Il contributo prende in esame, a partire dalla definizione di life skills offerta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (1993), la relazione tra le singole abilità utili alla vita e la competenza emotiva: studi confermano una crescente attenzione rispetto allo sviluppo delle competenze emotive nella prima infanzia (Denham, 2007, 2012; Scarzello, 2012; Goleman, 1996), e al ruolo svolto da caregivers che non siano i genitori (Schutz et al., 2006; Denham, 2003; Howes, 2000), i cui stati emozionali sollecitano reazioni corrispondenti nei bambini, fornendo, inconsapevolmente e attraverso un processo di socializzazione emotiva, indicazioni su “quando provare emozioni, quali provare, come esprimerle e con chi” (Saarni, 1999). L'adulto che lavora nei servizi per la prima infanzia è, quindi, tenuto a prendersi cura di sé per prendersi cura degli altri (Rogers, 1983) ed è chiamato a riconoscere e assumersi la responsabilità del proprio agire educativo (Cerri Musso, 1995). Questo contributo propone, allora, la realizzazione di un percorso di educazione informale tra adulti attraverso l’organizzazione di gruppi di narrazione, secondo la Metodologia Pedagogia dei Genitori (Moletto, Zucchi 2013). La nostra attenzione è rivolta, da una parte, alla narrazione in sé, come strumento di formazione, di auto-formazione e di consapevolezza, anche dal punto di vista emotivo, dei propri itinerari di vita e, dall’altra, alla virtù pedagogica che rende possibile l’incontro tra gli attori del patto educativo, ovvero l’empatia.
I gruppi di narrazione come strumento di sviluppo delle competenze emotive negli educatori
SABINA COLOMBINI
2015-01-01
Abstract
Il contributo prende in esame, a partire dalla definizione di life skills offerta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (1993), la relazione tra le singole abilità utili alla vita e la competenza emotiva: studi confermano una crescente attenzione rispetto allo sviluppo delle competenze emotive nella prima infanzia (Denham, 2007, 2012; Scarzello, 2012; Goleman, 1996), e al ruolo svolto da caregivers che non siano i genitori (Schutz et al., 2006; Denham, 2003; Howes, 2000), i cui stati emozionali sollecitano reazioni corrispondenti nei bambini, fornendo, inconsapevolmente e attraverso un processo di socializzazione emotiva, indicazioni su “quando provare emozioni, quali provare, come esprimerle e con chi” (Saarni, 1999). L'adulto che lavora nei servizi per la prima infanzia è, quindi, tenuto a prendersi cura di sé per prendersi cura degli altri (Rogers, 1983) ed è chiamato a riconoscere e assumersi la responsabilità del proprio agire educativo (Cerri Musso, 1995). Questo contributo propone, allora, la realizzazione di un percorso di educazione informale tra adulti attraverso l’organizzazione di gruppi di narrazione, secondo la Metodologia Pedagogia dei Genitori (Moletto, Zucchi 2013). La nostra attenzione è rivolta, da una parte, alla narrazione in sé, come strumento di formazione, di auto-formazione e di consapevolezza, anche dal punto di vista emotivo, dei propri itinerari di vita e, dall’altra, alla virtù pedagogica che rende possibile l’incontro tra gli attori del patto educativo, ovvero l’empatia.File | Dimensione | Formato | |
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