell’utilità sociale e nella prospettiva di una redistribuzione delle risorse. Il movimento No Tav difende i diritti costituzionali, come la salute (art. 32 Cost.) o l’ambiente (artt. 9 e 32 Cost.), chiede che le risorse siano destinate all’istruzione (art. 34 Cost.) e al lavoro (artt. 1 e 4 Cost.), non a grandi opere che riflettono un modello di sviluppo unicamente ispirato ai profitti del capitale e non ai bisogni delle persone. La Tav, per inciso, costa almeno tanto quanto la metà della manovra di tagli in approvazione in questi giorni. Dove sta l’interesse generale? Chi è che vuole attuare il progetto costituzionale? Non è questa la sede per dimostrare l’inutilità di un’opera (già fra l’altro in odore di mafia), ampiamente argomentata in studi che i valsusini conoscono bene, basta osservare che il movimento difende il territorio, l’ambiente, i beni comuni, ragiona di un modello economico funzionale ai bisogni delle persone, di oggi e di domani. Si tratta di valori costituzionali, fondamento del progetto di emancipazione sociale e rimozione delle disuguaglianze (art. 3 Cost.), non certo di interessi nimby. Domenica, come tante altre volte, in Valsusa mi sono sentita dalla parte della Costituzione, di una Costituzione che non è solo un pezzo di carta, o, come per me, un oggetto di studio, ma un programma, di eguaglianza e giustizia sociale, da attuare, una Costituzione che riconosce l’esistenza di conflitti e sceglie da che parte stare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.