Il confronto tra la dottrina kantiana e quella sociniana qui proposto prende le mosse dalla constatazione che, molto spesso, gli interpreti riconoscono elementi derivanti da Fausto Sozzini nella filosofia della religione di Kant, ma senza argomentare quest'affermazione. Qui verrà presentata un'analisi teorica che, non potendo avvalersi di un'indagine sulle fonti, verterà sul significato delle tesi esposte. Una simile indagine si articola, in via preliminare, nel chiarimento della concezione del peccato originale in Sozzini e la sua presa di distanza dalla versione tradizionale del dogma. Questa premessa consente di isolare quelli che sono i nuclei tematici del problema su cui il raffronto con Kant si regge e di storicizzare la posizione di Sozzini. Questi nega l'ereditarietà del peccato originale, giungendo ad affermare che, in primo luogo, Adamo era stato creato come essere libero, mortale e provvisto di volontà fallibile; in secondo luogo, che non si può ammettere la tesi secondo cui il peccato del primo uomo è ereditario dal momento che esiste in ognuno un libero arbitrio che svincola la volontà dalla presunta soggezione all'ereditarietà. Per Kant l'obiettivo si rivela identico: poter affermare, anche a fronte di una palese tendenza umana verso il male, che questa tendenza è naturale e può quindi venir sottomessa dall'esercizio della libertà trascendentale. Kant scrive infatti: «è certo che fra tutti i modi di rappresentarsi la diffusione e la propagazione del male fra i membri della nostra specie e nelle generazioni, il meno conveniente è quello di vedere nel male qualcosa di proveniente dall'eredità dei nostri primi genitori». Tuttavia, nonostante la somiglianza che si riscontra tra l'affermazione del libero abitrio in Sozzini e Kant, va osservato che la netta sconfessione dalla dottrina del peccato d'origine trova nella riflessione di Sozzini alcune integrazioni che non si potranno rinvenire nelle tesi che andrà esponendo Kant. L'esempio più efficace di questa distanza si riscontra nella discussione sul concetto di soddisfazione vicaria operata da Cristo che Sozzini nega prendendo impulso dal riconoscimento della reale efficacia del libero arbitrio: nessun uomo può infatti assumersi la colpa di un altro, similmente Cristo non può farsi carico dei peccati dell'umanità allo scopo di redimerla e rendere possibile la salvezza. E' vero che anche Kant affermerà più tardi che Cristo deve essere considerato non tanto come la seconda persona della Trinità ma come un «maestro», tuttavia la contestualizzazione delle due dottrine – la sociniana e la kantiana – conduce a riconoscere il prevalere in Sozzini del coinvolgimento in una disputa tutta interna alla teologia del suo secolo che appare ormai priva di vitalità nell'epoca dell'Aufklärung.

Il socinianesimo di Kant. Interpretazioni del peccato originale

PRANTEDA, Maria Antonietta
2005-01-01

Abstract

Il confronto tra la dottrina kantiana e quella sociniana qui proposto prende le mosse dalla constatazione che, molto spesso, gli interpreti riconoscono elementi derivanti da Fausto Sozzini nella filosofia della religione di Kant, ma senza argomentare quest'affermazione. Qui verrà presentata un'analisi teorica che, non potendo avvalersi di un'indagine sulle fonti, verterà sul significato delle tesi esposte. Una simile indagine si articola, in via preliminare, nel chiarimento della concezione del peccato originale in Sozzini e la sua presa di distanza dalla versione tradizionale del dogma. Questa premessa consente di isolare quelli che sono i nuclei tematici del problema su cui il raffronto con Kant si regge e di storicizzare la posizione di Sozzini. Questi nega l'ereditarietà del peccato originale, giungendo ad affermare che, in primo luogo, Adamo era stato creato come essere libero, mortale e provvisto di volontà fallibile; in secondo luogo, che non si può ammettere la tesi secondo cui il peccato del primo uomo è ereditario dal momento che esiste in ognuno un libero arbitrio che svincola la volontà dalla presunta soggezione all'ereditarietà. Per Kant l'obiettivo si rivela identico: poter affermare, anche a fronte di una palese tendenza umana verso il male, che questa tendenza è naturale e può quindi venir sottomessa dall'esercizio della libertà trascendentale. Kant scrive infatti: «è certo che fra tutti i modi di rappresentarsi la diffusione e la propagazione del male fra i membri della nostra specie e nelle generazioni, il meno conveniente è quello di vedere nel male qualcosa di proveniente dall'eredità dei nostri primi genitori». Tuttavia, nonostante la somiglianza che si riscontra tra l'affermazione del libero abitrio in Sozzini e Kant, va osservato che la netta sconfessione dalla dottrina del peccato d'origine trova nella riflessione di Sozzini alcune integrazioni che non si potranno rinvenire nelle tesi che andrà esponendo Kant. L'esempio più efficace di questa distanza si riscontra nella discussione sul concetto di soddisfazione vicaria operata da Cristo che Sozzini nega prendendo impulso dal riconoscimento della reale efficacia del libero arbitrio: nessun uomo può infatti assumersi la colpa di un altro, similmente Cristo non può farsi carico dei peccati dell'umanità allo scopo di redimerla e rendere possibile la salvezza. E' vero che anche Kant affermerà più tardi che Cristo deve essere considerato non tanto come la seconda persona della Trinità ma come un «maestro», tuttavia la contestualizzazione delle due dottrine – la sociniana e la kantiana – conduce a riconoscere il prevalere in Sozzini del coinvolgimento in una disputa tutta interna alla teologia del suo secolo che appare ormai priva di vitalità nell'epoca dell'Aufklärung.
2005
Fausto Sozzini e la filosofia in Europa
Siena
25-27 novembre 2004
Fausto Sozzini e la filosofia in Europa
Accademia Degli Intronati
1
369
397
9788889073056
M. PRANTEDA
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